MONTELEPRE
TRA ANTICO E NUOVO AI PIEDI DELLA GRANDE TORRE
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Montelepre, piccolo e tranquillo paese di collina, a 343 metri dal livello del mare, si trova in una zona montuosa molto scoscesa e impervia, che gli rende aspra la via per il capoluogo della Sicilia, e degrada con un pendio abbastanza sensibile verso il territorio di Partinico.
Confina a nord con il territorio di Carini, ad est con i territori di Giardinello e Monreale, a sud ed ovest con quello di Giardinello e Borgetto. Il territorio del Comune ha una estensione di ettari 989 e are 12, pari a Kmq 9,8912.
L’impianto urbanistico di Montelepre è caratterizzato da vie strette e tortuose che si snodano secondo un tracciato determinato dalle concrete esigenze degli abitanti e dai naturali dislivelli della piattaforma quadrangolare sulla quale il paese sorge. Il vario susseguirsi dei volumi degli edifici che fiancheggiano le strade è vivificato dal rosso delle coperture a tegola e dal verde che lo circonda.
La cittadina ha una popolazione di 5.174 abitanti. Vi si accede attraverso le strade provinciali, per lo più tortuose, da Palermo, attraverso i tornanti di Bellolampo, da cui dista 24 Km; da Giardinello Km 2; da Partinico e da Carini Km 10; da Borgetto Km 7.
Dal monte Fior dell’Occhio, territorio di Monreale, nasce il torrente « Mandra di Mezzo » che lambisce, nel suo percorso, il confine sud del centro urbano e prosegue nel suo cammino, addentrandosi nel territorio di Giardinello.
Il paese ha davanti a sé, ben visibili dalla Piazza Ventimiglia e dai punti più alti del paese, le bellezze naturali del Golfo di Castellammare, con l’alternarsi di spiagge e coste a picco, con i faraglioni di Scopello, le spiagge di Balestrate ed Alcamo Marina e gli incantevoli scorci di Capo S. Vito, che nell’insieme costituiscono uno dei più naturali e pittoreschi paesaggi siciliani.
Spontaneamente formatosi ai piedi, del turriforme Castello
Ventimiglia eretto nel Quattrocento a presidio del territorio, Montelepre propone l’immagine pittoresca di un paese ricco di articolate prospettive. Su un tessuto urbano ondulato dai continui dislivelli imposti dalla condizione montana la densa edilizia conserva gustosi timbri dei passato; belle chiese guarniscono lo scenario paesano con le loro misurate sonorità architettoniche e coi loro corredi d’arte.
E’ dalla Chiesa Madre, probabilmente la più importante del paese, che prende il via la Processione dei misteri, una sfilata che il Venerdì Santo percorre tutto il paese rappresentando più di cento scene bibliche e coinvolgendo più di quattrocento personaggi di ogni età.
La processione dei misteri del Vecchio e dei Nuovo Testamento, nasce dalla più antica tradizione di Montelepre ed è molto sentita da tutti gli abitanti del paese che vengono coinvolti attivamente nei preparativi.Essa è la riproposizione di quadri viventi raffiguranti le scene più significative dell’A.T. e del N.T. desunte dal testo di un farmacista di Carini,Luigi Sarmento,il quale nel 1741 scrisse un’opera dal titolo Vita, passione e morte di Cristo Signor nostro per solennizzare la festa del SS. Crocifisso
si pensa che questa sia legata ai primi abitanti dell’antico fendo di Munchilebbi, quei contadini che prima la utilizzarono come semplice elemento di contorno alle processioni pasquali di rito comune, poi, si suppone intorno alla prima metà del XVII secolo, come una vera istituzione religiosa che è continuata fino ai giorni nostri.
La Processione dei Misteri, che dura circa quattro ore e si sviluppa in lunghezza per quasi un chilometro, è collegata alla processione del Cristo Morto, antica statua posta in un’ urna di vetro del XVIII secolo, portata a spalla dai confratelli dell’ antica congregazione dei. Galantuomini, i cui membri fino a qualche tempo erano i soli esponenti dell’alta borghesia del paese,.
Segue la statua della Madonna Addolorata, imponente statua lignea del XVIII secolo, portata a spalla dai confratelli dell’ antica congregazione delle Maestranze, rigidamente in abito scuro. Durante la Processione, in punti ben precisi, vengono rivissute le cadute di Cristo; al termine della processione, alcuni dei. personaggi presentano della rappresentazione della morte di Cristo, seguita, la notte di. Pasqua dalla rappresentazione della Resurrezione.
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CONVEGNO
LA Settimana Santa a
Montelepre
IV Convegno – Studio “La Settimana Santa a Montelepre”
Con il patrocinio della Presidenza della Regione Siciliana, le Associazioni A.T.M.A. e PRO LOCO, le Parrocchie di Montelepre vi invitano a partecipare al Convegno.
“La Settimana Santa a Montelepre e la Processione dei Misteri”
che avrà luogo Sabato 08 Aprile 2006 alle ore 16.00 presso la Cripta di Santa Rosalia.
