Cronaca del Parlamento Siciliano
svoltosi a Palermo
nell’anno 1668
introduzione
a cura di Giovanni Filingeri
In questo saggio si pubblica l’inedito manoscritto, del XVII secolo, dal titolo “Instrutione, pratica, e lucidatione delle funtioni, et osservanze ne Colloquij Generali in questo Regno di Sicilia”, recentemente rinvenuto nell’Archivio di Stato di Palermo.
L’incartamento fa parte del fondo archivistico della famiglia Dominici, i cui autorevoli rappresentanti ricoprirono cariche prestigiose nella Regia Corte del Regno di Sicilia. La sua stesura può essere attribuita a Giuseppe Dominici, in quel tempo avvocato fiscale del Tribunale della Regia Gran Corte e del Regio Patrimonio.
Il manoscritto è composto da 80 carte scritte da un’unica grafia ed è stato redatto nel 1668, anno in cui si svolse a Palermo una sessione del Parlamento siciliano guidata dal viceré Francesco Fernandez de la Cueva, duca di Alburquerque.
Il Parlamento siciliano si componeva di tre bracci: il Feudale o Militare, che comprendeva 56 nobili (i primi 10 erano pari del Regno); l’Ecclesiastico, con i suoi 63 componenti: Arcivescovi, Vescovi, Abati e Archimandriti (superiore di un monastero di rito greco) e, infine, il Demaniale, che associava i rappresentanti delle 42 città demaniali, le “Città del Re” (da un minimo di 36 nel 1556 a 44 nel 1810) . La suddivisione esprime, fondamentalmente, la struttura corporativa della società feudale isolana, essendo costituita da membri non eletti dal popolo.
L’importante istituzione politica siciliana aveva una limitata funzione legislativa e veniva convocato ogni tre anni, periodo che copriva i tempi della riscossione dei precedenti donativi. La convocazione dei bracci era regolarmente intimata nel mese di marzo, in largo anticipo sulla data prevista per la sessione parlamentare (generalmente dicembre). Il Protonotaro del Regno era l’ufficio preposto alla notifica delle convocazioni.
Le lettere d’invito, sottoscritte dal viceré e con il parere del Sacro Regio Consiglio, indicavano la data e il luogo dell’assise e sollecitavano i parlamentari “a mandare persona ben instrutta con procura ampla è libera di poter intendere, votare, et concludere in luoco loro”.
Negli atti di notifica, la particolarità formale, degna di nota, risiede nella differente formulazione degli inviti rivolta ai tre rami del Parlamento, forte espressione del prestigio e del ruolo politico acquisito dai vari bracci: s’adottava la formula “v’esortiamo per il brachio ecc.co, à quelle del militare si dice v’incarichiamo, et à quello del demaniale ve ordiniamo”. Ciò conferma il peso e la gerarchia del potere dei tre rami parlamentari nonché la stretta dipendenza del braccio demaniale dalla Corona.
Con lettera del 25 ottobre, il viceré Francesco Fernandez de la Cueva, Duca di Alburquerque, convocò il nuovo Parlamento siciliano per il 1 dicembre 1667, con sede a Palermo. Per tale occasione, il viceré concesse la consueta immunità a titolati e baroni, procrastinando gli eventuali mandati d’arresto e le cause giudiziarie pendenti dal giorno della notifica dell’invito a quindici giorni dopo lo svolgimento della sessione parlamentare .
Al che seguì il bando che invitava i parlamentari a far annotare gli eventuali atti di procura nel Rollo dell’ufficio del Protonotaro del Regno.
La data della sessione parlamentare veniva, spesso, differita a causa del mancato raggiungimento del quorum dei partecipanti; la cagione era quasi sempre da addebitare al braccio ecclesiastico, essendo le abbazie conferite a persone assenti dal Regno e con amministratori senza facoltà rappresentativa.
A causa del mancato numero legale la seduta del Parlamento del I dicembre 1667 slittò per diverse volte.
