Domenica di Pasqua 2015.

Piana degli Albanesi (Pa):donne con il tradizionale costume.
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Settimana Santa 2015.(I)

DOMENICA DELLE PALME
PIANA DEGLI ALBANESI:

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BUSETO PALIZZOLO:VIA CRUCIS CON PERSONAGGI VIVENTI.
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MARTEDI’SANTO
TRAPANI:PROCESSIONE DELLA MADONNA DEI MASSARI.

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L’Arcivescovo di Aleppo(Siria) a Monreale.

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Arcidiocesi di Monreale

Ufficio Comunicazioni Sociali

L’ARCIVESCOVO DI ALEPPO (SIRIA) A MONREALE

RACCONTA LA SUA CHIESA PERSEGUITATA

Divina Liturgia nel Duomo con Russia Cristiana e

Incontro Interreligioso con il Rabbino Capo di Sicilia e l’Imam della grande moschea di Roma

Monreale 14.01.2015 – Al termine della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e nel mese della pace, due importanti momenti di riflessione e preghiera consentiranno di approfondire il tema della pace attraverso la testimonianza preziosa dell’Arcivescovo di Aleppo.

La Siria, infatti, è oggi una terra insanguinata, in cui i cristiani e altre minoranze religiose sono perseguitati a causa della loro fede dal fondamentalismo del sedicente Stato Islamico dell’Iraq e della Grande Siria (ISIS).

Una tavola rotonda con l’arcivescovo di Aleppo, il rabbino capo di Sicilia e l’imam della grande moschea di Roma rifletterà sul tema: “Libertà religiosa, via per la pace”, che verrà preceduta dal gesto simbolico della piantumazione di un albero di ulivo, simbolo della pace.

Il 24 Gennaio alle 10.30 presso il palazzo Arcivescovile di Monreale, S.E. Mons. Jean-Clément Jeanbart, Arcivescovo greco-melkita di Aleppo, su invito di Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale, darà una testimonianza della tragica situazione della sua Chiesa. Nel pomeriggio, alle 17.00, Mons. Jeanbart terrà una Lectio Magistralis: I Cristiani in Medio Oriente, per il conferimento del titolo di Accademico Ordinario dell’Accademia Teutonica Enrico VI di Hohenstaufen.
La giornata si chiuderà alle ore 20.00 in Cattedrale con un Concerto per Organo offerto dal Maestro Diego Cannizzaro per la Siria.

Domenica 25 Gennaio, l’Arcivescovo di Aleppo, alle 11.30, presiederà la Divina Liturgia in rito Bizantino-Slavo, nel Duomo di Monreale, con la partecipazione del coro dell’Associazione Russia Cristiana di Roma, del presidente Mons. Francesco Braschi e di Padre Rostislav Kolupaev, sacerdote Russo Cattolico di rito Bizantino.

Il pomeriggio del 25 Gennaio, alle 16.00, presso il giardino del Seminario verrà piantumato un albero d’ulivo, simbolo di pace, subito dopo al Palazzo Arcivescovile, si terrà una Tavola Rotonda Interreligiosa a cui siederanno oltre L’ARCIVESCOVO greco-melkita Mons. Jeanbart, anche il RABBINO capo del Centro Sefardico Siciliano, Prof. Stefano Di Mauro, Itzaak Ben Avraham e l’IMAM della grande moschea di Roma, Sami Salem.

L’incontro, promosso anche dall’Azione Cattolica Diocesana, servirà a riflettere sul tema: “Libertà religiosa, via per la Pace” che pur essendo stato organizzato già da tempo, pare rispondere alle domande e alle paure di questi giorni all’indomani delle stragi di Parigi e di Baga in Nigeria.

Il Direttore

Don Antonio Chimenti

“E nessuno lo sappia….”.Per un ricordo di Padre Calcedonio Ognibene.

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Copertina (4)
Don Ognibene (2)

“La mafia è contro il Vangelo: non basta la scomunica”.

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L’arcivescovo Vincenzo Bertolone, postulatore del martire anti-clan don Puglisi, riapre la discussione sulla sanzione canonica per i mafiosi

giacomo galleazzi
città del vaticano

“La mafia è contro il Vangelo”. Dopo il monito di papa Francesco ai clan (“offendono gravemente Dio”) nel messaggio del 1° gennaio alla Giornata mondiale della pace, a riaprire con questa intervista a “Vatican Insider” il dibattito sulla scomunica dei mafiosi è l’arcivescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone (postulatore della causa di beatificazione del martire anti-mafia don Pino Puglisi). Secondo il presule della congregazione Missionari Servi dei Poveri “Boccone del Povero”(S.d.P) ed ex viceministro vaticano degli Istituti di Vita consacrata e delle Società di vita apostolica, prima della pena canonica serve un radicale cambiamento “educativo e pastorale”.

Può essere utile un decreto di scomunica dei mafiosi?
«E’ una questione che va affrontata. Negli ultimi decenni, e in particolare dal Concilio Vaticano II, la Chiesa ha usato sempre meno il provvedimento della scomunica. Non che esso sia scomparso o che la Chiesa abbia scelto la strada del buonismo, ma il popolo dei credenti e i suoi pastori hanno scelto di abbracciare il mondo in un modo diverso, con tutte le sue ombre e le sue luci. Da una Chiesa che si limitava a denunciare il male e associare la pena canonica di riferimento si è passati ad una Chiesa che “esce da se stessa”, che si impegna a creare una nuova coscienza, che sceglie la strada dell’incontro umano e dell’evangelizzazione come risposta al male. Papa Francesco, ultimamente, ci sta esortando ad essere una Chiesa aperta che si sporca e si ferisce le mani per accompagnare l’uomo offrendogli la luce del Vangelo. Ora, nel caso della mafia – e il ministero di padre Puglisi lo dimostra – sono tante le cose che la Chiesa può e deve fare, prima e al di là di una pena canonica. Inoltre poi, mi chiedo: oggi c’è una sensibilità ed una formazione religiosa tale che faccia comprendere la gravità di un tale provvedimento? Detto ciò, restiamo fermi nella condanna assoluta della mafia e di ogni organizzazione in contrasto palese col Vangelo. Resta prioritario invece che la Chiesa prosegua nella sua opera pastorale educativa e preventiva, in un comune sforzo di nuova evangelizzazione che comporta attività pastorale, annuncio biblico, dottrinale ed esercizio di opere di misericordia».

Per i funerali dei mafiosi, si può applicare il modello seguito a Roma per il nazista Priebke, cioè una benedizione privata della salma senza pubbliche esequie?
«Va anzitutto detto che dinanzi al mistero della morte bisogna imparare a far tacere i giudizi umani e restare in rispettoso silenzio. Anche la morte di un criminale o di un mafioso non deve diventare occasione di giudizio. La Chiesa ha sempre creduto e crede che il giudizio ultimo e fondamentale spetti a Dio. Dunque, il funerale non è una benedizione delle opere e della vita del defunto, e con la preghiera la Chiesa lo affida, al di là di tutto, al giudizio misericordioso di Dio Padre. Inoltre, il funerale è un atto comunitario che accompagna i parenti e gli amici del defunto in un momento di dolore. Da questo punto di vista, non dovrebbe essere negato. Si dà però il caso di chi, notoriamente e ostinatamente, ha preso parte pubblicamente e in prima persona, ovvero come mandante, come collaboratore o esecutore consapevole, a crimini efferati, quali furono i massacri dei nazisti e quali sono oggi stragi, assassini, violenze, soprusi ed esecuzioni delle organizzazioni criminali e/o mafiose. Anche in questo caso, la Chiesa non si sostituisce al giudizio di Dio; tuttavia, il funerale di queste persone può essere strumentalizzato trasformandolo da momento di preghiera in occasione di gloria e di manifestazione di potere della mafia stessa, e di qui una indebita legittimazione di cui, anche senza volerlo, ci si può rendere complici e diventare motivo di scandalo per i fedeli . Ora, nel territorio, la Chiesa è tenuta ad essere sempre un segno profetico che chiama le cose per nome e sta dalla parte delle vittime. In considerazione di questo e di altre circostanze pastorali, in occasione di richieste di esequie si valuterà tutto con la dovuta intelligenza e sapienza evangelica».

Il magistrato calabrese Nicola Gratteri ha lanciato un allarme attentati: la ‘ndrangheta potrebbe reagire violentemente all’azione di pulizia di Bergoglio allo Ior, in qualche caso, si sostiene, usato dalla criminalità organizzata per riciclare soldi sporchi. Condivide questa preoccupazione?
«Gratteri, stimato magistrato, ha dati e conoscenze che io non ho e quindi non posso che prendere atto con preoccupazione di quanto da lui affermato. Tuttavia, specie in questi ultimi tempi, la Chiesa è impegnata in un coraggioso rinnovamento di se stessa, delle sue strutture e delle sue azioni di governo. Se Benedetto XVI ha denunciato con coraggio, onestà e sofferenza il male che a volte pervade la stessa istituzione ecclesiastica e i suoi membri attivi, Papa Francesco sta proseguendo energicamente in un processo di cambiamento in direzione della trasparenza, dell’onestà e della sobrietà. Le riforme in atto allo Ior ne sono testimonianza. Tuttavia, lo stesso papa ci ricorda che questa riforma ecclesiale non può avvenire se non con la santità della vita dei suoi membri. La Chiesa, prima che una semplice istituzione terrena, è una comunità vivente: quanto più i suoi membri praticano la radicalità del Vangelo.

Non so se hai presente un uomo…..

Roma.invito.programma

La settimana santa a Vallelunga Pratameno(CL).

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Vallelunga Pratameno è un piccolo paese a vocazione agricola, come dimostra il suo stemma civico con due grappoli di uva, bianca nel primo e nera nell’altro, fra bionde spighe di grano. I Vallelunghesi sono stati sempre gente laboriosa e onesta. Ancorata ai veri valori della vita, al rispetto della famiglia, delle donne, dei bambini e degli anziani.