Ore 16.00 Introduzione a cura del moderatore Sig. Giuseppe Cucchiara
Ore 16.30 Saluto del Sindaco del Comune di Montelepre Dott. Giacomo Tinervia
Ore 16.50 Saluto dell’Arciprete di Montelepre Don Gaspare Randazzo
Ore 17.20 Saluto dell’Assessore Provinciale Dott. Aristide Tamaio
Intervento del Prof. Michele Vilardo “La Pietà Popolare nei paesi dell’Arcidiocesi di
Monreale
Ore 17.45 Intervento di Don Santino Terranova, autore del libro “La Settimana Santa a Montelepre99 Breck
Ore 18.00 Intervento delI’Arch. Cacioppo “Feste di Pasqua in Sicilia”
Ore 18.20 Intervento del Prof. Francesco Ciulla “Evangelizzazione della Parola di Cristo”
Ore 18.45 Intervento del Dott. Angelo Torre “La Sofferenza di Maria ai piedi della Croce”
Ore 19:00 Intervento del Dott. Mario Liberto “Le tradizioni popolari nel territorio siciliano”
Ore 19.30 Saluto del Presidente della Regione Siciliana
Ore 19.45 Chiusura dei lavori a cura del moderatore
DALLE ORE 09,00 ALLE ORE 20.00 MOSTRA FOTOGRAFICA SUL TEMA
RELAZIONE SVOLTA DAL PROF.MICHELE VILARDO
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Anche quest’anno a Montelepre è stato organizzato un momento di studio e di riflessione sulla settimana santa e sulla processione dei misteri,perché, credo, avvenga una comprensione del passato,della storia civile e religiosa della comunità monteleprina.Infatti tutti noi abbiamo bisogno di coglierci come uomini del presente ma fortemente legati al nostro passato per seppellirlo come dice mons.Naro citando uno storico francese. Infatti per vivere il presente è necessario seppellire il passato non nel senso di obliarlo,di oscurarlo o peggio ancora di cancellarlo ma di metabolizzarlo. Questo convegno,per citare una espressione di Mons.Naro presente alla fine del libro,è un bel funerale del nostro passato,cioè un riconoscerci nel nostro presente come dipendenti e,nello stesso tempo ormai distanti,da un passato che è ormai inevitabilmente tramontato. Un passato che pur essendo già tramontato ha lasciato però una eredità civile e religiosa fondamentale consentendo a tutti noi di coglierci come presente legato al passato e proiettato al futuro. Questo momento di riflessione comunitaria ha indubbiamente anche lo scopo di cogliere l’identità cattolica delle nostre comunità. Per essere più chiaro sul concetto di identità religiosa:non voglio dire che bisogna abolire la ormai assodata tradizione che ci ha portati a separare il potere politico da quello spirituale con la nascita dello stato laico e pluralista. Il concetto di laicità dello stato è cosa molto diversa e opposta dal concetto di stato laicista,infatti la laicità dello stato la si può considerare come una sinfonia di valori religiosi,civili e culturali che si integrano tra di loro per il bene comune. Mentre il bieco laicismo statalista,del quale sembra esserci oggi un ritorno, è una netta e spesso acritica opposizione e rifiuto di tutto ciò che è cammino spirituale dell’uomo e nella fattispecie di tutto ciò che è targato cattolicesimo. Nonostante tutto è innegabile che l’identità civile,oltre che religiosa,delle nostre comunità è stata plasmata, nel tempo, dalla presenza del crisitianesimo-cattolico.Da una recente indagine di natura sociologica,svolta dal Cesnur di Torino sul territorio dell’arcidiocesi di Monreale, e di cui sono stati pubblicati gli atti,si evince, circa l’appartenenza religiosa nella diocesi di Monreale, che si dichiara cattolico il 93,33 % degli intervistati, ateo il 2,12 %, religioso senza religione lo 0,55%, e appartenente ad altro credo il 4%”. È un “paesaggio” che, secondo Luigi Berzano, “ripropone la tipicità del caso italiano”, in cui “il dato quantitativamente più rilevante” è rappresentato dalla schiacciante maggioranza di coloro che dichiarano “l’appartenenza alla religione cattolica”. Anche se dalla stessa indagine emerge una identità forte ma una identificazione debole. In questo contesto che non vede più una coincidenza tra la comunità civile e quella ecclesiale, quest’ultima sente il bisogno in un sempre crescente cammino di auto-comprensione di se e dei contenuti della sua fede,sente il bisogno dicevo, di cogliere sempre meglio la propria identità e di capire come mai ad una identità forte possa corrispondere una identificazione spesso debole. Possiamo considerare la settimana santa a Montelepre un momento nel quale questa comunità ecclesiale pone in essere oltre che una identità cattolica forte anche una forte identificazione?Cioè i riti extraliturgici della settimana santa come la processione dei Misteri cui fa seguito la processione del cristo morto e della madre addolorata,possono essere considerati come momenti staccati o addirittura opposti rispetto alle celebrazioni liturgiche?credo che la risposta sia no e vedremo il perché. Uno dei padri fondatori dell’esistenzialismo moderno, Martin Haidegger,diceva che tutti noi esseri umani entrando nel mondo entriamo in un solco già tracciato da altri,ci inseriamo cioè in una “esistenza tramandata” dove ognuno di noi non ha dovuto cominciare da zero ma ha trovato già il solco tracciato da altri e vi si è inserito per continuare a tracciarlo per chi verrà dopo di noi. Tutti noi, cioè, ci siamo inseriti in una traditio,in una tradizione composta da valori civili, sociali, familiari,economici che ognuno di noi,aiutato dall’importantissimo processo educativo,ha fatto propri connotandosi come “civis”,cittadino. Lo stesso identico meccanismo avviene per l’esperienza religiosa,quando si entra a far parte di una determinata religione si entra in un solco già tracciato da altri, si entra in una “traditio fidei” con la quale si sono tramandate, di generazione in generazione, le grandi verità di fede credute,celebrate e vissute da una determinata