Un dei motivi fu la morte dell’arcivescovo di Palermo Pietro Martino Rubeo, capo del braccio ecclesiastico; al suo posto, il Duca di Alburquerque elesse l’arcivescovo di Monreale.
Alla seduta del Parlamento del 3 febbraio 1668 partecipò anche l’ambasciatore della città di Catania che, per antica osservanza, era ricevuto fuori della Porta Felice dai rappresentanti del Senato di Palermo. Egli era accolto ritualmente con una salve di mortaretti e, in base al cerimoniale, sedeva nella carrozza senatoriale a fianco del pretore e dell’edomadario. Il corteo transitava per il Cassaro fino al Palazzo Regio.
L’apertura dei lavori parlamentari, “introdotti …per anteporre il ben publico in ordine al servitio di Sua Maestà con il quale non si complisce mai, se non con la conservatione del Stato”, iniziava con la consueta relazione del viceré, nella quale venivano chiarite sia le motivazioni della convocazione sia le proposte avanzate dal monarca.
Le materie trattate nel corso dell’assise parlamentare erano regolarmente due: “la prima tocca l’offerte, ò confirme de’ donativi, che il Regno spontaneamente fà al [Rè n.ro Sig.re]. La seconda abbraccia la consideratione degli inconvenienti, e disordini che patisce il Regno per provedersi de’ convenienti Rimedii, chiedendoli à [S. M.ta] à nome di gratie”.
La deliberazione conclusiva, registrata dall’ufficio del Protonotaro del Regno, era regolarmente inviata in copia al Papa, “per la confirma dei donativi della contributione della sesta parte”, e al monarca spagnolo, “per vedere l’oblationi è donativi che il suo fedelissimo Regno gli hà fatto”.
A prima vista l’ordinamento, riportato dal nostro manoscritto, sembra una miscellanea confusa di atti di vario argomento, con una sequenza cronologica discontinua ed irregolare che va dal 1522 al 1668.
In realtà, un più accurato approfondimento chiarisce che il testo ha una sua coerenza esplicativa e la sua ragione d’essere, essendo concepito come una cronaca coeva ovvero un diario descrittivo e normativo di una seduta ordinaria del Parlamento siciliano. La sua particolarità, se così si può sintetizzare, risiede proprio nel fatto che, tra lo svolgimento dell’attività parlamentare e l’evolversi del cerimoniale, è richiamato un corpus di provvedimenti pregressi (18) che disciplina la conflittualità dei bracci del Regno in ordine a precedenze e prerogative nonché la materia giuridica e normativa riguardante dispense, procure, elezioni dei membri dei tre rami ed altro.
C’è soprattutto da notare la forte sensibilità dimostrata dal memorialista coevo, che ha redatto il tutto in forma di diario (allo scopo di conservazione pubblica o privata di fatti significativi sia per l’estensione di ricordi sia per una volontà coscientemente storicizzante), non solo per gli avvenimenti in se stessi, ma anche per l’accuratezza descrittiva dei dettagli cerimoniali e del loro rituale svolgimento, con una precisione ed un’attenzione che ritroviamo solo nel coevo “Ceremoniale delli signori Viceré” .
E’ dunque una meticolosa descrizione di un grande evento amministrativo che si perpetua da sempre con ieratica solennità ed assoluto rigore formale, ma non senza varianti, al fine di tramandare, in funzione normativa (protocollare) e didascalica, l’ordinamento di una sessione parlamentare ordinaria.
Da questo ampio stralcio di cronaca si coglie sia la forte sensibilità per le apparenze e le simbologie del potere, rilevabile dalla descrizione degli addobbi della sala dell’assise parlamentare, sia l’azione di disciplinamento dei vari bracci gerarchici e la loro “visibilità” ed auto-rappresentatività in occasione di una sessione del Parlamento, attraverso un dosaggio bilanciato di protocollo e di cerimonialità .