Le sue origini affondano le radici tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento e fanno parte di quelle manifestazioni che subirono nuovi impulsi dopo il Concilio di Trento (1545-1563), che con la Controriforma avviò un rafforzamento dei principi religiosi intorno alla rivitalizzazione dei riti della tradizione cattolica.
L’identità civile è coincisa, per secoli, con quella religiosa i cui valori di riferimento affondano le loro radici nel crisitianesimo-cattolico. Infatti i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio culturale e artisitico, oltre che religioso, del popolo italiano. Cosicché la fede dei Valleunghesi è rimasta saldamente ancorata, sino ad oggi, nella tradizione cattolica. Nonostante l’imperversare del fenomeno della secolarizzazione e, ad oggi, di quello del relativismo etico-culturale, che mina alle radici le identità delle nostre comunità, quella vallelunghese ha conservato intatta la sua di identità, civile e religiosa, che si esprime ogni anno anche con determinati avvenimenti religiosi, il cui compito principale, dal punto di vista sociologico, è di cementare la comunità vallelunghese. Uno di questi momenti fondamentali è la Settimana Santa.
In Sicilia, come scrive G. Cammareri, di simani santi ce ne sono davvero tante. “Se ne possono incontrare di meste, chiassose, nevrotiche, follemente amate e disprezzate, profumate dal vino che lava le notti e dall’acre odore dei ceri che le sporca dolcemente, profumate da tanti fiori e illuminate da tantissime luci. Simani gonfiate con l’elio dei palloncini, fatte di mille macchine fotografiche al collo, di bambini vestiti da angioletti e di mamme che li accompagnano, di vecchietti piangenti ai balconi al passaggio di Cristi e Madonne…. Croci, pennacchi, spade attaccate alla vita da centurioni più o meno baffuti e ancora il gesto per un altro e un altro ancora “clic” di quelle mille macchine fotografiche il cui piccolo rumore annega, miseramente, in un mare di note scandite da suonatori infiocchettati nella divisa di questa o quella banda”.
I riti liturgici ed extraliturgici della Settimana Santa vallelunghese servono a tramandare quella che gli israeliti chiamarono Pesach, che significa passaggio. Dal “passare oltre” della tradizione biblica dell’A.T., che testimonia la mano potente di Dio-salvatore, nella notte tra il 14 e il 15 del mese di Abib, quella dell’uccisione dei primogeniti, risparmiò i bambini ebrei, al “passare oltre” di Cristo dalla morte alla resurrezione.
La Pasqua cristiana se, da un lato, integra quella ebraica, dall’altro le si contrappone divenendo, dal II secolo D.C., a più solenne delle feste cristiane e divenendo il fulcro dell’anno liturgico nella storia della Chiesa.
Questo mio modesto contributo vuole essere un momento di riflessione sulla Settimana Santa e sulla Pasqua a Vallelunga, perché, spero, avvenga, nei miei cinque lettori, anche una comprensione del passato e del presente, della storia civile e religiosa della nostra comunità. Infatti tutti noi abbiamo bisogno di coglierci come uomini del presente ma fortemente legati al nostro passato per seppellirlo, come dice lo storico francese De Certò. Per vivere il presente è necessario seppellire il passato non nel senso di obliarlo, di oscurarlo o, peggio ancora, di cancellarlo, ma di metabolizzarlo.
Questo mio contributo, per citare una espressione del predetto storico francese, è un voler “seppellire” il nostro passato, cioè un riconoscerci nel nostro presente come dipendenti e, nello stesso tempo, ormai distanti da un passato che è inevitabilmente tramontato. Un passato che, pur essendo già tramontato, ha lasciato, però, una eredità civile e religiosa fondamentale, consentendo a tutti noi di coglierci come presente, legati al passato e proiettati al futuro.
In questo contesto,come quello attuale, che non vede più una coincidenza tra la comunità civile e quella ecclesiale, si sente il bisogno di cogliere sempre meglio la propria identità, civile e religiosa,cioè le nostre radici,come antidoto ad ogni forma di relativismo culturale ed etico che distrugge ogni identità anche di natura locale.
Possiamo sostenere, grazie anche al supporto del contributo fotografico,che la Settimana Santa,a Vallelunga è un momento nel quale la nostra comunità pone in essere oltre che una identità cattolica forte anche una forte identificazione.
I riti extraliturgici della Settimana Santa, non vanno considerati come momenti staccati, o addirittura opposti, rispetto alle celebrazioni liturgiche. La testimonianza di tutto ciò è data proprio da ciò che avviene,ogni anno, durante il triduo pasquale anche a Vallelunga.
Tutti noi siamo inseriti in una “traditio” composta da valori civili,sociali,familiari e religiosi, mediati e trasmessi dall’importantissimo processo educativo, connotandoci, appunto, come “civis” e, per chi crede,come credenti.
Lo stesso identico meccanismo avviene per l’esperienza religiosa,quando si entra a far parte di una determinata religione si entra in un solco già tracciato da altri, si entra in una “traditio fidei” con la quale si sono tramandate, di generazione in generazione, le grandi verità di fede credute,celebrate e vissute da una determinata religione,soprattutto se essa ha un fondamento storico,una forte dimensione salvifica e una finalità escatologica, come appunto è l’intero messaggio del cristianesimo.
Il cristianesimo,infatti, ha tutte e tre queste caratteristiche ed ha una sua specificità,che altre religioni non hanno:la fede in Dio fattosi Uomo.
I fatti e le vicende storiche della prima Settimana Santa, documentate minuziosamente dai Vangeli e dal Nuovo Testamento, non si ripeteranno mai più, dal punto di vista della loro storicità ma continuano a ripetersi,da duemila anni circa, dal punto di vista del Mistero Salvifico.
Che cos’è il mistero salvifico?La presenza di Dio-Salvatore nella storia degli uomini, cosicchè ogni anno, durante i riti liturgici ed extraliturgici della Settimana Santa, viene data al credente la possibilità di partecipare al mistero di salvezza,in chiave liturgico- sacramentale- mistagogica, e di ottenere questa salvezza nell’oggi della storia attraverso la presenza della comunità credente,la Chiesa,cioè la comunità di tutti i battezzati che credono in Gesù-Cristo sofferente,morto e risorto,che continua nella storia la celebrazione del Mistero pasquale.
Nel contemplare le foto , che hanno “immortalato” alcuni momenti di alcuni riti extraliturgici della Settimana Santa a Vallelunga, non si può prescindere da quanto detto fin ora. La Settimana Santa,cioè, è espressione della l’inculturazione della fede cattolica nelle nostre popolazioni. L’inculturazione è l’incontro tra la fede annunciata nei secoli e il recepimento della stessa da parte del popolo credente.
Essa,come scrive V.Sorce, “ha una forte valenza teologica fondata sugli eventi dell’Incarnazione e della Chiesa locale”, e si inserisce in un solco già dato,si inserisce nella cattolicità e all’interno di essa ,attraverso la “traditio fidei”,cioè,appunto, il tramandare la fede, si ricollega, attraverso il ricordo liturgico, ai fatti storici della prima Settimana Santa e della prima Pasqua.
Potremmo dire che la Settimana Santa,a Vallelunga è la stessa,per esempio, di quella di altri comuni presenti in altre regioni d’Italia?Assolutamente no. In che senso c’è diversità?Non nella sostanza dell’Evento e della celebrazione dello stesso, ma nelle modalità di recezione del messaggio del cristianesimo e nel modo con cui ogni comunità credente ha vissuto e vive, nell’oggi della storia, il mistero salvifico di Gesù-Cristo morto e risorto. Tutto ciò si chiama inculturazione della fede.
La Settimana Santa, in Sicilia, è il frutto di una duplice tradizione:
la prima legata alle sviluppo della inculturazione della fede in Sicilia: per cui è possibile parlare di una sorta di “Cristo Siciliano”.
–la seconda legata alla sviluppo del cattolicesimo in questo territorio che ha fatto propri gli influssi derivanti: dal concilio di Trento e dall’influsso bizantino e spagnolo.
In che senso si può parlare,allora, di un Cristo “siciliano”?
Nella cultura e nella pietà popolare siciliana esiste una interpretazione e un vissuto della figura di Gesù-Cristo che è caratterizzata da tratti propri. L’aggettivo “siciliano” ci dice qualcosa di culturalmente significativo,cioè a dire la cultura siciliana ha “segnato” la figura del Cristo con alcuni suoi tratti specifici. Questo “Cristo siciliano” sarebbe in opposizione a quello della predicazione ufficiale della Chiesa, dei dogmi e della liturgia?Addirittura lo si potrebbe considerare un Cristo fuori dalla Chiesa cattolica o,addirittura, contro di essa?Un “Evangelium extra ecclesiam?”
Secondo le tesi di alcuni studiosi il “Cristo siciliano” potrebbe benissimo essere considerato il Cristo delle classi deboli e oppresse o, come dice Gramsci, delle classi popolari che sono “strumentali e subalterne”. Molti studiosi,di indirizzo marxista, infatti, sostengono che la religiosità popolare ,che trova il proprio culmine nei riti della Settimana Santa, sarebbe l’espressione di un cristianesimo vissuto fuori dalla Chiesa e di un “Cristo-popolare” oggetto di un conflitto esistente, di fatto, tra la gerarchia cattolica e il popolo credente.
Stanno davvero così le cose? La risposta negativa si evince, meravigliosamente, da ciò che avviene ogni anno a Vallelunga che ci aiuta a cogliere il fatto che la pietà popolare,quella legata,anche, ai riti della Settimana Santa e della Pasqua, in Sicilia, ha un’anima teologica;cioè l’humsus,il terreno in cui essa affonda le radici è costituito dalle grandi verità proprie del cattolicesimo credute,comprese (attraverso un cammino di “intellectus fidei”),celebrate e vissute.
Non c’è,dunque, nessun conflitto tra la Chiesa “gerarchica” e il popolo credente, per il semplice motivo che anche la gerarchia cattolica partecipa ai riti extraliturgici della Settimana Santa.
Dove sta allora l’equivoco?proprio nel significato che si dà al termine “pietà popolare” intesa non come esperienza di fede del popolo credente ma come momento di opposizione delle classi subalterne alle classi colte e,soprattutto,alla religione “ufficiale”. Dunque una lettura sociologica e non teologica del fenomeno.
Quali sono,allora, le caratteristiche del “Cristo siciliano”in relazione agli eventi della Settimana Santa e della Pasqua?
Il siciliano è uno che vuole vedere e toccare,è fondamentale per il siciliano la RES,la cosa,(pensiamo alla tematica verghiana della roba) e tutto ciò perché il siciliano ha alle sue spalle una esperienza storica tragica, poichè ha visto decine e decine di colonizzatori venire nell’isola e, spesso, maltrattare il popolo. Tutto ciò lo ha spinto a proiettare questa sofferenza, accumulata nei secoli, nell’attaccamento alla res,spesso anche con modalità eccessive e devianti, come si configura il fenomeno mafioso. Come se la “materialità” delle cose lo salvasse dall’insicurezza e dalla sofferenza accumulate nei secoli.
Questa mentalità della Res,nel senso migliore del termine , cioè cosa vissuta,esperienza fatta, viene applicata anche nel vissuto religioso del siciliano. In questa cementificazione di quotidianità sofferta,la Sicilia celebra la cultura della sofferenza e in tutti i paesi dell’isola la Settimana Santa costituisce l’approdo di un modello irrepetibile verace,insostituibile salvataggio. Il Siciliano trova, negli eventi,liturgici ed extraliturgici della Settimana Santa, la teologia della kènosis,ossia il fatto che Dio non ha disdegnato di farsi Uomo e di assumere su di se’ tutta la sofferenza,fisica e morale,del genere umano.
Infatti in Sicilia è forte la concentrazione sul “Corpo di Cristo”. L’attenzione,la contemplazione del corpo di Cristo va dal Gesù-Bambino a tutta la vicenda della passione-morte-resurrezione, con particolare attenzione al corpo di Cristo deposto dalla croce e sepolto.
Il corpo di Gesù-Cristo non è mai solo, ma viene associato a quello della madre,dalla culla alla tomba. E’ l’insieme dei due corpi che costituisce il cuore della Pietas proprio del Venerdì Santo,al punto tale che in alcune circostanze i due simulacri si fondono quasi a divenire una sola cosa,cosicché il siciliano non concepisce il corpo di Gesù-Cristo se non associato a quello della madre. I due corpi vengono associati nel dolore del Venerdì Santo e nella gioia della Domenica di Pasqua, allorquando la Madre ritrova il figlio risorto:l’Incontro che si celebra in molti comuni dell’isola proprio la mattina di Pasqua.
Da che cosa scaturisce questa concentrazione sulla tematica del Corpo di Cristo?
Le origini sono lontane,bisogna risalire al 1700,secolo in cui si realizzarono in Sicilia,come sostiene lo storico Cataldo Naro,le istanze innovatrici del concilio di Trento,prima fra tutte la predicazione al popolo ad opera soprattutto degli ordini religiosi. Nacque, proprio dalla predicazione itinerante dei Cappuccini,dei Gesuiti e dei Redentoristi, l’attenzione al Corpo di Cristo.
Fu il francescanesimo ad introdurre la pietas verso Gesù Bambino(la creazione del primo presepe vivente,a Greccio,la notte di Natale del 1223, ad opera di Francesco D’Assisi),ripresa nel 1700 da sant’Alfonso de Liguori. I religiosi,grazie ai quaresimali,le 40 ore,i panegirici,gli esercizi spirituali,le missioni popolari,la creazione di tante confraternite, diffusero la pietas,cioè il rapporto tra il credente e “U Signori”,inteso, come Dio padre a volte (U Signori fici u munnu”), ma quasi sempre riferito a Cristo: “U signori murì pi nuatri poveri piccatura”.
Tutto ciò avvenne proprio nel 1700. Proprio il “secolo dei lumi” ci insegna una notevole vivacità, alimentata dalle pratiche di pietà sul mistero di Cristo semplice, povero e crocifisso e dalla necessità di garantirsi la salvezza che, sebbene eterna, deve essere sperimentata già nel quotidiano.
La pietà settecentesca è prevalentemente cristologia. Vanno ricordati, a tal proposito, i componimenti di Sant’Alfonso sul Natale e i crocifissi scolpiti da fra Umile da Petraia. Essa, in sostanza, è riportata agli eventi decisivi della storia della salvezza: l’incarnazione, la passione e la morte in croce, la devozione verso l’umanità di Gesù, vengono radicati nel popolo grazie a preghiere, canti, quadri devozionali.
Essenzialmente,dunque, gli influssi maggiori che hanno caratterizzato la Settimana Santa in Sicilia sono di duplice derivazione:
l’influsso bizantino,
con la nascita delle devozioni popolari e all’interno di esso il movimento francescano con la devozione verso Gesù bambino e, per il nostro tema, verso il Cristo sofferente e il tenero amore verso Maria Addolorata. Il periodo che va dal XIII al XV secolo vide la comparsa delle prime statue dei crocifissi che esprimono la sofferenza e la morte di Cristo.
Il devozionismo a partire proprio da questo periodo si è insinuato profondamente nella coscienza e nelle espressioni di fede dei credenti ponendo le premesse per il nascere e lo svilupparsi anche delle tradizioni popolari siciliane della Settimana Santa.
L’influsso spagnolo,
il periodo che va dalla fine del XVI secolo fino al XVIII secolo. Il dominio degli spagnoli ha contribuito alla strutturazione definitiva dei riti della Settimana Santa in Sicilia.
Per il nostro discorso lo spagnolismo diede vita all’ anticipazione del cosidetto “Sepolcro”(tecnicamente Altare della reposizione) del Signore alla sera del giovedì santo. Risale, al XVI secolo, l’usanza di deporre nel sepolcro l’immagine del Cristo morto,esponendo sopra il sepolcro il SS. Sacramento nell’ostensorio coperto da un velo.
Nacque,così come documentato dal Plumari, l’identificazione dell’altare della reposizione con il Sepolcro. Infatti,sino ad oggi,nella coscienza popolare vi è una dissolvenza di significati tra l’adorazione della “presenza reale-ostia”conservata nel tabernacolo-custodia e del corpo-ostia del Signore conservato nel tabernacolo-sepolcro.
I riti liturgici ed extraliturgici della Settimana Santa trovano il loro culmine nel triduo pasquale in cui avviene un meraviglioso connubio tra liturgia e pietà popolare.
La pietà polare,come scrive Vincenzo Sorce,accentua di più l’immagine, la liturgia, il segno.
Continua il Sorce, è lo stesso popolo,il popolo di Dio,che vive lo stesso mistero e lo esprime con linguaggi diversi.
Nella pietà popolare,l’uomo di Sicilia,in modo particolare nella Settimana Santa,vive ed esprime la partecipazione alla passione ,morte e resurrezione di Cristo,con la totalità della sua struttura antropologica,che è simbolista,fortemente sensoriale:vivendo la dimensione della festività e della tragicità.
Attraverso le foto si coglie “un popolo che esce dalla solitudine,vive la comunione. Dando spazio ai suoi sentimenti,alle sue emozioni,con la totalità del linguaggio corporeo,la gestualità,il canto,gli aromi,i colori,il pianto,il grido”.
L’uomo di Sicilia si rimette in marcia. Si libera dal pianto,grida il suo dolore,la sua angoscia,la sua paura davanti alla morte. Si identifica con l’uomo dei dolori ,appeso alla croce.Da spazio ai suoi sentimenti,piange. Prende contatto con i suoi vissuti,li esprime,li condivide,li grida,li urla. Psicoterapia e salvezza radicale s’incrociano nel Crocifisso,l’uomo dei dolori,l’uomo ferito e la risposta di Dio”.
Il Giovedì Santo,a Vallelunga, vede la creazione,ad opera dei confrati delle tre Confraternite esistenti in paese,(quella del SS.Sacramento,della Madonna del Rosario e di Maria SS. Addolorata) ,nei rispettivi oratori,delle cosiddette CENE. Una creazione che si ripete da decenni e che ha ereditato la tradizione dei “pupi di zucchero” tipica del palermitano.
Vengono create,da ogni confraternita, delle mense su cui vengono deposti 13 agnelli di zucchero di media grandezza,raffiguranti Cristo e i dodici apostoli che celebrano l’ultima cena, accompagnate da 13 pani da cena(dolce tipico pasquale Vallelunghese) insieme a 13 lattughe , cedri, arance e finocchi.
Al centro della tavola,troneggia una statua,sempre di zucchero opera di artigiani palermitani cui le confraternite si rivolgono ogni anno, raffigurante il Cristo Risorto,insieme al pane e al vino,simboli dell’Eucarestia. Ogni anno,per ogni confraternita, vengono sorteggiati 12 confrati tra quelli che hanno pagato l’annualità,ossia la quota associativa.
Quattro dei dodici sorteggiati,per ogni confraternita,vanno a svolgere il ruolo che fù dei 12 apostoli nella messa vespertina “In Cena Domini”,nella quale si ricorda l’istituzione dell’Eucarestia e la carità fraterna. Saranno i protagonisti della lavanda dei piedi. Alla fine della Messa, i dodoci confrati sorteggiati da ogni confraternita,unitamente agli altri confrati e alle loro famiglie ,si riuniscono presso la loro chiesa di riferimento e dopo aver contemplato la bellezza della Cena,ricevono in dono l’ Agnello di zucchero,un pane da cena,un cedro,una lattuga,un finocchio e un arancio che portano a casa. Ai confrati non sorteggiati viene dato un piccolo agnello di zucchero. La sera del giovedì santo si conclude con la visita all’unico “Sepolcro”creato nella cappella del SS.Sacramento della Chiesa madre .L’adorazione eucaristica si protrae sino alla mezzanotte.Chiusa la chiesa avviene,notte tempo,la spogliazione del sepolcro e la preparazione del simulacro del Cristo morto.
Il Venerdì Santo, nella pietà popolare siciliana, emerge il culto della passione e morte di Gesù nella quale la nostra gente si immedesima in partecipazione comunitaria. Ha scritto a tal proposito il Prof. Basilio Randazzo che «la vera pietà di una volta all’anno, raccolta in tutto un anno, si comunica nel dolore della settimana santa, e in particolar modo il venerdì santo si celebra il «Tutto di Tutti», cioè il mistero della Passione, come «prototipo teologicamente unitario con uno stile culturalmente conforme ma con un atteggiamento che varia da comunità a comunità».
Nella pietà popolare del Venerdì Santo, scrive Angelo Plumari, l’uomo di Sicilia vive ed esprime la partecipazione alla passione, morte e resurrezione di Cristo con la totalità della sua struttura antropologica, cosicché un popolo esce dalla solitudine, vive la comunione dando spazio ai suoi sentimenti alle sue emozioni con la totalità del linguaggio corporeo, con la gestualità, con il canto, i colori, il pianto, il grido.
Il venerdì santo è emblematico e paradigmatico come i siciliani si ritrovino e si identifichino nel dolore del Cristo morto, stando muti davanti alla bara, e in quello dell’Addolorata, dinnanzi ai quali sentono che il dolore umano, il loro dolore è stato assunto da Dio.
Durante le processioni del Venerdì santo,il popolo che partecipa “esplode con il linguaggio dei segni:piedi scalzi,canti lancinanti,incensi che bruciano,fiaccole accese,
silenzio pieno di mistero,intensa commozione,profonda meditazione. Si ricompongono celebrazione,gestualità,simbolismo,sensorialità. E’il trionfo dell’opera mistagogica”.
Inoltre la mistagogia dei simboli del Venerdì Santo è estremamente interessante oltre che variegata:la presenza delle confraternite incappucciate o a volto coperto,indacano,secondo B.Randazzo,la perdita di personalità o la comunione nel dolore; Il passo professionale a due passi avanti e uno indietro,ansia di sofferenza,i cilii o candele accese,l’umanità;
la fiamma,la purificazione e la luce della Resurrezione; le marce funebri,l’accentuazione sensibilizzata di stati d’animo in pianto del peccato di Deicidio.
Tutto ciò comunica il fatto che “l’uomo siciliano è celebrante simbolista”. Il Venerdì santo inizia con la visita ai sepolcri, poco conosciuti come altari della reposizione, poiché si continua ad identificare, così come sostiene il Plumari, l’altare della reposizione con il sepolcro del Signore creando, nella coscienza popolare, una identificazione di significati tra l’adorazione della presenza reale-ostia e il corpo-ostia, per cui il tabernacolo è, allo stesso tempo, sepolcro.
I riti extraliturgici del venerdì santo si svolgono secondo quattro tipologie presenti nell’Isola:
1.le processioni funebri del Cristo morto accompagnato dalla Madre addolorata;
2.la processione dei misteri;
3.le processioni in cui si compie la mimesi cronologica degli eventi della passione;
4.la processione del solo Crocifisso
Anche a Vallulunga i riti si svolgono secondo la prima e la terza tipologia: a mezzogiorno si porta il Cristo al calvario,che si trova all’uscita del paese in direzione per Palermo, lo si crocifigge, la sera lo si va a riprendere,lo si mette dentro l’urna e lo si porta,in processione, presso l’oratorio del SS.Sacramento,sito in piazza, seguito dalla Madre addolorata.
In molti comuni dell’isola, tra cui Vallelunga, nella mattina del Venerdì Santo si ripete uno dei riti più antichi e più suggestivi della Settimana Santa in Sicilia. L’effige del Cristo morto viene deposto su un tavolo coperto di drappi rossi e i fedeli si recano presso la Chiesa madre, la Chiesa intitolata alle Anime Sante del purgatorio e la Chiesa del SS. Crocifisso, toccando e baciando la statua del Cristo morto, con una preghiera corale:
Pietà e misericordia Signuri.
Un via vai di persone, in assoluto silenzio e con grande fede e devozione, si nota per le strade di Vallelunga sin dalle prime ore dell’alba. Questo gesto di pietà dura tutta la mattinata e si conclude a mezzogiorno del Venerdì Santo. Nel pomeriggio si svolge la celebrazione liturgica della commemorazione della morte del Signore.
La preparazione dell’urna dove la sera verrà deposto il simulacro del Cristo morto avviene ad opera dei confrati del SS.Sacramento,mentre la vara dell’Addolorata ad opera dell’omonima confraternita che ha sede presso la chiesa del SS.Crocifisso. Alla processione serale,vi partecipa un grandissimo numero di fedeli,con in testa il clero locale e i confrati vestiti con i loro abitini tradizionali. La banda musicale suona marce funebri. Arrivati in piazza,un predicatore rivolge un sermone penitenziale al popolo.
Il Sabato santo,tutta la comunità credente si prepara alla celebrazione della solenne Veglia Pasquale.