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religione,soprattutto se essa ha un fondamento storico,una forte dimensione salvifica e una finalità escatologica come il cristianesimo-cattolico. Infatti, il cattolicesimo ha tutti e tre queste caratteristiche ed ha una sua specificità,che altre religioni non hanno e che ci consente questo pomeriggio di stare qui a discuterla caratteristica del credere che “Dio si è fatto uomo”è nato(Natale) e sempre questo Dio-uomo,Gesù di Nazareth detto il Cristo,ha sofferto è morto ed è risorto cioè la Settimana santa e la Pasqua. La prima settimana santa,con il culmine del triduo pasquale,è stata la conclusione della vicenda storica di Gesù di Nazareth il quale ha soffertola passio,è morto crocifisso ed è risorto come Cristo vittorioso incardinando nella crudeltà della storia umana la certezza della presenza salvifica di Dio-Trinità, che lo ha tirato fuori dalla tomba, e della certezza che alla fine della storia tutti gli esseri umani saremo richiamati in vita per la potenza di dio e di cui la resurrezione del Dio-Uomo è già una caparra. I fatti e le vicende storiche della prima settimana santa, documentate minuziosamente dai vangeli e dal nuovo testamento, non si ripeteranno mai più dal punto di vista della storicità degli stessi fatti,cioè quei fatti sono accaduti una volta sola, ma continueranno a ripetersi dal punto di vista del Mistero Salvifico. Che cos’è il mistero salvifico?la presenza di Dio-Salvatore nella storia degli uomini cosicché ogni anno durante i riti liturgici ed extraliturgici della settimana santa, che ricordano le vicende storiche della prima settimana santa,viene data al credente la possibilità di partecipare al mistero di salvezza e di ottenere questa salvezza nell’oggi della storia attraverso la presenza della comunità credente,la chiesa che celebra il mistero pasquale. Nel parlare della settimana santa a Montelepre non si può prescindere da quanto detto fin ora,cioè la settimana santa di Montelepre, è espressione della l’inculturazione della fede a Montelepre proprio perché si inserisce in un solco già dato,si inserisce nella cattolicità e all’interno di essa nella traditio fìdei,si ricollega attraverso il ricordo liturgico ai fatti storici della prima settimana santa. Potremmo dire che la settimana santa a Montelepre è la stessa,per esempio di quella di Partinico,Borgetto,Carini ecc.ecc?assolutamente no. In che senso c’è diversità?non nella sostanza dell’evento e della celebrazione dello stesso ma nelle modalità di recezione del messaggio del cristianesimo e nel modo con cui la comunità credente monteleprma ha vissuto e vive nell’oggi il mistero salvifico di cristo morto e risorto. Tutto ciò si chiama inculturazione della fede. La settimana santa di Montelepre si inserisce, in tutto ciò, in una duplice tradizione:la prima legata alle sviluppo della inculturazione della fede in Siciliana seconda legata alla sviluppo del cattolicesimo in questo territorio ponendo le premesse storiche,liturgiche ed extraliturgiche per cui è possibile parlare di una sorta di Cristo Siciliano. Essenzialmente gli influssi maggiori che hanno caratterizzato , la settimana santa in Sicilia sono di duplice derivazione:
l’influsso bizantino con la nascita delle devozioni popolari e all’interno di esso il movimento
francescano con la devozione verso Gesù bambino e, per il nostro tema, verso il cristo sofferente e il tenero amore verso Maria addolorata. Il periodo che va dal XIII al XV secolo vide la comparsa delle prime statue dei crocifissi che esprimono la sofferenza e la morte di cristo. Il devozionismo a partire proprio da questo periodo si è insinuato profondamente nella coscienza e nelle espressioni di fede dei credenti ponendo le premesse per il nascere e lo svilupparsi anche delle tradizioni popolari siciliane della settimana santa. Il Plumari sostiene che l’origine della prima espressività popolare legata alla settimana santa nell’isola sia dovuta all’arrivo di coloni continentali,specie genovesi, che introdussero in Sicilia l’uso delle Casazze,cioè delle processioni dei misteri e dell’incontro tra il cristo risorto e la madre nel giorno di Pasqua.
L’influsso spagnoLo,il periodo che va dalla fine del XVI secolo fino al XVIII secolo.il dominio degli spagnoli,attraverso le famose figure dei Viceré,ha contribuito alla strutturazione definitiva dei riti della settimana santa in Sicilia.La controriforma cattolica diede vita ad un grande incremento degli ordini religiosi cui affidò la rinascita dottrinale,catechetica ed artistica.Nacque lo stile barocco,si ebbe un grande impulso circa la diffusione dell’uso delle statue per illustrare.così come
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voluto da papa Urbano VIII,la fede e i dogmi cattolici ridotti a soggettivismo e ad intimismo dalla riforma luterana. Si incremento il culto eucaristico,tramite la nascita delle quarant’ore. Si ebbe la definitiva distinzione tra la celebrazione liturgica dell’evento pasquale relegata al clero e la rappresentazione devozionale e drammatica dello stesso evento,fatta con un linguaggio che era corrispondente alla sensibilità del popolo.Si incrementarono enormemente le confraternite a cui venne affidato il compito della continuità della festa devozionale durante l’anno.La riforma liturgica del concilio di Trento impose la celebrazione di tutte le liturgie la mattina,comprese quelle della settimana santa,cosicchè nei pomeriggi della settimana santa si svilupparono i riti devozionali attraverso cui il popolo viveva la sua fede. Per il nostro discorso lo spagnolismo diede vita alla anticipazione del sepolcro del signore alla sera del giovedì santo.Risale al XVI secolo l’usanza di deporre nel sepolcro l’immagine del cristo morto,esponendo sopra il sepolcro il SS.Sacramento nell’ostensorio coperto da un velo.Nacque così l’identificazione dell’altare della reposizione con il Sepolcro. Infatti,sino ad oggi,nella coscienza popolare vi è una dissolvenza di significati tra l’adorazione della “presenza reale-ostia”conservata nel tabernacolo-custodia e del corpo-ostia del Signore conservato nel tabernacolo-sepolcro. Infatti in alcuni comuni dell’arcidiocesi di Monreale il venerdì santo mattina si verifica la visita ai sepolcri con la presenza dell’eucarestia e alle statue del cristo morto e dell’addolorata (Corleone)poste sullo stesso piano. In questo periodo iniziò anche la produzione di crocifIssi dalle braccia e dal capo snodabili dando vita alla strutturazione definitiva dei riti tradizionali della settimana santa e tali sono rimasti fino ad oggi.
