Foto di Melo Minnella.
Itinerario:Corleone-Tagliavia.
Nell’antico feudo Corleone
Corleone. cittadina scenograficamente circondata da torrioni rocciosi, è cuore (della vecchia ‘zona del feudo” quella compresa tra Corleone, Piana degli Albanesi e Godrano, in provincia di Palermo . Evidenti sono i segni lasciati in queste terre dalle lotte contadine e dal proliferare della mafia quando essa, prima di diventare holding internazionale, allungava i suoi minacciosi artigli sulle campagne e sugli allevamenti.
Corleone, tuttavia, fino a tempi recentissimi è rimasta una delle roccaforti mafiose più importanti dell’isola. Qui. in una masseria appena fuori paese, nella primavera del 2006 fu sorpreso e arrestato il capo di Cosa nostra, Bernardo Provenzano.
Una visita nella “zona del feudo” può servire a conoscere la Sicilia più interna e nierio turistica, quella il cui fascino è dovuto alla rude bellezza della natura e al perdurare delle più significati e tradizioni contadine.
Corleone e Tagliavia. con il suo santuario sperso nell’arida campagna del palermitano, sono le due tappe di questo itinerario, sessanta chilometri in tutto. Si parte da Palermo, imboccando la scorrimento-veloce per Agrigento; allo svincolo per Bolognetta ci si immette sulla statale per Marineo, superata la quale s’incontra il bivio Lupotto a sinistra si va a Godrano , quindi si costeggia il bosco della Ficuzza dominato dalla Rocca Busambra, dopo pochi chilometri, sulla destra appare il bivio per il Santuario di Tagliaia: una decina di chilometri oltre, ecco Corleone.
TAGLIAVIA.
Il territorio ci ricorda il giornalista e scrittore corleonese Nonuccio Anselrno corrisponde all’antico feudo di Rahalmia. che si trova descritto già in un decreto di Guglielmo II del 1182. Il santuario nacque molto più tardi, sul finire del XVIII secolo. Il feudo, che apparteneva alla Mensa arcivescovile di Monreale, fu dato in affitto a due fratelli, pastori mistrettesi di nome Lo Jacono. Racconta la leggenda che un giorno i garzoni (dei due pastori, nel rimuovere un cumulo di sassi, furono attratti da un masso squadrato rimasto sepolto per chissà quanto tempo. Con sorpresa, rivoltato il blocco di pietra. scoprirono che esso era servito a un ignoto pittore per dipingere un’immagine della Vergine del Rosario. Ci si avvide in seguito che quell’immagine era stata ispirata dal dipinto del pittore fiammingo Anton Van Dyck. conservato nell’oratorio dei Cavalieri di Malta a Palermo, dove ebbe sede la prima Compagnia del Rosario.
Il dipinto Van Dyck è del XVlI secolo e alla stessa epoca fa notare Anselmo risale la diffusione del culto mariano nel corleonese: per induzione, dunque, si arriva alla conclusione che anche l’opera pittorica di Tagliaia sia dello stesso periodo.
Dopo la scoperta del “sacro” dipinto, a Tagliavia si gridò al miracolo, tanto più che nello stesso posto fu trovato un pozzo d’acqua ritenuta miracolosa: quest’acqua. data da bere agli armenti colpiti da un grave male, straordinariamente ne favorì l’immediata guarigione. Anche re Ferdinando II di Borbone, che dalla sua residenza di caccia iella Ficuzza di tanto in tanto si recava nella vicina Tagliavia, avrebbe sperimentato la miracolosità di quell’acqua: colpito da un oscuro male a un ginocchio. devotamente rivolgendosi alla Madonna bagnò la parte inferma con l’acqua del pozzo e guarì. Il re, per riconoscenza alla Madre santa, donò ai romiti raccoltisi attorno al santuario che nel frattempo si stava costruendo, oltre venti ettari di terreno concedendo anche un assegno annuo, il diritto a cento carri di legna da ardere ogni anno e numerose altre regalie.
I romiti si radunarono a Taglìavìa spontaneamente. Dapprima non ebbero regola ne abito e vissero in un paio di stanzette. Fu opera loro la prima chiesetta, oggi adibita a sacrestia del santuario. La foggia dei loro abito iniziale fu suggerita dallo stesso re Ferdinando II ma risultò essere troppo simile a quella dei cappuccini; per questo l’arcivescovo la sostituì con una tunica bianca stretta alla vita con una cinghia di cuoio, uno scapolare marrone, un mantello anch’esso marrone e un paio di scarponi indubbiamente più adatti dei francescani sandali alla dura vita (li quei religiosi, e ai lavori nei campi. Il nuovo edificio fu inaugurato il 1° maggio 1845. Ha facciata neoclassica, realizzata con la pietra della vicina rocca di Bavaria.
i romiti ormai se ne sono andati. Per un certo periodo, dopo la morte dell’ultimo frate-contadino, vi abitarono i benedettini.
Ora non ci sono più neanche loro.
Ogni anno per l’Ascensione, probabilmente in ricordo dell’inaugurazione della chiesa, Tagliavia è meta di scampagnate festìve per gli abitanti dei paesi vicini. La festa non è più sentita come negli anni passati. quando era tutto un accorrere di uomini, donne e bambini vestiti a festa e dei carretti. Tuttavia, ancor oggi, bandierine di cartone con l’immagine della Madonna, palloncini colorati e fumi di improvvisati barbecue ravvivano i dintorni del santuario, dopo la messa nella nuova chiesetta.
CORLEONE.
E un antico centro siculo e punico. Il primitivo insediamento probabilmente sorgeva sull’altipiano chiamato “la Vecchia”, che domina l’odierno abitato. Fu fortezza bizantina, poi cadde in mano agli arabi, cui si deve il nome di Kurliyun, dal quale deriva Corleone. Ruggero II ne fece un suo importane centro strategico; Federico II lo ripopolò ne! 1237 con una colonia lombarda. Di quest’innesto si ha ancor oggi traccia nella parlata dei corleonesi.
Il vecchio paese è dominato da due imponenti rocce, fortezze naturali sulle quali furono costruite una torre saracena e un
castello chiamato Sottano. Dai ruderi del castello e dalla torre saracena si gode uno splendido panorama. Da vedere: la chiesa di Sant’ Andrea, con la sua nuda facciata in pietra e gli indizi architettonici che ne rivelano il primitivo uso a moschea araba. prima che diventasse tempio cristiano nel XIII secolo purtroppo si possono ammirare soltanto gli esterni, essendo la chiesa chiusa ormai da tempo in attesa di restauri ; la settecentesca Chiesa Madre dedicata a san Martino nell’interno una statua della Madonna del Soccorso di scuola gaginesca e un rilievo marmoreo cinquecentesco raffigurante il battesimo di Gesù’; la chiesa di Sant’ Agostino nell’interno la veneratissima Madonna della Mazza ; la settecentesca chiesa dell’Addolorata.
Nel Museo Civico, di recente restaurato e ampliato, è esposta una pietra miliare romana recuperata quasi intatta.
Se avrete farne, oltre alle note specialità siciliane, i locali vi consiglieremo il pane cotto nei vecchi forni a legna, la ricotta e il pecorino prodotti dai pastori corleonesi.
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