Lo spazio dei Fratelli.

cop Sintesi&Proposte 65
Invito conf. confraternite

LO SGUARDO DELL’AQUILA.Elementi biografici di Cataldo Naro Arcivescovo di Monreale.

naro porcasi

PresFirenzeBiografiaNaro

Sul crinale del mondo moderno…..

locandina per Palermo

Presentazione del volume di S.E.Rev.ma Mons.Cataldo Naro:

SUL CRINALE DEL MONDO MODERNO,scritti brevi su cristianesimo e politica.

Sul crinale del mondo moderno:cristianesimo e politica.

SETE DI VERI MAESTRI.

Sacerdoti e laici sulle frontiere dello Spirito a Palermo

di Ferdinando Russo

Una società senza maestri la nostra?

E’ questo un interrogativo, che ci poniamo quando le scuole di Palermo sono devastate,mentre si riducono i posti di organico dei maestri, quando anche dal Governo arrivano inquietanti offensive verbali, ingiurie e sospetti, quando le forze politiche sono in fermento e nascono movimenti e partiti, pur nell’assenza
di possibili successi, quando la Chiesa Italiana si mobilita per l’emergenza educativa ed il laicato avverte l’esigenza di un supplemento di impegno nella formazione religiosa,sociale,politica dei giovani e degli adulti , quando davanti alla crisi economica e della occupazione i segnali di superamento mancano, quando nell’Europa serpeggiano dissapori e disarmonie e la stessa unità del paese è scossa da sintomi di logoramento.
L’emergenza educativa” della società postmoderna è il tema che ha sollevato la Chiesa proponendo, attraverso la CEI, il progetto culturale
esteso al decennale dedicato all’Educazione-(1)
Come sul piano sociale le Encicliche dei sommo-pontefici (3) hanno segnato la storia dello sviluppo
dei diritti dei lavoratori e la difesa della dignità della persona umana, così sul piano etico-valoriale (4) il progetto culturale segna una mobilitazione senza precedenti.
Armando Matteo e Dario Edoardo Vigano, presentando il volume di G.Savagnone (5)Maestri di Umanità alla scuola di Cristo, nella collana “Comunità cristiana linee emergenti, Agorà, scrivono
“L’avvento della cultura pluralista, i nuovi diffusi stili di vita, l’impatto della tecnica sulla natura e sull’umano, l’allungamento della vita umana,la diffusione dei new media, l’evoluzione in senso globale del lavoro e dell’economia, l’intreccio di popoli e di religioni rendono ragione dell’affermarsi nel cuore dell’occidente dell’”emergenza educativa”.

Nell’antichità classica Diogene cercava l’uomo, nel suo mistero, nelle sue nascoste potenzialità creative, alla luce della candela,con un pizzico di ironia,di comprensione per le difficoltà incontrate nel labirinto della vita, lo interpellava, lo esaminava, lo invitava a riflettere
su se stesso e sugli altri. Anche allora una emergenza educativa?
E Socrate non temeva le ingiurie nell’invitare i suoi interlocutori ad interrogarsi, a riflettere, a superare i condizionamenti dell’egoismo e degli interessi e l’uomo, che voleva salvare, l’uccide.
Fu Platone a proseguire il suo insegnamento, a farsi maestro.

Ma nella settimana pasquale abbiamo incontrato il vero Maestro, il Primo in assoluto, mandato a rivoluzionare ed a conciliare il rapporto dell’umanità con Dio e con il prossimo.
Lo ha ricordato papa Benedetto XVI , nei due volumi di riflessioni, che ci consegna su “Gesù di Nazaret”, ove si fa discepolo e descrive il Maestro, non in cattedra, ma per proporre con l’umiltà ,come soggetto di critiche e di rilievi di chi continua la ricerca di Dio in tutti i continenti, secondo l’insegnamento del maestro ,nella sua storicità, nella sua testimonianza eroica e totale fino al sacrificio della croce, che invita gli uomini alla fratellanza ed alla pace, alla giustizia,alla carità che si fa amore, alla comune missione fondamentale dei cristiani (3).

Su tale insegnamento la Chiesa cattolica ci invita a riflettere per intervenire, da discepoli del Maestro, a fronteggiare l’emergenza educativa, come, con chi, con quali referenti, nei nostri giorni.

E si impone, per il laicato, popolo di Dio, con i sacerdoti ed i laici, come ci ricordava Igino Giordani, (6) di essere degni della responsabilità che il battesimo ci consegna ,discepoli aspiranti alla salvezza,annunciata nella Pasqua, con il costo che richiede a ciascuno, quasi a segnare nella storia umana, una svolta che non ammette titubanze, che chiede generosità, donazione, impegno educativo.