Mentre quelli legati alla storia di questa chiesa locale,cioè alla diocesi di Monreale,anche se è bene ricordare che Montelepre fino al 1844 faceva parte della diocesi di Mazara del Vallo, sono di derivazione post-tridentina, eredità del Seicento ma soprattutto del settecento, secolo, quest’ultimo, in cui si realizzò pienamente il concilio di Trento. Il percorso di pietà popolare si è formato grazie all’influsso soprattutto di due ordini religiosi presenti nel territorio:i francescani,in Sicilia i Cappuccini, e i carmelitani oltre che per l’opera del clero secolare ricca di testi teologici e catechistici che sono entrati a far parte della traditio della Chiesa monrealese. Una pietà post-tridentina grazie soprattutto alla diffusione degli ordini religiosi con il compito specifico della predicazione e delle missioni popolari.
Ma fu il Settecento il secolo in cui si realizzarono pienamente le istanze innovatrici poste in essere dal concilio di Trento. La predicazione fu principalmente dedicata alla figura di Cristo con due nemici da fronteggiare: il vasto e variegato campo dottrinale e politico della riforma luterana e le idee dell’illuminismo.
Proprio il “secolo dei lumi” ci insegna una notevole vivacità, alimentata dalle pratiche di pietà sul mistero di Cristo semplice, povero e crocifìsso e dalla necessità di garantirsi la salvezza che, sebbene eterna, deve essere sperimentata già nel quotidiano.
La pietà settecentesca è prevalentemente cristologia e perciò essa, in sostanza, è riportata agli eventi decisivi della storia della salvezza: l’incarnazione, la passione e la morte in croce, la devozione verso l’umanità di Gesù vengono radicati nel popolo grazie a preghiere, canti, quadri devozionali. Esemplificativi di tutto ciò sono due testi, uno scritto dal farmacista carinese Luigi Sarmiento e l’altro dal prete monrealese Binidittu Annuleru (Antonino Diliberto).
II testo del Sarmiento, pubblicato in due edizioni del 1741 e del 1752, dal titolo Vita, passione e morte di Cristo Signor nostro* fu scritto per solennizzare la festa del SS. Crocifisso
di Carini che si svolgeva il 3 maggio In questo testo il Sarmiento rilegge, in chiave biblica e mistagogica, tutta la storia della salvezza cominciando proprio dalla creazione. Il testo da espressione a un concetto di fondo: la “devozione” (ossia il dedicarsi, l’avere una relazione), nel Settecento, era immedesimarsi nel Mistero di Cristo per avere un rapporto con lui nella consapevolezza che il sangue sparso da Cristo sulla croce è sangue che salva nell’oggi della storia e l’intera storia della salvezza è stata realizzata perché il credente si salvi nel tempo e nello spazio in cui egli vive:ciò è tipico della teologia, della spiritualità e della pietà del Settecento. Infatti nei testi di pietà del secolo dei lumi si parla di peccatoci salvezza dell’anima, dei dolori di Maria e di Cristo che sono un appello alla conversione. Il testo del Sarmiento dice anche l’introduzione al Mistero: dunque
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mistagogia. L’autore scrive: «Quest’opera è piccola circa la disposizione ma grande in quanto al Mistero». Che cos’è il mistero per il Sarmiento? È l’intervento di Dio che nella storia umana assume uno spazio e un tempo: ossia Gesù Cristo e il suo mistero pasquale che è il Mistero che salva. Questo si rende presente ed efficace, nell’oggi della storia, grazie all’opera dello Spirito Santo, che ci aiuterà a ricordare, cosi come dice l’evangelista Giovanni. Noi viviamo in un tempo che continua a scorrere ma nel momento in cui “ricordiamo” ci uniamo a quel Mistero al tempo unico che è Cristo.
La devotio del Settecento è finalizzata ad un rapporto personale con Cristo, la Madonna e i santi, un rapporto motivato dall’esigenza della conversione cioè di un volgersi deciso e radicale a Dio che salva nel suo Cristo. Il ruolo di Maria è di essere madre dei dolori e i suoi dolori simboleggiano il peccato umano. Il testo del Sarmiento ha costituito l’ossatura portante della festa del SS. Crocifisso a Carini fino al 1904. Ad oggi rivive nella “processione dei misteri” di Montelepre,. Il Settecento fu un secolo caratterizzato dalla cristologia attraverso le missioni popolari ad opera dei cappuccini e dei gesuiti. Sulla scorta della loro predicazione si diffuse la festa della inventìo crucis, ossia il ritrovamento, a Gerusalemme, della croce di Cristo, la cui festa fu posta liturgicamente il 3 maggio e meglio conosciuta come la festa del SS.Crocifìsso. Ancora oggi la festa del crocifisso viene celebrata nei comuni di Monreale e Bisacquino, il 3 maggio, a Carini, fino ai 1903 il 3 maggio, dal 1904 il 14 settembre (festa della esaltazione della croce); a Montelepre l’ultima domenica di giugno, a Giardinello in agosto, a Torretta la domenica successiva il 14 settembre. A Giuliana il venerdì dopo pasqua. Questa festa si celebrava, sempre il 3 di maggio, anche a Partinico e a Corleone.
Il venerdì santo
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Nella pietà popolare siciliana emerge il culto della passione e morte di Gesù nella quale la nostra gente si immedesima in partecipazione comunitaria. Ha scritto a tal proposito Randazzo che «la vera pietà di una volta all’anno, raccolta in tutto un anno, si comunica nel dolore della settimana santa, e in particolar modo il venerdì santo si celebra il «Tutto di Tutti», cioè il mistero della Passione, come «prototipo teologicamente unitario con uno stile culturalmente conforme ma con un atteggiamento che varia da comunità a comunità».