Nella fattispecie, la cerimonialità (che impone regola, forma, ordine ed estetica) assume la funzione fondamentale di strumento non solo di celebrazione, ma anche di sussistenza del potere viceregio e di collante in un campo di rappresentazione sociale eterogenea animato da soggetti, logiche e forze spesso concorrenti.
La vita del Parlamento siciliano è scandita da un rigido sistema di precedenze che fissa il rango e la posizione dei vari membri dei bracci nelle cerimonie, dando a questi il carattere di rappresentazioni rituali . Tali forme di manifestazioni vengono condizionate da regole codificate nel corso dei secoli, attraverso vere prescrizioni protocollari. Esse disciplinano l’attività di relazione formale e ufficiale fra il viceré, espressione della potestas reale, e la rappresentanza sociale del Parlamento siciliano nonché i rapporti intrinseci dei tre bracci che lo compongono. Pertanto, l’ordinamento del cerimoniale parlamentare, inteso quale complesso insieme di linguaggio, condotta e simboli attraverso il quale l’istituzione affronta le relazioni intersoggettive, ci rivela anche i rapporti di forza all’interno della rappresentanza del potere locale, spesso condizionati visibilmente dalla maggiore autorità locale.
La politica vicereale isolana (emanazione di quella sovrana), espressione ideale della giustizia distributiva, mira in ogni modo al giusto equilibrio tra i vari rami parlamentari, nel rispetto dello status e del grado sociale di ciascuno dei suoi autorevoli rappresentanti, per garantire un clima di pacificazione e l’assoluto predominio sulla composita realtà isolana: “il viceré si fa garante delle distinzioni imposte da un ordine sociale precostituito, retaggio di antico regime, che postula diversità fra gli individui e la detenzione di privilegi da parte di pochi ecclesiastici ed aristocratici”.
Confluendo nel testo la cerimonialità e la pratica di governo parlamentare, il manoscritto costituisce, nel suo complesso, una preziosa documentazione per la comprensione della storia istituzionale siciliana e dei rapporti tra i Viceré spagnoli e i bracci del Regno. Per la sua importanza ho ritenuto utile la sua pubblicazione integrale, soprattutto in una temperie culturale contemporanea in cui si infittiscono le ricerche sulle corti, sui cerimoniali e i rituali della regalità. L’augurio è che tale iniziativa possa giungere gradita ai cultori di storia siciliana.
1.La lingua più utilizzata nel testo è il volgare, seguita dal latino e da alcuni brani in spagnolo.
2.Sull’argomento cfr. “Parlamenti Generali ordinari e straordinarii celebrati nel regno di Sicilia dal 1494 fino al 1658 raccolti da Don Andrea Marchese, con l’aggiunta in questa nuova impressione di quelli del 1661 fino al 1714 dal dottor don Pietro Battaglia …, Palermo, MDCCXVIL.
3.Il beneficio dell’eccezione hostica.
4.Tale privilegio, come riporta il nostro manoscritto, non sempre era osservato dai vicerè.
5.E. Mazzarese Fardella, L. Fatta del Bosco, C. Barile Piaggia, a cura di, Ceremoniale de’ signori vicerè, in “Documenti per servire alla storia di Sicilia”, s. IV, vol. XVI, Società italiana di Storia Patria, Palermo 1976. A tal proposito segnalo anche il manoscritto inedito dal titolo “Ceremonial de las audencias en el virreinato de Sicilia”, stilato sotto il governo del Duca D’Ossuna.
6.Nel 1641, il “maestro di ceremonie” era Cristofaro Papè, protonotaro e logoteta del Regno di Sicilia. Il rev. Rocco Pirri tentò invano di arrogarsi di tale prerogativa (Cfr. De Regni Protonotaro, ac Logotheta, pag. 9, 30 maggio 1640).
7.E’ significativo il paragrafo 17, “Forma del sedere nelle sessioni li deputati del Regno”, che regolamenta la distribuzione formale dei parlamentari dei tre bracci nell’assise parlamentare
Giovanni Filingeri
NB:Seguirà,per gentile concessione del Dott.Filingeri,la pubblicazione integrale del testo.
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