Solo così si comprende la ricerca antica di senso, di trascendenza, dei comandamenti sui doveri umani, da quando il cristianesimo ha fatto la sua comparsa,ma da sempre presente nell’intimità di ciascuno, della persona, nel suo divenire e vissuto storico, e confermato nella Chiesa di Cristo.
Ed oggi tale ricerca si manifesta nella sua attualità nei laici dell’associazionismo ecclesiale, consapevoli delle tensioni, dei condizionamenti, di una società smemorata, egoista, che cancella vocazioni e gesti di donazione, che sfugge, per quieto vivere, alle responsabilità civili, che rinuncia alla trasmissione della tradizione e della fede, che corre dietro i falsi idoli della post modernità,alle illusioni di un benessere senza regole, limiti, doveri.

La mobilitazione si rende necessaria, emerge, in Sicilia, nei gruppi e nei movimenti piu’ sensibili e attenti ai bisogni spirituali ed etici, economici e culturali del nostro tempo.

Ne abbiamo discusso partecipando ai convegni, ai dibattiti, alle giornate di spiritualità e di Preghiera del laicato della Chiese di Sicilia, agli incontri della Consulta regionale delle aggregazioni laicali(CRAL), riconvocata a Pergusa dal segretario Generale Avv. Di Pietro Alfio, per il 14 maggio, alla 46 Settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria, registrando i fermenti dei movimenti del volontariato, della Compagnia delle Opere, e delle associazioni del mondo del lavoro, così attenti alla dottrina sociale della Chiesa, ed ai documenti del Concilio Vaticano II e della CEI, così sensibili ai problemi della disoccupazione e della formazione professionale, della solidarietà con i popoli del sottosviluppo, con la crescente povertà di molte famiglie.(7)

Da ciò sorgono molte iniziative, osservate e diffuse dai massmedia, sull’ emergenza educativa, che è entrata nella programmazione decennale della Chiesa cattolica e che
invita a ricercare nuovi e numerosi maestri –discepoli del vero Maestro(8).

Non ci stanchiamo, in tal senso, di apparire ripetitivi, se ricordiamo la scrupolosa fatica intellettuale della Facoltà teologica della Sicilia nel consegnarci l’opera, a cui ha dato la sua professionalità
il prof.Franco Armetta,”Il Dizionario Enciclopedico dei pensatori e dei teologi(9),che comprende i pensatori dell’ottocento e del novecento, i teologi, gli educatori, i Santi, i Beati,le avanguardie del pensiero politico dei cattolici. Emerge la vera identità della Sicilia cristiana, con i suoi valori e le testimonianza dei suoi figli migliori. L’opera servirà al laicato cattolico meridionale nel suo impegno a formare una nuova classe dirigente, evitando di tradire il pensiero, i valori, i fondamenti, i principi, che portarono i cattolici dall’opposizione al governo,
a costruire le nuove istituzioni della democrazia.

Troviamo, infatti, nel Dizionario l’origine di una eccezionale partecipazione al governo ed al dibattito culturale, unita alle esperienze dei cattolici Toniolo, Mignosi, Mangano, Sturzo, Cusmano, Messina, La Pira, Petix, Crifò, Mazzamuto, Sinagra, Corsaro, Suriano, Naro, La Duca, Castagnetta.

Furono costoro i maestri che contribuirono alla formazione delle giovani generazioni del dopoguerra, e dell’ultimo novecento, ancora utili per offrire un contributo ai formatori dell’emergenza educativa dell’inizio del terzo millennio.

Né resta il loro un gesto isolato, storico, passato, se osserviamo gli scritti di “Spiritualità e letteratura” di Tommaso Romano ed il suo recente volume (10) , se rileggiamo la fatica dell’Ottagono Letterario, se osserviamo l’escursus del Premio Pietro Mignosi (11), gli scritti recenti di Giuseppe Savagnone (12),di Salvatore Agueci,(13 ),se consultiamo le annate della Tradizione, di Labor, de Il Dialogo ,di Comunità in Cammino, di Città per l’Uomo, di CNTN ,di Presenza del Vangelo, con Rosario Calò e Nino Barraco, di Segno, de Il Bandolo,i quaderni dell’ASLA, se apprezziamo la ricostruzione del Centro Pitrè fatta dal letterato Elio Giunta (14).
Ed è come ritrovare tra gli altri G.Cottone, Monaco, Ganci, Bruno, Palumbo, Mirabile, Corsaro, Alongi, Muccioli, Mirabella, Mercadante, Pantaleone, Cimino, Ida Rampolla, Zinna, Rivilli, Puglisi, Luzi, Buongiorno, Rigoli, Santangelo.

Ed è lunga la fila degli Editori ,con Mazzoni, Romano, Thule, Il Foglio clandestino,Sciascia di Caltanissetta,Il Bandolo, le Associazioni ed i movimenti, che si offrono per una rinnovata azione educativa, dalla tradizionale Azione Cattolica alla Fuci, ai Focolari, a Rinnovamento dello Spirito,a Comunione e Liberazione, all’Opus Dei, a Presenza del Vangelo,all’Oasi Cana, all’UCAI, con dirigenti generosi e propositivi, con visioni ecumeniche dei rapporti e delle relazioni con i popoli nuovi e con le tradizioni culturali e religiose, più disponibili al dialogo di un tempo.

I nuovi veri operatori, gli educatori, sacerdoti e laici, sulla scia ed alla scuola del Maestro si preparano così al grande compito educativo, culturale, religioso, professionale, etico, artistico, di cui necessita la società del nostro tempo.

E gli storici locali fanno la loro parte. A.G.Marchese rincorre i centenari di Giuliana, li interroga per conoscere i segreti di una vita semplice di lavoro e famiglia. Poi incontra con Giovanni Filippo Ingrassia, il medico ,che si rende vicino agli ammalati poveri e si fa alto il distacco con l’attualità ed i medici che ci mancano (15).

Anche la politica ha bisogno di maestri, tanto che l’ufficio di pastorale sociale e del lavoro della diocesi del cardinale Paolo Romeo, Presidente della CEsi, ha convocato a Palermo presso l’aula magna CEI, al Gonzaga, nella settimana scorsa, illustri docenti nazionali Mauro Barberis, Roberto Gatti, Pietro Barcellona, Giuseppe Savagnone e locali, Giuseppe Notarstefano, Luigi Cavallaio, Eugenio Guccione, Giorgio Scichilone, per trattare il tema del “Ritorno alla politica,idee e personalità” ed il successo all’iniziativa non è mancato.
.
E padre Felice Lupo, nell’auditorium di Sant’Eugenio Papa, ha invitato con M.D’Acquisto e F.Russo, i professori Giuseppe Verde, Franco Teresi e Franco Viola,a dialogare con i laici più impegnati nelle parrocchie dei quartieri di Piazza Europa su temi di politica e sociologia, nell’impatto con il decentramento, il federalismo fiscale e le
istituzioni decentrate, annunciando, per il 30° Anniversario della nuova chiesa e di Comunità in Cammino la Settimana Europea, giunta alla quinta edizione, che si svolgerà a Palermo dal 1° Maggio a domenica 8 Maggio con le conclusioni ed una solenne celebrazione eucaristica presieduta da S.E.R.Card.Paolo Romeo.

Ed agli incontri di formazione tenuti a Piazza Europa ,abbiamo trovato ragazzi, già maturi, giovani universitari, adulti, desiderosi di spendersi, come nei loro anni giovanili, uomini e donne, italiani e/o ancora stranieri , con traguardi pluralistici religiosi e civili, in sintonia, anche se su linee diverse e autonome, per recuperare speranze nella vita, nella famiglia, nelle istituzioni, regionali ed europee, nello sviluppo della solidarietà tra i popoli e della sussidiarietà orizzontale per superare con una diffusa responsabilità sociale alcuni momenti della presente crisi.
.
Sono venuti agli incontri programmati , dalle Parrocchie, dagli Oratori, dai di Centri di formazione professionale, ad incontrare operatori delle banche etiche, della Caritas, delle opere e dei servizi dei movimenti e dell’associazionismo,(ACLI,MCL,CIF,CD,Confartigianato), dalle cooperative del terzo settore.

E ciò è ancora piu’ significativo quando anche lo Stato sembra retrocedere nel dovere costituzionale
di assicurare a tutti il diritto allo studio riducendo il numero dei maestri e le prospettive di un lavoro, mentre i partiti si attardano a porre mano alle riforme elettorali e a dare trasparenza e strumenti di partecipazione ai cittadini e le scuole pubbliche e private parificate subiscono la residua opposizione, che mortifica la libertà dell’insegnamento e le scelte delle famiglie, per un laicismo strisciante, tardo a morire.

Nel contempo maturano a Palermo nel laicato speranzose vocazioni sociali a superare l’isolamento dei pochi a porsi il tema della democrazia politica e quello della partecipazione
attiva, doverosa, responsabile, alla vita delle città ed al governo del territorio, dell’ambiente,delle risorse da utilizzare per l’educazione, l’occupazione e lo sviluppo, senza trascurare l’apporto
sempre più necessario delle donne in movimento per la conquista delle pari opportunità.

Ferdinando Russo
onnandorusso@libero.it

1) CEI-documenti-Educare alla vita buona del Vangelo.Orientamenti pastorali dell’Episcopato
Italiano per il decennio 20101-2020-Roma 4-10-2010

2)Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Libreria Editrice vaticana, 2010,2011

3) Il compendio della dottrina sociale della Chiesa,Tipografia vaticana,
Libreria Editrice vaticana,Città del Vaticano 2004

4) CEI -Il Progetto culturale della Chiesa Italiana,in http://www.progettoculturale.it,www.paolinitalia.it

5) AA.VV,Maestri e Pastori ,Preti a Palermo tra Vaticano I e Vaticano II,con presentazione di Salvatore Di Cristina, e saggio introduttivo di Cataldo Naro,Libreria editrice Il pozzo di Giacobbe,

6) Colomba In Hye Kim, I.Giordani, Il contributo di Igino Giordani alla teologia morale, in nuova Umanità.anno XXXI N.183 Pag.417-436

7) Consulta Diocesana (CDAL) e Regionale Aggregazioni Laicali, (CRAL)
in http://www.cdal-monreale.it, e http://www.chiesedisicilia.org

8) F.Russo in Vivienna, in Google, in Facebook alle voci Laicità, Laici delle Chiese di Sicilia.

9) F.Armetta (a cura di ) AA.VV.Dizionario Enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia Secc.XIX e XX-Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta, Roma ,2010.

10) T.Romano, Ammirate biografie, Incontri e profili di siciliani e non ,con nota introduttiva di Anna Maria Ruta, edizioni Arianna Palermo 2011.

11) Ottagono Letterario,in Premio letterario internazionale Pietro Mignosi,VIII Edizione 2010

12) G.Savagnone, Maestri di umanità alla scuola di Cristo, Per una pastorale che educhi gli educatori, Cittadella Editrice, Assisi, 2010.

13) S.Agueci, La Laicità dei non laici, con prefazione di F.Russo,Effatà Editrice,2010,cantalupa (TO)

14) E.Giunta, Romanzo Letterario palermitano, Memoriale del Centro Cultura Pitrè, Ilapalma,2011

15) C.Naro,La lezione di Pina Suriano

16) F.Russo Laici alla Scuola della Dottrina Sociale della Chiesa a Palermo in http://www.vivienna.it,in http://www.facebook.com alla voce Ferdinando Russo .

17) A.G.Marchese, Giovanni Filippo Ingrassia, Flaccovio Editore, Palermo 2010

L’illuminazione dei Mosaici di Monreale.


Descrizione:
Il progetto di illuminazione degli interni del Duomo di Monreale ha posto questioni tecniche e concettuali di difficile soluzione; riuscire a contemperare alle esigenze della corretta illuminazione dei mosaici e della protezione degli stessi, alle necessità liturgiche e a quelle della fruizione culturale del monumento è stata una sfida professionale unica e stimolante.
L’iter progettuale è stato approfondito in tutte le sue fasi, da quella dell’analisi storico-morfologica dell’edificio, allo studio del comportamento ottico delle tessere musive fi no alla realizzazione di simulazioni digitali e di innumerevoli prove dal vero.
In tal modo si è ottenuto un risultato di altissimo livello, sicuramente ineccepibile dal punto di vista tecnico-normativo e di grande valore culturale.