Nella pietà popolare, scrive Plumari, l’uomo di Sicilia vive ed esprime la partecipazione alla passione, morte e resurrezione di Cristo con la totalità della sua struttura antropologica, cosicché un popolo esce dalla solitudine, vive la comunione dando spazio ai suoi sentimenti alle sue emozioni con la totalità del linguaggio corporeo, con la gestualità, con il canto, i colori, il pianto, il grido.1
Al venerdì santo è emblematico e paradigmatico come i siciliani si ritrovino e si identifichino nel dolore del Cristo morto, stando muti davanti alla bara, e in quello dell’Addolorata, dinnanzi ai quali sentono che il dolore umano, il loro dolore è stato assunto da Dio.
Il venerdì santo inizia con la visita ai sepolcri, poco conosciuti come altari della reposizione, poiché si continua ad identificare, così come sostiene il Plumari, l’altare della reposizione con il sepolcro del Signore creando, nella coscienza popolare, una identificazione di significati tra l’adorazione della presenza reale-ostia e il corpo-ostia, per cui il tabernacolo è, allo stesso tempo, sepolcro.
In molti comuni dell’arcidiocesi al venerdì santo, per tutta la mattinata, continua la visita ai sepolcri con una duplice modalità: in alcune chiese permane la centralità dell’adorazione eucaristica senza nessun segno della passione, in altre, invece, all’adorazione eucaristica si affiancano le statue del Cristo morto e dell’Addolorata poste accanto ai sepolcri.
Nel territorio dell’Arcidiocesi i riti extraliturgici del venerdì santo si svolgono secondo tre delle quattro tipologie presenti nell’Isola: le processioni funebri del Cristo morto accompagnato dalla Madre addolorata; la processione dei misteri; le processioni in cui si compie la mimesi
‘Cf. A. Plumari, La Settimana Santa in Sicilia. Guida ai riti e alle tradizioni popolari, Città Aperta Edizioni,Troina 2003.
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cronologica degli eventi della passione. Manca la quarta modalità ossia la processione del Crocifìsso tipica di alcuni comuni dell’ennese. Delle tre modalità la seconda, quella della processione dei misteri, si svolge solamente a Montelepre e a Marsala secondo la tradizione della cosiddetta Casazza, ossia la processione attraverso la creazione di quadri viventi piuttosto che con gruppi statuali così come avviene, invece a Trapani e a Caltanissetta. I misteri di Montelepre sono
la riproposizione del testo del già Citato Luigi Sarmiento. Alla fine dei misteri si svolge la processione del Cristo morto e dell’addolorata. Nella quasi totalità dei comuni dell’arcidiocesi i riti si svolgono secondo la prima e la terza tipologia: a mezzogiorno si porta il Cristo al calvario lo si crocifigge, la sera lo si va a riprendere e lo si porta in processione seguito dalla Madre addolorata.
A Bisacquino mentre si porta, a mezzogiorno, il Cristo con la croce al calvario, vengono cantate le lamentarne, canti popolari di notevole spessore teologico, risalenti al Settecento, cantati a mo’ di lamentazioni. Questo rito è stato ripreso da qualche anno.
A Corieone e Balestrate il Cristo viene accompagnato al calvario deposto in un lenzuolo. A Corleone, nella mattina del venerdì santo, si ripete uno dei riti più antichi e più suggestivi della settimana santa in Sicilia: il Cristo morto viene deposto su un tavolo coperto di drappi rossi, nella cappella dei bianchi, e i fedeli vi si recano toccando e baciando la statua. A Prizzi il Cristo viene accompagnato al calvario deposto su una lettiga e ricoperto con un lenzuolo bianco. La sera, il Cristo morto, viene portato in processione sempre sulla lettiga. A Corleone, cosi come a Prizzi, il Cristo viene portato al calvario e lì crocifisso dal clero locale. Anche a Borgetto avviene la mimesi cronologica della passione e la sera il Cristo morto viene tolto dalla croce da ragazze non sposate, vestite di bianco, deposto in un lenzuolo e successivamente posto dentro l’urna di vetro. Alla fine della processione sono sempre le stesse ragazze a togliere il Cristo morto dall’urna.2 A Partinico e a Terrasini si svolgono, in serata, le processioni de! Cristo morto e dell’Addolorata senza mimesi cronologica della passione. A Torretta avviene un rito davvero singolare, la cosiddetta spartenza: verso la fine della processione l’urna del Cristo morto si distacca dall’Addolorata e viene portata nella chiesa del Sacramento dove i fedeli vanno a baciar i piedi al Cristo morto. Anche a Giuliana il venerdì santo si porta in processione l’urna con dentro il Cristo morto ad opera della Confraternita dell’Addolorata, fondata nel 1740 durante le missioni popolari tenute dai padri gesuiti.
Sino ad alcuni decenni addietro per l’occasione venivano intonati ai crocicchi delle strade e al calvario i canti della passione detti i lamenti di Maria:’ A Giuliana la domenica di Pasqua avveniva rincontro tra la Madonna e Cristo risorto, denominato ‘a paci piuttosto che ‘u ncontru. Ad oggi l’unico comune dell’arcidiocesi dove la domenica di Pasqua si realizza ‘u ncontru è Prizzi.
A Carini i simulacri del Cristo morto e dell’Addolorata vengono addobbati da ragazze non sposate chiamate virgìneddi. La sera del venerdì si svolge la processione funebre denominata della sulità. In alcuni comuni venivano celebrati anche i cosiddetti sabati di quaresima nei quali si celebrava un titolo mariano venerato da diversi ceti artigiani e contadini. A Carini il primo sabato era quello dei parrini (i preti) e si venerava la Madonna Immacolata. 11 secondo era quello dei galantumini (ceto borghese), i quali veneravano la Madonna del paradiso. Il terzo era ‘u sabatu ri mastri (gli artigiani) dedicato alla Madonna del Carmine. Il quarto era quello dei burgisi (i ricchi proprietari terrieri), che veneravano la Madonna del rosario.Il quinto era ‘u sabatu ri vurdunara (mulattieri, carrettieri, sensali) ed era dedicato all’Addolorata. Il sesto sabato era ‘u sabatu ri schietti (persone non sposate) ed era dedicato alla Madonna della mercede.4 A Partinico sopravvivono due dei sei sabati di quaresima: il quinto, quello dei burgisi e il sesto, quello dei mastri, i quali venerano rispettivamente la Madonna del rosario e quella del carmine. In questi due sabati, i predetti ceti, prendono la piccola effige della Madonna, che si trova custodita presso una famiglia prescelta dove è rimasta per tutto l’anno, la portano in processione presso la chiesa di San Gioacchino i burgisi”, al Cannine i mastri, dove avviene la celebrazione della santa messa. Finita la celebrazione l’effige viene portata, sempre in processione, presso una nuova famiglia dove rimarrà tutto l’anno seguente e dove di riuniranno le famiglie appartenenti al ceto per pregare.
Conclusione
Nella pietà popolare della settimana santa l’uomo di Sicilia vive ed esprime la partecipazione alla Passione,morte e resurrezione di cristo con la totalità della sua struttura che è simbolista e fortemente sensoriale,unendo la dimensione della festività e della tragicità. Il venerdì santo a Montelepre è un momento nel quale un popolo esce dalla sua solitudine,vive la comunione,dando spazio ai suoi sentimenti,alle sue emozioni,con la totalità del linguaggio corporeo,con la gestualità,con il canto,i colori, la commozione. Parlare della settimana santa allora significa guardare all’esperienza della morte e della vita che traspare nel popolo siciliano,significa avere un approccio e un confronto autentico con l’identità di un popolo che viene manifestata sia a livello individuale che collettivo attraverso la memoria -imitazione del Mistero di Cristo.Credo sia significativo che i siciliani si ritrovino nel venerdì santo muti davanti alla bara del cristo morto e il dolore della madre,di cui sentono profondamente che la sofferenza umana,sia fisica che morale,è stata accolta da Dio e che trova perciò un senso nel mistero stesso dell’uomo-dio morto sulla croce.Tutto ciò porta per il credente misericordia e redenzione dal proprio male.La fede cattolica
2 Cf. E. Liparoto, Borgetto: un percorso storico-etnografico, Tesi di Laurea in Scienze della Formazione, Università degli Studi di Palermo, Anno Accademico 1995-96, p. 65.
3 Cf. A.G. Marchese, La festa della Patrona di Giuliana “Maria SS. dell’Udienza”, Ila Palma, Palermo 1998, pp. 52-53.
4 Cf. V. Badaiamenti, Carini nelle tradizioni popolari, cit, p. 263.
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fondata sull’evento e sul mistero di Cristo dice la settimana santa,la sofferenza,la morte e la resurrezione di cristo,hanno cambiato il corso della storia umana rendendo comprensibile il dolore e il male perché l’uomo dio lo ha assunto su di sé e divenendo pertanto “pietra d’inciampo” per credenti e non credenti di ogni tempo e luogo.I riti della settimana santa dicono,infine,che il siciliano dinnanzi ad essi non si pone con logiche da turista ma si immedesima sperimentano e vivendo il Mistero che viene celebrato.
Alleluia!
Con la tua croce hai distrutto la morte,
hai aperto al ladrone il paradiso
hai mutato in gioia il lamento delle mirofore,
a ai tuoi apostoli hai ordinato di annunciare che sei risorto, o Cristo Dio, per elargire al mondo la grande misericordia.
Dalla Lituriìa Bizantina
RELAZIONE DI SUA ECC.REV.MA,
MONS.CATALDO NARO,
ARCIVESCOVO DI MONREALE,
AL TERZO CONVEGNO SULLA”PROCESSIONE DEI MISTERI”,
DI MONTELEPRE,
ORGANIZZATO DALLA PARROCCHIA SANTA ROSALIA
IN COLLABORAZIONE CON LA PRO LOCO E IL COMUNE DI MONTELEPRE.
CRIPTA DELLA PARROCCHIA DI SANTA ROSALIA
DOMENICA 6 APRILE 03 ORE 16.
LA PROCESSIONE DEI MISTERI:LA STORIA DELLA SALVEZZA ATTRAVERSO I QUADRI DELL’ANTICO E DEL NUOVO TESTAMENTO.
Si è creduto opportuno dare vita ad un momento di studio che anticipa il momento celebrativo:perché? Tre considerazioni:
1-Se una realtà è viva non ha bisogno di essere studiata. Negli ultimi anni c’è stato uno sviluppo della manifestazione nel senso dell’interiorità:dunque la manifestazione non è un teatro,un dramma o una recita del passato.
2-Si sente questa esigenza di studio perché,comunque,questa celebrazione ci giunge dal passato,si è modificata negli ultimi anni, ma è qualcosa del passato. Infatti le due edizioni dell’opera del Sarmento,da cui tre origine la processione dei misteri di Montelepre, risalgono al 1741 e al 1752.
Un grande storico e metodologo della storia, Michel De Certò,dice che il compito della storia è quello di seppellire il passato e ciò è un’operazione necessaria altrimenti i vivi non potrebbero vivere il presente e quest’ultimo può esistere, avendo una coscienza di sé, solo rapportandosi con il passato e considerandolo come tale,cioè passato.
Ora se noi diciamo Sarmiento il passato nel 1700 era così,ma anche oggi è così, “quest’oggi è così”è importante:noi guardiamo al passato per poter dire l’oggi.
3-Noi viviamo in una società cristiana perché vive di una eredità cristiana e tuttavia sappiamo che dal 1860,da quando cioè è nato lo stato laico, tutte le sue articolazioni non sono confessionali e quindi neppure cristiane. Questa idea che dapprima sembrava solo funzionale al rapporto tra la chiesa e lo stato,gradualmente è diventata una separazione netta tra la società e la comunità cristiana, cosicché, le due realtà non sono più coincidenti,non sono la stessa cosa. La società è più ampia è comprende anche la comunità cristiana.