Contenuto:

PREFAZIONE
– Riflessioni (Piero Castiglioni)

STORIA E ARCHITETTURA
– L’architettura del Duomo
– Storia del Duomo

CRITERI DI PROGETTAZIONE
– L’illuminazione dei luoghi di culto
– Valori di illuminamento

L’ILLUMINAZIONE DEI MOSAICI
– L’illuminazione di superfici musive
– Normativa sulla conservazione dei mosaici

IL PROGETTO PER MONREALE
– Storia della luce nel Duomo
– Le scelte progettuali
– I corpi illuminanti
– Le sorgenti luminose
– Elaborati grafici
– Calcoli illuminotecnici
– Immagini

APPROFONDIMENTI
Bibliografia
Sitografia

Emanuela Pulvirenti, architetto, si è laureata a Palermo nel 1998 con una tesi sull’illuminazione dei centri storici. Nel 1999 frequenta un Master in Light Design presso l’Accademia di Brera a Milano e nel 2001 fonda a Palermo lo Studio Triskeles Associato in cui si occupa di illuminotecnica e design di corpi illuminanti. Nel 2004 consegue il Dottorato di Ricerca in Fisica Tecnica Ambientale con una tesi sull’illuminazione urbana. Ha pubblicato decine di articoli sulle riviste di illuminotecnica Luce e Design, Flare e Luce e ha tenuto lezioni in ambito universitario, al Master in Light Design della Sapienza a Roma e all’Accademia di Brera e presso la Lighting Academy di Firenze. Dal 2004 al 2006 è stata docente di Light Design presso l’Istituto Europeo di Design di Milano; dal 2007 al 2008 ha insegnato Illuminotecnica presso l’Accademia di Belle Arti di Catania. Attualmente vive e lavora a Caltanissetta.
Emanuela Pulvirenti, L’illuminazione dei mosaici di Monreale,casa editrice Alinea.

I PRETI E I MAFIOSI.STORIA DEI RAPPORTI TRA MAFIE E CHIESA CATTOLICA.


Il 2 Luglio del 1960,veniva ordinato sacerdote, dall’allora Arcivescovo di Palermo,Cardinale Ernesto Ruffini,don Pino Puglisi.Oggi compirebbe 50 anni di sacerdozio se la mano armata di Salvatore Grigoli non avesse fermato,barbaramente,la sua vita terrena il 15 settembre del 1993.L’omicidio Puglisi ha scosso fortemente le coscienze non fosse altro perché la mafia alzava il tiro contro la Chiesa. Lo stesso delitto Puglisi non può non essere letto come un giudizio di Dio sulla chiesa palermitana in primis e sulle chiese del sud Italia in relazione proprio al lungo legame tra la Chiesa,parte della gerarchia e la mafia. Proprio a questo argomento è dedicata l’ultima fatica editoriale del Prof. On.Isaia Sales dal titolo:”I preti e i mafiosi. Storia dei rapporti tra mafie e chiesa cattolica”.L’interessante ed avvincente volume affronta il tema delle responsabilità della chiesa cattolica nell’affermazione delle organizzazioni mafiose,esaminando l’apporto culturale che direttamente o indirettamente la dottrina della Chiesa ha fornito al loro apparato ideologico. Come spiegare il fatto,si chiede l’autore,che in quattro “cattolicissime”regioni meridionali si siano sviluppate alcune delle organizzazioni criminali più spietate e potenti al mondo?Come spiegare che la maggioranza degli affiliati a queste organizzazioni criminali, con la patente di spietati assassini, si dichiarino cattolici osservanti?Che rapporto c’è tra cultura mafiosa e quella cattolica?Perchè questo rapporto non è mai stato indagato in sede storica e,invece, è stato sempre smentito o sottovalutato?Fino a pochi anni fa la Chiesa ha taciuto sulle mafie e non le ha mai considerate nemici ideologici. Personaggi come Don Ciro Vittozzi,Don Stilo,Don Agostino Coppola,Fra Giacinto sono stati fortemente collusi con essa. E ancora l’attentato a Mons.Peruzzo,l’eremo di Tagliavia,il santuario di Polsi,i frati di Mazzarino:luoghi ed ecclesiastici avvezzi a complicità e compiacenze. Dopo l’assassinio di Don Puglisi il silenzio è stato,in parte,interrotto. Il volume parla di tutto questo senza intenti scandalistici nella forte convinzione dell’autore che senza il sostegno culturale della Chiesa le mafie non si sarebbero potute radicare così profondamente nel sud del paese. Il successo delle organizzazioni mafiose rappresenta un insuccesso della Chiesa cattolica,ma,al tempo stesso,senza una Chiesa realmente e cristianamente antimafiosa la lotta per la sconfitta definitiva delle mafie sarà ancora lunga.Don Pino Puglisi,sacerdote secondo il cuore di Dio e della Chiesa,ha aperto la strada per un cammino di vera conversione e di rescissione dei legami tra Chiesa e mafie:quanti sono disposti a seguirne l’esempio?

Isaia Sales,I PRETI E I MAFIOSI.STORIA DEI RAPPORTI TRA MAFIE E CHIESA CATTOLICA.Saggi B.C.Dalai editore,pp.367.2010.

La Messa è finita?


La Messa è finita? Quanti italiani vanno effettivamente a Messa o frequentano regolarmente un altro culto religioso? La maggioranza delle indagini è condotta mediante sondaggi. Ma quanti di coloro che affermano di andare a Messa ci vanno poi per davvero? La diocesi di Piazza Armerina – che comprende grossi centri come Enna e Gela e altri più piccoli, e dove i dati non sono eccessivamente inquinati dalla presenza di turisti –, costituisce un “caso medio” ideale per rispondere alla difficile questione. In questa ricerca, unica in Italia per ampiezza di rilevamenti e minuziosa analisi dei dati, coloro che dichiarano nell’indagine di avere una pratica settimanale o più che settimanale – non solo cattolica – sono il 33,6%, mentre i frequentatori rilevati di Messe cattoliche nel week-end prescelto sono il 18,5%. Sarebbe sbagliato – spiegano gli autori della ricerca – considerare il primo dato “falso” e il secondo “vero”. Chi afferma di andare a Messa esprime già un’identificazione religiosa chiara, di cui non si può non tenere conto. L’immagine più adeguata è dunque quella dei cerchi concentrici, dai dominicantes contati alla porta delle chiese ai praticanti dichiarati, e da questi a quel 92,2% degli intervistati che si dichiara comunque cattolico. Ma la storia non finisce qui. Le minoranze religiose infatti in Italia sono spesso più presenti di quanto appaia a prima vista. Una seconda parte della ricerca ha portato a rilevare una per una le numerose minoranze – dai musulmani ai pentecostali e ai Testimoni di Geova – presenti sul territorio: il 3,5% della popolazione, che va aggiunto ai dati precedenti, in una zona dove solo il 3,3% degli intervistati si dichiara non credente.

Presentazione su “Avvenire”, 6 giugno 2010
«Indagine porta a porta. Quella delle chiese» – Intervista a Massimo Introvigne di Laura Malandrino (Avvenire, 6 giugno 2010)

Fare la conta alle porte delle chiese. È il valore aggiunto e originale dell’ultima indagine del Cesnur, la seconda in Italia che si avvale di questo metodo dopo una ricerca analoga nel territorio veneziano pubblicata nel 2006. A livello mondiale solo altri due esempi: la Polonia che da trent’anni ogni anno pubblica uno studio di questo genere e due pubblicazioni negli Stati Uniti. Per capire meglio di cosa si tratta ne parliamo con Massimo Introvigne, direttore del Centro Studi sulle nuove religioni (Cesnur), curatore dell’indagine assieme a Pier Luigi Zoccatelli.

Com’è nata l’idea di questo progetto?
Oggi il tema dell’over-reporting, ovvero che la partecipazione dichiarata ai riti religiosi è maggiore di quella effettiva, è al centro di un dibattito scientifico internazionale – risponde Introvigne –. In questo contesto la «conta» delle persone nei luoghi di culto porta un dato nuovo e significativo, che tuttavia deve essere letto non buttando via gli altri.

Perché proprio la diocesi di Piazza Armerina?
La scelta di questo territorio è stata determinata da due fattori: si tratta di un’area non eccessivamente ‘inquinata’ dalla presenza di turisti che comprende grossi centri come Enna e Gela e altri più piccoli, e quindi che bene costituisce il ‘caso medio’ ideale per rispondere alla difficile questione. Inoltre nel 2008 lo stesso territorio era stato oggetto di una indagine sul pluralismo religioso dalla quale era emerso che l’area rappresenta un caso forse unico non solo nel contesto siciliano e nazionale ma probabilmente europeo per la presenza di ben 28 realtà religiose di minoranza pari al 3,5% della popolazione praticante, contro la media nazionale del 2,1%. Basti pensare alla comunità di pentecostali a Gela che ricorda contesti tipici del continente ibero-americano; senza dimenticare il caso storico della presenza valdese a Riesi.

Quali metodi sono stati utilizzati per il rilevamento dei dati?
Da una parte le indagini telefoniche per rilevare il dato di partecipazione dichiarata. Dall’altra, verificato l’orario dei culti in un weekend dato, circa duecento collaboratori sul campo hanno rilevato le presenze alle porte dei luoghi di culto cattolici presenti nel territorio misurando così la partecipazione effettiva con quella dichiarata.

Cosa è emerso dall’indagine?
Che c’è uno zoccolo duro del 18,3% che era in chiesa la domenica delle rilevazioni, seguito dalla cerchia dei praticanti dichiarati (30,1%), da quella di quanti si dichiarano praticanti non regolari (51,4%) e infine dalla cerchia dei cattolici che si sentono tali, che pratichino o no (92,2%). Al riguardo ci tengo a sottolineare che sarebbe sbagliato considerare un dato vero e l’altro falso. Chi afferma di andare a Messa esprime già un’identificazione religiosa chiara, di cui non si può non tenere conto.

Nel cuore della Sicilia la Messa non è finita
di Laura Malandrino (Avvenire, 6 giugno 2010)Chiese, cappelle, edicole votive, in alcune località anche moschee e templi di altri culti. Basta percorrere i paesini e le città della Sicilia per rendersi conto di come qui la religione sia una componente essenziale della vita e della cultura. Non un semplice museo a cielo aperto. E a dimostrarlo sono i numeri.

Pratica religiosa, parole e realtà
Nella Sicilia centrale il 33,6% dichiara una pratica religiosa settimanale, non solo cattolica. Togliendo il 3,5% di fedeli di altre religioni – dove il numero dei praticanti è la quasi totalità trattandosi per lo più di neoconvertiti – i cattolici che dicono di andare a Messa tutte le settimane sono il 30,1%. Un dato che sale al 51,4% se si allarga il cerchio a quanti si dichiarano praticanti non regolari e al 92,2% se si contano i cattolici che dichiarano di sentirsi tali, anche se nelle 75 parrocchie della diocesi di Piazza Armerina in una domenica-tipo di fine novembre sono stati contati presenti nelle chiese solo il 18,3%.
Sono i dati, in anteprima per Avvenire, emersi dall’indagine “La Messa è finita? Pratica cattolica e minoranze religiose nella Sicilia Centrale” condotta dal Centro Studi sulle nuove religioni (Cesnur) in collaborazione con la diocesi di Piazza Armerina che saranno presentati domani ad Enna. Uno studio per verificare le credenze e le appartenenze attraverso la frequenza ai riti religiosi fondamentali che, per quanto riguarda la Chiesa cattolica, sono la partecipazione alla Messa domenicale e l’accostarsi alla comunione e alla confessione almeno una volta l’anno.

Pasqua, Eucaristia e Riconciliazione
«Non una semplice raccolta quantitativa ma un lavoro sociologico per conoscere lo spaccato demografico e religioso del territorio inteso come ambiente antropologico – spiega il vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi –. Anche se la ricerca ha una sua esigenza conoscitiva di carattere scientifico e un suo valore autonomo, infatti, essa può essere utile come punto di partenza per gli appartenenti alle varie confessioni religiose, ed in modo particolare per i nostri operatori pastorali, per monitorare la situazione religiosa dei vari paesi in vista di una programmazione pastorale organica che parta dall’analisi della realtà per puntare ad una nuova evangelizzazione che si apra al dialogo ecumenico e tenga presente l’importanza del giorno del Signore e dei sacramenti dell’Eucaristia e della penitenza o riconciliazione». In particolare per quanto riguarda il precetto pasquale dall’indagine emerge che il 71,1% lo osserva per la comunione e il 56,7% per la confessione, a cui si aggiunge il 10,9% che dichiara di confessarsi a distanza di anni.

Fra movimenti e confraternite
In relazione al sesso l’analisi dei dati evidenzia una maggioranza femminile sia nella frequenza alla Messa domenicale che nell’accostarsi alla comunione. Tuttavia non mancano vicariati dove la percentuale degli uomini supera la media diocesana del 13%, come Butera dove raggiunge il 28,3%, Gela (15,3%), Enna (15,2%) e Valguarnera (16,7%). Come suggerisce l’indagine a Gela questa maggiore partecipazione maschile si può attribuire alla presenza di nuovi movimenti ecclesiali come il Cammino neocatecumenale, mentre ad Enna alla presenza di 15 confraternite con circa 2.500 aderenti.

L’informazione aiuta a scegliere
A completare il quadro tracciato dall’indagine altri due dati: nel territorio diocesano ogni anno in media «oltre il 98% degli alunni sceglie l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e una percentuale analoga firma per l’8 per mille alla Chiesa cattolica – spiega il vescovo Pennisi – grazie ad una campagna di informazione sull’uso delle somme destinate alla nostra diocesi e di sensibilizzazione che vede coinvolti commercialisti, ragionieri e tutti i patronati sindacali».