Anche nelle nostre realtà locali dove potrebbe darsi,di fatto,che tutti i membri della comunità civile si identifichino,nello stesso tempo,come membri delle due parrocchie presenti a Montelepre, ma,per principio,una cosa è l’appartenenza civile e un’altra è quella ecclesiale.
Tutto ciò ha creato,a poco a poco,l’idea che la società civile è distinta e separata dalla comunità cristiana, e le celebrazioni di quest’ultima devono essere motivate di fronte ad una società che non è cristiana.
Perchè accanto alla via della “devotio” c’è la via dello studio?Perchè viviamo in una società secolarizzata,laica,in cui accanto al momento ecclesiale c’è un momento civile in cui bisogna dire le motivazioni della fede cristiana ad una società non del tutto cristiana.
In relazione ai Misteri di Montelepre c’è un richiamo al testo del carinese Luigi Sarmento scritto in funzione della processione del Crocifisso del tre maggio,rievocando la storia della salvezza a partire dall’antico testamento,dalla creazione.
Sarebbe interessante scoprire,storicamente,come questo testo sia arrivato a Montelepre e capire il fatto che oggi a Carini non è più in uso mentre a Montelepre lo è ancora.
Nell’introduzione all’opera,dal titolo “ Vita,passione,e morte di Cristo Signor Nostro”,l’autore così scrive rivolgendosi alla “gloriosissima e sempre vergine Maria Madre di Dio”: “Non vi turbate tanto,o inclita Regina dell’universo,se vi vedete presentare, altra volta, da questa inesperta ed indotta mano di vilissimo peccatore….la penosissima Vita,Passione e Morte del Figliol vostro diletto,non già per rammentarvi i tormentosi affanni,che in quel tempo provaste,ma per maggiormente scolpire nei cuori dei Cattolici la dovuta stima del preziosissimo Sangue che nella terra e pietre di Gerosolima (Gerusalemme)Egli sparse per la comune salute, e per mostrare la singolare divozione di questo vostro divoto popolo di Carini….”.L’introduzione è un capolavoro nel senso che dice tutta un epoca e su cui è possibile fare tre considerazioni:
1-Il tempo sacro che diventa tempo santo.
2-La devotio dell’epoca(il 1700),in cui vennero avviate queste manifestazioni.
3-Il livello attuale:perché oggi c’è ancora e che cosa ci dice?
Primo punto:il Tempo. Il Sarmiento scrive:”noi diamo vita a questa manifestazione non già per rammentarvi i tormentosi affanni che un tempo provaste”:c’è un tempo storico 1750 anni prima che l’avvenimento venisse rievocato dalla celebrazione,c’è un tempo che viene ricordato è ciò è essenziale nel cristianesimo. Infatti una manifestazione come quella descritta dal Sarmento, per il tre di maggio a Carini, ricordata,oggi,nella processione dei misteri, ci dice che il cristianesimo è una religione storica indica,cioè l’inserimento di Dio nella storia degli uomini e l’assunzione in Dio di un tempo di uomini,non semplicemente il tempo sacro ma il tempo santo.
Qual’è la differenza?Il sacro è tutto ciò che ci mette in rapporto con il divino inteso come ciò che sta al fondo dell’essere e tutte le religioni hanno tempi e spazi sacri,come ad esempio la valle dei templi di Agrigento. I tempi sacri erano alcune giornate dell’anno dedicate al culto degli dei,in quel giorno si rompeva il ritmo della quotidianità e della ferialità e ci si immergeva in un tempo che permetteva di attingere il fondo dell’Essere:il Divino.
Il santo è ,invece,un divino personale cioè Dio che si fa storia che entra in rapporto con gli uomini e il tempo e lo spazio toccati da questo Santo,dal Dio-Personale,diventano “divini” nel senso che entrano in relazione-comunione con Dio.
E’ questo è molto importante per il cristianesimo. Il fatto che a Montelepre, ogni anno si ricordi tutta la storia della salvezza a partire da Adamo ed Eva,quindi tutto l’A.T. e il N. T.,sottolinea, innanzitutto,la dimensione storica del cristianesimo.
E’ “storica”significa:il ricordo degli avvenimenti in cui Dio è intervenuto nella vicenda degli uomini,ricordare tutto ciò è salvifico.
In Giovanni,nei discorsi dell’addio,Gesù promette agli apostoli lo Spirito che avrà il compito di “ricordare” ,a noi, le cose che Egli ha detto e fatto. La fede cristiana è,essenzialmente,”ricordo”,ossia l’azione dello Spirito Santo che è un’azione di ricordo.
Ma l’autore parla anche di “Mistero”:<quest’opera è piccola circa la disposizione ma grande in quanto al mistero>.
.Che cos’è il Mistero?E’ l’intervento di Dio nella storia attraverso l’assunzione di un tempo e di uno spazio. Gesù Cristo,essendo veramente uomo,oltre che Dio,2000 anni fa,ha occupato uno spazio e un tempo,cioè gli anni della sua vita terrena trascorsi in Palestina. Ora il Suo tempo e il Suo spazio sono stati assunti,per sempre ,da Dio. Quando diciamo morte e resurrezione di Cristo diciamo che, nella Sua dimensione corporea, Gesù è in Dio, è il Figlio Eterno che ritorna nella Trinità con la Sua vicenda terrena. Il Figlio sarà ,per sempre,il Figlio-incarnmato:questo è il Mistero.
Noi,nell’oggi della storia,come ci inseriamo in questo mistero salvifico?con la celebrazione liturgica e con una manifestazione di pietà popolare. Noi viviamo in un tempo che continua a scorrere,ma nel momento in cui ricordiamo,di fatto, ci uniamo a quel Mistero,al tempo unico e allo spazio unico che è Cristo. E così il nostro tempo e il nostro spazio vengono assunti da Cristo in Dio:questa è la salvezza. Il nostro tempo e il nostro spazio si salvano unendosi a Cristo.
Tutte le religioni hanno l’ambizione di salvare gli uomini,di non renderli soggetti alla morte,a ciò che passa ed unirli al fondamento di ogni cosa che è Dio. Il cristianesimo dice che tutto questo avviene non perché lo spazio e il tempo siano di per sé salvifici ma lo diventano se uniti a Cristo,il Santo di Dio,cosicché anch’essi diventano Santi,in quanto partecipano della santità di Dio, e si salvano.
Se il tempo e lo spazio non si uniscono a Lui diventano dannazione. Ognuno di noi che ricorda Cristo e si unisce a Lui si salva. Il Sarmento aveva chiaro tutto ciò nella sua mente. Infatti,se ha scritto questa opera, era per ricordare,ai suoi contemporanei,il tempo storico della salvezza,ciò che avvenne 1750 anni prima di quando visse l’autore,e per unirsi a quel tempo e così salvare il suo tempo. Quegli uomini che nel ‘700,parteciparono a quella processione si sono salvati ora sono con Cristo,lo erano nel loro tempo e nel loro spazio,lo sono ora nella gloria.
Secondo Punto:una manifestazione come questa ci dice la spiritualità di tutta una epoca:il ‘700,ossia il concetto di devozione. L’autore dice,rivolgendosi a Maria, che il fine della sua opera non è: “per rammentarvi i tormentosi affanni,che in quel tempo provaste,ma per maggiormente scolpire nei cuori dei Cattolici la dovuta stima del preziosissimo Sangue che nella terra e pietre di Gerosolima (Gerusalemme)Egli sparse per la comune salute, e per mostrare la singolare divozione di questo vostro divoto popolo di Carini”.
Ma che significa devozione? Dedicarsi, avere una relazione,cioè entrare in rapporto con Dio. Dunque la devozione dice introduzione al mistero cioè mistagogia.La devozione del ‘700 era immedesimarsi nel mistero di Cristo per avere un rapporto con Lui:il sangue sparso da Cristo sulla croce è sangue sparso per noi,che viviamo qui ed ora,l’intera storia della salvezza è stata realizzata perché il credente si salvi nel tempo e nello spazio in cui egli vive. Nei testi di pietà del ‘700 si parla di peccato,di salvezza dell’anima,dei dolori di Maria che sono un appello alla conversione. Il contesto tipico del ‘700 è una devotio finalizzata ad un rapporto personale con Cristo,un rapporto motivato dall’esigenza della conversione,cioè di un volgersi più deciso a Dio attraverso il suo Cristo,con il pentimento dei propri peccati.
Terzo Punto:perché queste celebrazioni nell’oggi?hanno la stessa valenza del ‘700?Sicuramente viviamo in un contesto storico diverso da quello del ‘700. Vorrei cogliere due caratteristiche del tempo attuale:
a) la prima è relativa al concetto di società secolarizzata:oggi c’è una ricerca della identità,in crisi,delle comunità civili. Il concetto di “crisi di identità”è nato durante la prima guerra mondiale allorché i soldati,al fronte,non ricordavano più chi erano a causa delle atrocità della guerra. Un concetto,quello di crisi di identità,nato in ambito medico,ma, oggi,esteso ai problemi della società attuale. La ricerca della identità dice crisi della stessa,ossia dice che la stessa non è più pienamente posseduta,che si è persa o si sta perdendo qualcosa di fondante l’identità civile e comunitaria. A tal fine,cioè per il recupero della vera identità delle nostre popolazioni,delle comunità locali,è giusto che recuperiamo ed esaltiamo le nostre tradizioni,molti delle quali derivanti dalla presenza del cattolicesimo sul nostro territorio e,dunque,tradizioni religiose,che le viviamo e le celebriamo con più maestosità e vistosità. Nelle nostre comunità l’identità è frutto della storia della presenza del cristianesimo cattolico. E’ giusto,allora che le autorità civili si occupino anche delle tradizioni religiose proprio per salvaguardare la perdita della identità delle nostre comunità
b) Accanto a quanto detto prima,c’è da parte della comunità credente un’altra esigenza,non opposta o in conflitto con la precedente,ma sicuramente diversa:cioè l’esigenza mistagogica,attraverso il tentativo di riappropriarsi dell’intenzione primordiale,cioè di una celebrazione di questi misteri in funzione di una introduzione al mistero cristiano e,principalmente, in funzione di una devozione,di un rapporto con Cristo. Questa esigenza è conflittuale nei confronti dell’esigenza della ricerca della identità?non necessariamente. Si possono creare dei conflitti qualora la manifestazione perdesse il suo valore mistagogico e diventasse solo percorso per recuperare l’ identità civile,storica e sociale. Se diventasse solamente ciò, a lungo andare, la manifestazione stessa,perdendo il suo humus,cioè il suo rapporto con l’identità storica segnata dal cristianesimo,sarebbe destinata a scomparire.
L’istanza, propriamente ecclesiale,con finalità mistagogiche,di animare,dal di dentro,questa manifestazione è funzionale,anche,alla ricerca di quella identità di cui si parlava prima e al mantenimento della stessa.
A tal proposito,è giusto che, si stia attenti a che queste iniziative,come questa, rimangano di soggetto ecclesiale pur nella difficoltà,non indifferente,di dovere coniugare il percorso ecclesiale con quello civile poiché non sono la stessa cosa. Tuttavia resta fermo il fatto che il soggetto promotore di questa manifestazione non può essere un soggetto laico(comune,pro loco ecc),per principio laico e non cristiano,perché verrebbe meno la stessa sostanza della realtà celebrata scadendo in teatro o in sacra rappresentazione. Allora il soggetto non può che essere ecclesiale cioè di persone che credono e che pongono in essere la processione dei Misteri.
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