L’INIZIATIVA
Domani a Enna la presentazione”La Messa è finita? Pratica cattolica e minoranze religiose nella Sicilia Centrale” . È il titolo dell’indagine condotta dal Cesnur in collaborazione con la diocesi di Piazza Armerina e il contributo dell’Assessorato dell’istruzione e della formazione professionale della Regione Siciliana che sarà presentata domani alle 17 nell’aula magna del rettorato dell’Università Kore a Enna Bassa. Un volume pubblicato da Salvatore Sciascia editore che si chiude con un articolo di Augusto Gamuzza sulla presenza dell’islam organizzato nella diocesi siciliana. Alla presentazione interverranno il vescovo di Piazza Armerina, Michele Pennisi, il direttore del Cesnur Massimo Introvigne e il vice direttore Pier Luigi Zoccatelli, Alberto Maira del Cesnur Sicilia, il rettore dell’Università Kore Salvo Andò, il presidente dell’ateneo siciliano Cataldo Salerno e il preside della facoltà di Scienze economiche e sociali Giacomo Mulè. (L.Mal.)

Massimo Introvigne, sociologo e storico delle religioni di fama internazionale, vice-presidente dell’APSOR (Associazione Piemontese di Sociologia delle Religioni) e reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica, è autore di quaranta volumi e di oltre cento articoli pubblicati in riviste accademiche internazionali sulla nuova religiosità, il pluralismo religioso contemporaneo e il magistero pontificio. È fondatore e direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. Ha diretto insieme a PierLuigi Zoccatelli la monumentale enciclopedia Le religioni in Italia.

PierLuigi Zoccatelli, vicedirettore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, è membro della sezione “Sociologia della Religione” dell’Associazione Italiana di Sociologia e della ESSWE, la European Society for the Study of Western Esotericism. Autore di numerosi libri e articoli su riviste scientifiche internazionali in materia di religiosità contemporanea, i suoi scritti sono stati pubblicati in undici nazioni e sette lingue.

Elogio di una comunità:l’infiorata di Borgetto!


La solennità del Corpus Domini (espressione latina che significa Corpo del Signore), più propriamente chiamata solennità del santissimo Corpo e Sangue di Cristo, è una delle principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa cattolica. Si celebra la Domenica successiva alla solennità della Santissima Trinità Rievoca, in una circostanza liturgica meno carica, la liturgia della Messa in Cena Domini del Giovedì Santo.
Venne istituita l’8 settembre1264 da papa Urbano IV con la Bolla Transiturus de hoc mundo in seguito al miracolo di Bolsena; nacque però in Belgio nel 1246 come festa della Diocesi di Liegi. Il suo scopo era quello di celebrare la reale presenza di Cristo nell’Eucaristia.
In alcune località, (per esempio a Genzano di Roma, la stessa Bolsena patria dell’evento, Spello- classificatasi nel 2002 come infiorata più bella d’Europa- Pievepelago e Fiumalbo in Provincia di Modena, Spotorno, Dasà, Itri, San Pier Niceto), lungo il percorso della processione viene realizzata l’infiorata, un tappeto naturale costituito da petali di fiori. Alcune tradizioni, vogliono che i petali utilizzati per la realizzazione delle opere floreali, debbano essere freschi e raccolti all’albeggiare.
L’eucaristia è strettamente collegata con la Pasqua, con la morte e risurrezione di Gesù. Il fatto fondamentale che collega i due avvenimenti è l’ultima Cena: fondante l’eucaristia e annunciante la Pasqua. Cristo celebra la pasqua ebraica, ma le dona un nuovo significato. L’antica alleanza tra il popolo di Israele e Dio sul monte Sinai fu suggellata con il sangue di un sacrificio; così anche la nuova e definitiva alleanza del nuovo Israele è suggellata dal sacrificio di Cristo, vero Agnello che “toglie il peccato del mondo”, che “riconcilia l’umanità col suo creatore”. Nella cena pasquale ebraica, consistente in azzimi ed erbe amare, si assisteva al ricordo della liberazione dall’Egitto e degli eventi dell’esodo stesso. Nella cena pasquale cristiana – l’eucaristia appunto – si assiste al ripresentarsi vivo e vero della passione morte del Figlio di Dio, che libera del peccato e “riconcilia nel suo amore il mondo intero”. Perciò Gesù dice: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”: si tratta della nuova Pasqua dell’Agnello.
L’apostolo Paolo di Tarso scrive: “Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice voi annunziate la morte del Signore finché egli venga”. È necessario soffermarsi in modo particolare sulla comprensione dell’eucaristia come memoriale (anamnesi): questo termine nel contesto biblico – quindi con il termine ebraico “zikkaron” – indica azioni rituali riferite ad un evento (salvifico) passato in grado tuttavia di attualizzarlo, rendendolo presente ai celebranti nelle sue stesse dimensioni salvifiche, e proiettandolo anche verso il futuro.
E nella concezione memoriale le confessioni cristiane trovano consenso nell’affermazione: “L’eucaristia è il memoriale di Gesù crocifisso e risorto, cioè il segno vivo ed efficace del suo sacrificio, compiuto una volta per tutte sulla croce e ancora operante in favore di tutta l’umanità” (Battesimo, eucaristia, ministero, documento ecumenico di Lima, 1982).
L’intero complesso della celebrazione eucaristica (e dunque liturgia della parola e liturgia eucaristica) è il memoriale di tutto il mistero di Gesù, centrato nella sua morte e risurrezione; la preghiera eucaristica è, in modo particolare, pervasa dal tema del memoriale.
Secondo la chiesa cattolica, nelle specie consacrate del pane e del vino, dette anche Santissimo Sacramento dell’Altare, vi è la presenza reale di Cristo stesso, in corpo, sangue, anima e divinità. La continua ri-attualizzazione di questo grande mistero avviene mediante l’azione dello Spirito Santo. Per i cristiani cattolici e ortodossi la stessa messa è effettivamente la rinnovazione dell’ultima Cena (ovvero “la sua continuazione in una Comunione di Santi che unisce i presenti alla messa a chi è morto cristianamente prima di loro”). Il sacerdote che celebra l’eucaristia, agendo in persona Christi, invoca la potenza dello Spirito Santo. Secondo la Chiesa cattolica, avviene così la transustanziazione, ovvero il cambiamento “oltre la sostanza” (trans-substantia) del pane e del vino in corpo e del sangue di Cristo. Per i cristiani cattolici ogni eucaristia, in quanto memoriale dell’evento sacrificale di Cristo, è sacrificio in modo attuale: la Chiesa lo considera dono del Signore e ne fa il suo sacrificio. Per questo invita i fedeli ad offrire se stessi a Dio in ubbidienza e devozione, perché – come ancora Paolo scrive – “chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini sé stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”. In quanto comunione alla Cena del Signore, nell’eucaristia i fedeli trovano il fondamento, la fonte ed il vincolo dell’unione fra loro e con Cristo.

Ogni anno la Chiesa Madre di Borgetto,guidata dall’arciprete don Antonio Crupi,celebra la solennità del Corpus Domini cercando di vivere quanto scritto al n.61 del documento Eucarestia,Comunione e Comunità, della Cei del 1983:
“Non si può essere Chiesa senza l’Eucarestia. Non si può fare Eucarestia senza fare chiesa. Non si può mangiare il pane eucaristico senza fare comunione nella Chiesa”.
Pertanto, la comunità cattolica borgetana da parecchi anni crea,in omaggio al Cristo eucaristico,una bellissima infiorata,la quale vuole essere da stimolo per riflettere sul fatto che:”molti cristiani vivono senza l’Eucarestia,altri fanno l’Eucarestia ma non fanno la Chiesa,altri ancora celebrano l’Eucarestia nella Chiesa,ma non vivono la coerenza dell’Eucarestia.”(ib.n.61)
Riprendendo S. Cipriano il Concilio Vaticano II afferma che “ la Chiesa è un popolo adunato nell’unita’ del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” (LG. 4) . La stessa parola “ Chiesa” significa assemblea e proprio l’assemblea eucaristica manifesta la natura della comunità cristiana che è convocazione: essa è risposta ad una chiamata ,è accoglienza di un dono .La celebrazione eucaristica vede il riunirsi insieme dei fratelli ,in comunione con tutta la Chiesa .
In quest’ottica,tutta la comunità parrocchiale si prodiga per realizzare l’infiorata. Un momento in cui tutti,Arciprete in testa,sudano sette camice per portare a termine l’opera. L’infiorata di Borgetto dice anche che la comunità parrocchiale ha imboccato un cammino di crescita spirituale grazie anche alla guida saggia dell’Arciprete molto avvezzo al grembiule e non allo scettro. Una comunità che riflette sulla sua identità religiosa specifica e che con spirito di umiltà e fraterna collaborazione cresce. L’Eucarestia crea la comunità! Ed è per questo che il “tempio” di Borgetto(dedicato a Santa Maria Maddalena) è stato,pian piano,restaurato e abbellito sempre di più. Dio è Bellezza e la sua “casa”non può non essere bella. Di recente la creazione della penitenzeria e della porticina aurea del tabernacolo. Momento forte la solennità del Corpus Domini,con la creazione anche degli altari devozionali lungo il percorso della processione, che unitamente al Venerdì Santo e alla festa di San Giuseppe,con la creazione delle mense,costituisce una trilogia inscindibile del vissuto della comunità della chiesa madre di Borgetto.

Ciminna-Baucina(Pa):festa del SS.Crocifisso(Maggio 2010).

LE FESTE DELLA Santa Croce.
I libri liturgici attuali ne hanno due: In Inventione S. Crucis (3 maggio) e In Exaltatione S. Crucis (14 sett.).
Le feste seguirono lo sviluppo della devozione alla reliquia della S. C., che ebbe origine col suo ritrovamento. L’anno di questo avvenimento resta incerto. La Cronaca alessandrina lo assegna al 320, il Lib. Pont. al 310 (I, p. 167), la Dottrina d’Addai la riporta addirittura al tempo di Tiberio (14-37). La Peregrinatio Aetheriae (ca. 394) la suppone avvenuta prima del 335, ma Eusebio nella Vita Constantini, scritta nel 337 non ne parla affatto. Il primo documento sicuro è la testimonianza di s. Cirillo di Gerusalemme nella Cathech., XIII, 4: PG 33, 775; scritta nel 347. Meno informati ancora si è sul giorno della Inventio. Da notarsi però che la Cronaca e la Peregrinatio danno il 14 sett. e questo è stato causa di non poca confusione per l’individuazione delle due feste nei documenti.
Storicamente la festa liturgica dell’Exaltatio precede quella della Inventio. L’origine è palestinese, anzi locale di Gerusalemme e deve ricercarsi nell’annuale celebrazione della dedicazione (avvenuta il 13 e 14 sett. 335) delle due basiliche costantiniane dell’Anastasis e del Martyrion. La festa giunse a grande celebrità. Alla fine del sec. IV la Peregrinatio parla di moltitudini di monachi, episcopi (fino a 40 e 50), clerici, saeculares, tam viri quam feminae, che per otto giorni continui accorrevano da tutte le parti dell’Oriente per prendervi parte. Essa non cedeva in nulla alle feste di Pasqua c dell’Epifania (Peregrinatio ad loca sacra, cap. 48, in Itinera, ed. Geyer, p. 100). Con il tempo s’incominciò a fare una solenne ostensione delle reliquie della vera C., sicché a poco a poco questo rito diventò l’oggetto principale della solennità, facendo dimenticare quasi del tutto la dedicazione. Alessandro di Cipro (sec. VI) la designa esattamente con il nome poi rimasto: Exaltatio praeclarae Crucis (PG 86, 2176).
Da Gerusalemme la solennità si diffuse in molte chiese orientali, specie dove si possedeva una reliquia della vera C., come a Costantinopoli, ad Apamea e ad Alessandria.
Per l’Occidente la prima testimonianza d’una festa liturgica della S. C. si trova nella biografia di Sergio I (687-701), nella quale si legge: Qui etiam ex die illo pro salute humani generis ab omni populo christiano die Exhaltationis Sanctae Crucis in basilicam Salvatoris, quae appellatur Constantiniana, osculatur et adoratur (Lib. Pont., I p. 374).
Il testo lascia intendere che la festa era già celebrata prima di Sergio; probabilmente dapprima nell’oratorio della S. C. al Laterano, poi nella basilica Sessoriana Sanctae Crucis in Hierusalem. Ma non si deve andare molto indietro, come mostra l’incertezza dei documenti nel segnalarla: p. es., si trova nel Sacramentario gelasiano (metà sec. VIII; cf. ed. Wilson, p. 198), ma manca nel manoscritto di Epternach del Martirologio geronimiano, eseguito da un vescovo consacrato da Sergio I (cf. Lib. Pont., I, p. 387, nota 29). Alla festa Sergio dovette aggiungere la solenne ostensione e adorazione della C. conservata nel Sancta Sanctorum del Laterano di cui parla il testo riferito, cerimonia attestata ancora nell’Ordo di Cencio Camerario al principio del sec. XIII.
Mentre a Roma s’affermava la festa dell’Exaltatio, fissata al 14 sett., nelle Gallie s’era introdotta, e con successo, una festa Inventionis Sanctae Crucis stabilita al 3 maggio. Pare che essa entrasse nelle chiese gallicane nella prima metà del sec. VIII: non si trova nei Sacramentari leoniano (sec. VI) e gregoriano (sec. VII), non ne fa cenno Gregorio di Tours (593-94), così abbondante in simile materia, manca nel Lezionario di Luxeuil (fine sec. VII). La riportano invece i manoscritti del Martirologio geronimiano di Wolfenbüttel (772) e di Berna (di poco posteriore), i calendari mozarabici, i Sacramentari gelasiani del sec. VIII (cf. P. de Puniet, Le Sacramentaire romaine de Cellone, Roma [1938], pp. 92*-93*; Sacramentarium Pragense, ed. A. Dolci, Beuron 1949, p. 71).
La data del 3 maggio fu suggerita, a quanto sembra, dalla leggenda di Giuda Ciriaco, vescovo di Gerusalemme (BHL, 7022). Il Missale Gothicum (secc. VII-VIII) e quello di Bobbio (sec. VIII) mettono la festa tra l’ottava di Pasqua e le Rogazioni, senz’altra indicazione. Il Reg. 316 e il Pragense hanno già la data del 3 maggio. In sostanza i due calendari, il romano e il gallicano, avevano una propria festa della S. C. in date diverse e ambedue sono rimaste nei libri liturgici quando questi, emigrati in Gallia, ritornarono a Roma con le note aggiunte c trasformazioni.
Anche il formolario liturgico delle due feste ha risentito delle loro vicende. L’ufficiatura della Exaltatio è di evidente fattura romana: lo mostra tra l’altro l’antifona: O magnum pietatis opus, tratta dall’epigrafe metrica di papa Simmaco (498-514) per l’oratorio della S. C. in S. Pietro, e l’altra Salva nos, Christe, che ricorda lo stemma della medesima basilica (cf. U. Mannucci, Per la storia dell’ufficio della S. C., in Rass. Gregor., 1910, col. 249). Le lezioni narrano il recupero della S. C. dalle mani dei Persiani, avvenuto nel 665 sotto Eraclio.
L’ufficiatura dell’Inventio, invece, è gallicana. Le antifone del sec. XII accennavano alla leggenda di Giuda Ciriaco e furono soppresse da Clemente VIII (1592-1605) “quia historiam continebant dubiam” e sostituite dalle attuali (v. l’antico formolario in Tommasi, Opera, t. IV, p. 250). Le lezioni rimaste raccontano il ritrovamento della C. fatto da s. Elena. La Messa è di classico tipo gallicano (cf. G. Manz, Ist die Messe de Inventione S. Crucis im Sacram. Gelas. gallischen Ursprungs?, in Ephem. lit., 47 [1938], pp. 192-96).
Nel 1741 la Commissione nominata da Benedetto XIV per la riforma del Breviario stabili di sopprimere la festa del 3 maggio, ma l’intero progetto, com’è noto, fallì e anche le due feste della S. C. sono rimaste finora al loro posto.
(Annibale Bugnini, Croce nella liturgia in ENCICLOPEDIA CATTOLICA)

Dunque,anche in Sicilia da secoli,si festeggia il 3 di Maggio la festa della INVENTIO CRUCIS.Solamente in qualche comune,come ad es.Carini(Pa),si continua a celebrare l’exaltatio crucis il 14 settembre.
In molti comuni dell’isola,la festa del 3 di maggio è caratterizzata anche da eventi di pietà popolare.Come la bardatura dei muli carichi di bisaccie ripieni di grano e coperti da drappi rossi o di altri colori,ricamati a mano,che ripropongono scene della vita di Cristo,come la sua crocifissione o la sua deposizione dalla croce o simboli eucaristici.I muli,dopo adeguata bardatura,vengono fatti sfilare per le vie dei paese che mantengono,ancora oggi questa tradizione(Ciminna-Baucina-Mezzojuso) e alla fine della sfilata,come ad es.a Ciminna,i muli si ritrovano davanti la chiesa, da dove uscirà l’effige del SS.Crocifisso per la solenne processione serale,a fare la c.d. “firriata“.Una sorta di girotondo per la piazza come omaggio al SS.Crocifisso.A seguire i muli,specie in via d’estinzione,tanti bambini,ragazzi,giovani,uomini e donne a cavallo di giovani giumenti o cavalli adulti,recanti in mano un ex voto.

Preti pedofili.


Secondo Benedetto XVI la tragedia dei preti pedofili ha fatto più danni alla Chiesa delle grandi persecuzioni, di cui pure la storia è piena. La colpa, anzitutto, è degli stessi preti pedofili, «vergogna e disonore» per la Chiesa secondo le parole del papa. Sulla base della Lettera ai cattolici dell’Irlanda di Benedetto XVI, riprodotta in appendice, e di anni di ricerche sociologiche sul tema Massimo Introvigne si chiede come una simile sconcertante vicenda sia stata possibile nella Chiesa, e concentra la sua attenzione sulla rivoluzione e la contestazione contro la morale degli anni 1960 all’esterno e all’interno del mondo cattolico. Dalla triste realtà dei preti pedofili Introvigne distingue però l’amplificazione del loro numero attraverso statistiche fasulle, e il sospetto generalizzato ingiustamente gettato sui sacerdoti nel loro insieme, sulla Chiesa e su Benedetto XVI da una lobby laicista, i cui argomenti sono sistematicamente smontati con il rigore del sociologo e la passione del cattolico che si sente vicino a un papa addolorato e calunniato.

MASSIMO INTROVIGNE, sociologo che ha al suo attivo trent’anni di studi e oltre quaranta volumi dedicati in particolare al pluralismo religioso e ai casi di violenza collegati alla religione, dirige a Torino il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), una delle maggiori istituzioni mondiali che si occupano di rilevare e descrivere i fenomeni religiosi in Italia e nel mondo. È vice-presidente dell’APSOR (Associazione Piemontese di Sociologia delle Religioni) e vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica.

ROSARIO LA DUCA:GUIDA AGLI SCRITTI.

PRESENTATO IL SOGNO di ROSARIO LA DUCA IL MUSEO DELLA CITTA’ DI PALERMO NEL SAGGIO BIBLIOGRAFICO DI FRANCESCO ARMETTA.

di Ferdinando Russo

L’istituzione della “Cattedra per l’Arte cristiana in Sicilia-Rosario La Duca “, presso la Facoltà Teologica di Sicilia ,voluta e promossa dall’arcivescovo metropolita Ecc.za mons.Salvatore Romeo ed aperta con le prolusioni dei proff. H.Pfeiffer e C.Valenziano ,ha preceduto la presentazione del volume di Franco Armetta sull’imponente lascito culturale dell’ing.La Duca sulla città di Palermo,ora scientificamente e organicamente raccolto. Si è dato così l’avvio all’inaugurazione di una di una stagione di attività della cattedra con una serie di eventi organizzati dal Preside dell Facoltà Prof.Don Rosario La Delfa, con la prima pubblicazione del voluminoso saggio di Armetta, docente e segretario della Facoltà dal titolo ,”Rosario La Duca,Guida agli scritti “(1). Si tratta di significativi contributi offerti dalla Chiesa di Sicilia alla Settimana nazionale della Cultura.

Le iniziative ,che si collegano all’apertura dei Musei diocesani ed all’orario flessibile di chiusura delle chiese, per i fedeli ed i visitatori, auspicato e realizzato dal volontariato e dalle confraternite laicali, non appaiono cosi’ isolate e provvisorie , mentre non sono nuove le pubblicazioni del Centro per lo studio della storia e della cultura della Sicilia “Mons.A.Travia “, che cura la collana Storia e cultura di Sicilia, poichè sviluppano un programma scientifico-culturale di offerte alla comunità.
Tra queste l’annuncio dell’imminente pubblicazione del “Dizionario enciclopedico dei Pensatori e dei Teologi di Sicilia dei secoli:XIX e XX “, in cinque volumi ,anch’essa curata dal prof. Francesco Armetta. (2)

Le citate manifestazioni rappresentano le espressioni piu’ vivaci e significative, di una chiesa locale, che vede i suoi laici e i religiosi impegnati in attività scientifiche e culturali, volte alla comunità e sviluppatesi attorno alla ormai apprezzata Facoltà teologica di Sicilia, che ha registrato la sua crescita nell’area mediterranea ed i suoi servizi , attraverso i contributi e la guida dati da illustri presidi, quali C.Valenziano, S.Di Cristina, C.Naro,A. Raspanti .ed ora La Delfa sostenuti, nella loro fatica, dagli illuminati Pastori e Gran Cancellieri della Facoltà: Pappalardo, De Giorgi e Salvatore Romeo.

Ed è indicativa notare la partecipazione del laicato intellettuale isolano alla vitalità culturale ecclesiastica e teologica della chiesa, nell’ambito promozionale della ricerca e dell’amore per i beni culturali delle città, come è emersa alla presentazione del volume di F.Armetta da parte dello storico dell’Arte e pubblicista, prof Sergio Troisi, del prof.Francesco Lo Manto, della direttrice della Biblioteca della Facoltà, prof.Francesca Massaro ,dal prof.C.Scordato e dall’instancabile autore, presenti e intervenuti all’inaugurazione della nuova collana di ricerche proposta i istituita proprio dalla Cattedra R.La Duca.

La scelta del Prof.Rosario la Duca- ,laico ,e inizialmente non credente (termine forse improprio se si riflette sull’opera, la vita e la decisione) ,di legare alla Facoltà Teologica di Sicilia il destino della sua ricerca storica e del patrimonio culturale da lui amorevolmente raccolto, conservato e valorizzato- è descritta nella presentazione del saggio dal preside della facoltà La Delfa.

Come si evince dal volume di Armetta, il prof ing.Rosario la Duca testimonia il significativo e recente gesto di un laico della Chiesa di Palermo, con -un atto coraggioso del “credere”, che tutto in ultimo abbia un senso-,o come soleva ripetere il prof.La Duca al cugino Gaetano Lo Manto,”del credere in chi veramente crede” mentre dichiarava in una nobile intervista a G.Bonanno.sulla Facoltà Teologica:”Gli uomini che la dirigono e che vi insegnano credono veramente nella cultura.”

Questo storico”anomalo” ,come lo ha definito il Prof.Troisi, ha amato la città di Palermo ,come i suoi figli illustri ( Salomone, G.Pitrè, E.Onufrio, Gaston Vuiller, Luigi Natoli, Basile, Culotta, Urbani, Mignosi, Mangano, Fatta , Petix, Sinagra, Mazzamuto, Crifò, Albanese, Averna, Caramella, Riccobono, Palumbo ) senza legami di rigida appartenenza con le correnti storiche del tempo, con la passione civile per mettere a servizio degli altri tutte le sue conoscenze.. .

Con il suo gesto verso la Facoltà Teologica ,infatti, Rosario La Duca, come ha ricordato La Delfa, nella citata presentazione,-permette che la conoscenza da lui perseguita non si esaurisca in se stessa o in lui medesimo, ma continui nella comunicazione agli altri con le sue intuizioni, con la ricerca di “ulteriorità” della storia e con l’intuizione che la storia non possa contenere da sola la sua domanda.
Culturale e religiosa diventano così non semplici sinonimi l’uno dell’altro,ma condizioni ultime dell’essere di una domanda dinanzi alla sua risposta.
L’atto di Rosario la Duca ,anche nella sua esemplare decisione e fiduciosa magnificenza, non è e non resterà isolato..
Ha precedenti eloquenti, basta ricordare il Fondo Caramella , accompagnato,di recente, dal gesto della sorella del Prof.Antonino Castagnetta, la sig.ra Cav.Rosa, di consegnare il patrimonio librario del fratello, docente e filosofo rosminiano dell’Università di Palermo ,e già dirigente dell’Azione Cattolica, alla Biblioteca della facoltà di Teologia..
Né vanno dimenticate l’ azione testamentaria del prof.Benedetto Messina ,artista multiforme di Monreale ,(4) tra i fondatori dell’UCAI e del Serra Club , che ha donato, attraverso la Caritas, parte del suo patrimonio ai ragazzi e molte sue opere museali al Comune; le mostre dei soci dell’UCAI di Palermo ,su opere ispirate dal Vangelo e dalle condizioni sociali dei quartieri periferici, presentate in molte città della Sicilia; l’iniziativa della giornalista Giulia Di Maggio Sommariva di donare i diritti della pubblicazione- del volume “Palermo cento chiese in ombra”(5) al Seminario Arcivescovile; la mostra della Galleria Studio 71 della Via Crucis degli artisti palermitani,.
che hanno offerto le loro opere di ispirazione religiosa al Museo diocesano.Ed è questo un sentirsi pienamente Chiesa di tanta parte del “laicato “post conciliare ,responsabilizzato dalla gerarchia nelle attività culturali e artistiche e anche in quelle civili, come sarà presto evidenziato dall’enciclopedia di F.Armetta (3) ,la cui pubblicazione è stata annunciata per il 17 Giugno. Il dizionario rappresenta,infatti, un imponente documento culturale su 1000 autori , 160 collaboratori ,programmato e curato dal Nostro, in anni di lavoro e di ricerche a servizio della città di Palermo,quasi primo emulo dell’insegnamento di La Duca, per costruire il futuro dell’Isola , ricordando il suo passato e quello dei suoi pensatori ,filosofi,teologi, spiriti eletti e creativi. E la Sicilia con la sua Palermo, sconosciuta, dimenticata, “felice”,con “la città perduta”,e passeggiata”,(titoli di sue opere 2001-2003), segreta, “cercata”, ammirata ,denigrata e disamata spesso da molti suoi concittadini, la Sicilia del poeta Ignazio Buttitta, e di Albanese, di Cottone, di Muccioli, Crifò, Mazzamuto, e dei contemporanei :Elio Giunta, G.Giacopelli, A.Gerbino, N.Romano,T.Romano, F.Luzzio, N.Alongi, A.G.Marchese, N.Balletti, F.Alaimo, Bonfiglio, N.D’Aquila, F.Vitali, O.Campanella, con una storia tante volte dilapidata ,con il sacco e lo scempio di opere, luoghi, monumenti, scritti, archivi, con le magnifiche tele “incarcerate” nei palazzi della giustizia o della burocrazia, o depositate nei magazzini delle Sovrintendenze, acquisterà una identità più complessa, stratificata, ritroverà testimonianze e valori e formerà un tessuto culturale di conoscenze apprezzabili,di speranze,su cui costruire il futuro.
Lo voleva La Duca., con i suoi allievi, con gli estimatori, presenti alla manifestazione in suo onore, M.Silvestri, S.Butera, S.Di Prima, P.Balistreri, F.Russo, F.Magno, S.Cambria, C.Barbera, Vacca, Lima, Scuderi, Riccobono, Antonia ,Giuseppa, Olga e Salvatore Armetta, G.Lo Monte, U.Russo, E.Guccione e tanti docenti della Facoltà.

Nel volume di Armetta troviamo ora l’indice commentato, nelle diverse tipologie, delle ricerche di La Duca : scritti di denuncia e di amore , progetti, documenti, stampe, introduzioni, presentazioni, prefazioni disegni, bibliografie,monografie e opuscoli, articoli pubblicati in riviste,in opere collettanee, nel” Giornale di Sicilia”,e nel “L’Ora”, curatele di opere,note di risposta agli alunni delle scuole cittadine .E qui,scrive Armetta,-la risposta è quella di un grande spirito educativo,di uno che ama la sua città e che trova i modi opportuni per farla amare anche ai giovani-.

Ora resta l’invito e la curiosità a ripercorrere e rileggere :“La Cartografia generale della città di Palermo e antiche carte della Sicilia(1975),Palermo ieri e oggi, (1990-1997) ,Il repertorio bibliografico degli edifici religiosi di Palermo,Gli edifici entro le mura e fuori le mura (1994-1997).

Armetta ci introduce e ci conduce, con gli scritti di La Duca ,a scoprire la città, ad amarla,offrendoci una guida della “città fantasma”, (ironia di La Duca), ma ricca, completa,.osservata in ogni suo angolo,strade, ,piazze, chiese, conventi ,ville, mercati, teatri,
da un analista scrupoloso,da un ingegnere di talento,da un figlio amoroso che non vuole piangere sulle rovine della storia ma far rivivere tutte le opere della creatività umana .

Ed infine il Nostro autore ci fa conoscere, nel suo magnifico saggio, il sogno che R.La Duca gli confida e che ha inseguito per decenni : il sogno progettuale del “Museo della Storia della città “per prenderne tutti coscienza con la comprensione del presente per realizzare il cammino di sviluppo sostenibile.

Ad altri, la realizzazione. Gli assessori delle istituzioni locali e regionali delle Settimane della Cultura non saranno insensibili alle provocazioni progettuali che attendono ora promotori ed esecutori .

Nella Biblioteca di R.La Duca ,custodita ora nel Fondo bibliotecario omonimo ,dalla Facoltà Teologica ,sono attesi studenti e ricercatori delle Università per l’esame dei numerosi ulteriori inediti , di architettura religiosa ,di toponomastica, di bibliografia delle città siciliane, ed altri scritti utili ad evitare il dissesto delle città di domani.
Il curatore degli scritti , Armetta che li ha raccolti, con la passione dello scienziato, del filosofo,del teologo, ne sarà orgoglioso e li accompagnerà con le sue opere e pubblicazioni, che già consegnano agli studiosi ed agli operatori culturali il cammino del pensiero di un “laicato” presente nella Chiesa di Sicilia e non sempre conosciuto e stimato..

Ferdinando Russo
onnandorusso@libero.it .

1)F.Armetta ,Rosario La Duca,Guida agli scritti,Salvatore Sciascia Editore,Caltanissetta,Febbraio 2010-

2)Centro per lo studio della storia e della cultura di Sicilia, della Facoltà Teologica di Sicilia,,Notiziario N.4,dicembre,2006

3)F.Armetta, Dizionario Enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia Secc.XIX e XX,in cinque volumi ,Caltanissetta-Roma,2010

4)F.Russo ,Benedetto Messina in http://www.Vivienna.it aprile 2010, e http://www.google.it

5)G.Sommariva Cento Chiese in ombra,FlaccovioPalermo

6)S.Troisi in Repubblica,Aprile 2010

7)F.Russo,Pietro Mazzamuto ,I due ladri, Memeo, Il diavolo e l’Olio Santo,in CNTN -Annate -2003-2004-2005-2006-2007,e in particolare in Anno VI,n.19,gennaio http://www.vivienna.it,www.google.it; http://www.yuotube.com alla voce Pietrp mazzamuto

8)E.Giunta ,La mia città ,pirali,Firenze,2006

9)G.Bonanno ,Intervista a Rosario la Duca, in Dimensione Sicilia,Anno2, N.1, Gennaio 84

Bruno Ridulfo:il sindaco pittore di Corleone.


BRUNO RIDULFO
IL SINDACO PITTORE DELL’AZIONE CATTTOLICA
DA RICORDARE NELLA SETTIMANA DELLA CULTURA
UNA PROPOSTA PER UNA MOSTRA ANTOLOGICA ALLA MEMORA DEL SINDACO E ARTISTA AUTODIDATTA PER BISOGNO E VOCAZIONE

di Ferdinando Russo

La settimana della cultura, promossa nel Paese, aprendo musei e monumenti, spesso chiusi o non visitabili, o pienamente fruibili, stimola ogni realtà o istituzione locale ad una riflessione sui patrimoni artistici nascosti o comunque non ancora divenuti coscienza diffusa delle identita, e del valore delle eredità delle opere lasciate da molti spiriti eletti.
Su costoro non può e non deve cadere l’indifferenza delle comunità.Da qui la proposta per una mostra antologica alla memoria di Bruno Ridulfo, sindaco e artista autodidatta, per bisogno e vocazione.

Ammirevoli in questo senso il Convegno promosso, nelle terre sicane e del Belice a Campofiorito, dal sindaco Giuseppe Sagona e dallo storico A.G.Marchese sul patrimonio storico e identitario delle piccole comunità e la Giornata dedicata a Antonino Ferraro, organizzata a Castelvetrano dal sindaco Pompeo e dall’Assessore Calcara, nel quattrocentesimo anno dalla morte dell’artista e nel quadro delle celebrazioni Ferrariane, proposte da docenti e studiosi delle opere lasciate nel territorio siciliano dalla dinastia dei Ferraro, come è avvenuto a Corleone, per la statuaria religiosa in legno e prossimamente è prevedibile a Burgio, a Caltabellotta, a Mazara, a Trapani .
Ed è proprio la recente manifestazione di Corleone che ci porta, durante la settimana della cultura, a segnalare agli amministratori di questa città ed ai proprietari di sue opere un artista che non va dimenticato: Bruno Ridulfo (1929-1998) .
E’ stato un pittore molto amato dai corleonesi, che ne conservano i quadri, andati sempre a ruba nelle mostre organizzate in Italia ed all’estero, ed il suo ricordo permane nelle istituzioni culturali e tra le associazioni degli emigranti con le mostre a NewJork, in Svizzera e in Germania.
Quando la fama delle sue pitture raggiunse l’estero, negli ultimi anni della sua attività, avvenne che nell’estate di ogni anno arrivavano nella sua abitazione di Corleone i galleristi d’oltre oceano ed acquistavano in blocco tutta la sua produzione.

Era ricercata dagli emigranti del corleonese e non interessava il prezzo d’acquisto.
Più volte gli proposi un’antologica delle sue opere migliori e l’invito a fotografare i quadri che allestiva, ma l’umiltà di certi artisti non ammette l’autoesaltazione e non riuscivo a strappargli che qualche catalogo stampato in fretta, come in fretta percorreva la sua esistenza.
Ridulfo partecipò, da protagonista, negli anni ottanta del secolo scorso, alle Mostre della Cooperativa “Mediterranea Arti”, organizzate a Palermo nella Biblioteca regionale di Casa Professa, a Giuliana nel Castello di Federico II, a Campofiorito, a Corleone, ad Altofonte, e promosse dagli Architetti Vittorio Noto, Pippo Romeo, Angelo Mulone, Giangaspare Russo, Angelo Rocca, Enrico Ortoleva, Francesco Parisi, Salvatore Emmolo, Enza Orestano, Nicola Ribaudo, aiuto sceneggiatore di “Cinema paradiso”, dal maestro Massimo Crivello e da Patricia Falcone ().
Le opere, che Ridulfo ha lasciato sono ora in possesso dei nipoti Cutrone (Antonino e Giuseppe) e Ridulfo, dei suoi numerosi amici, sparsi in ogni parte del mondo e padre Calogero Giovinco, nel suo peregrinare tra gli emigrati, non è detto che non ne recuperi alcune, per la sua ammirevole attività Museologica dell’area sicana e del Belice.
Il comune di Corleone non farebbe torto alla sua tradizione artistica d’essere patria di Giovanni Naso, di Giuseppe Vasi, di Santo Governali, Di Gaetano Ferina e in epoca a noi più recente di Pippo Rizzo (1897-1964) se allestisse,con le istituzioni scolastiche e le associazioni culturali locali, dopo il decennale dalla scomparsa, un mostra alla memoria di Bruno Ridulfo , certamente gradita a quanti hanno avuto la possibilità di acquistare un suo quadro o di averlo avuto in regalo, come spesso capitava, ai suoi amici per battesimi, cresime e matrimoni, per esporlo in una mostra antologica alla memoria.
Solo una tela con il “Cristo crocefisso” conservava nel suo salotto di Corleone, attestato pubblico della sua fervida fede centrata su Cristo e del culto corleonese per “U Signori r’à Catina”.
Ridulfo è stato anche, per un breve periodo, sindaco della brava gente, del popolo, del mondo cattolico del corleonese.
Fu molto stimato,come laico credente, dagli arcivescovi Carpino, Romano, Catarinicchia, Bommarito, Bacile.La sua sindacatura del Comune di Corleone è raccontata da Dino Paternostro nel saggio “L’antimafia sconosciuta-Corleone 1893-1993” e nelle cronache di Città nuove (2).
Apprendiamo che quella passione e scoperta vocazione per la pittura, da autodidatta, forse è una via di fuga, quando il suo impegno nella politica comunale gli tolse la possibilità di avere un reddito minimo.
Gli era stato congelato, per aspettativa non retribuita, lo stipendio d’impiegato al Banco di Sicilia, nella sua città natale.
Il nostro non era fatto per la politica, ma per la riflessione, per l’arte, per la meditazione, per la vita religiosa, per la testimonianza, da laico credente. Per la sua comunità auspicava da sindaco “un riscatto morale e culturale”, negli anni difficili di Corleone.
Mons.Alfonso Bajada, recentemente scomparso. Si dedicava con passione alla formazione dei ragazzi della Gioventu’ cattolica, nella Parrocchia della Chiesa Madre, ma già allora era deciso, volitivo, impegnato nell’apostolato.
In estate partecipava a S.Maria del Bosco alle “Tre Giorni” di studio e preghiera ed ai campi scuola, organizzati dalla GIAC, nei locali del Seminario estivo dell’Archidiocesi.
Vi facevano capolino da assistenti con Mons.Calogero Di Vincenti, decano di Bisacquino, Bajada, Marchisotta, Cuccì, Bommarito, Catarinicchia, Pasquale Bacile e da relatori Emanuele Romano, Giuseppe Petralia, Francesco Carpino e dirigenti locali dell’Azione Cattolica, Li Calsi, Contorno, Lombino, Pioppo, Colletti, Di Giorgio, Lo Grasso, Viola, Clesi.
Apprendevamo le prime nozioni della Dottrina Sociale della Chiesa.
Meditavamo su come costruire nel corleonese città più umane, non violente, pacificate, colte, amanti delle arti e della santità. Nella Corleone del dopoguerra, la guerra interna continuava ed il san Leoluca e Bernardo e tutti gli altri, scolpiti nella statuaria d’Antonino Ferraro e dei suoi emuli, sembrava l’avessero abbandonata.
A Ridulfo erano vicini il giovane prof.Mario Mancuso, compagno delle lunghe passeggiate nel corso, dalla Piazza a San Leoluca, e talvolta Salvatore Mangano, anche lui con la passione per i santi locali ed ancora Leoluca Pollara,autore di un saggio su “L’Addolorata”, Biagio ed Ernesto Governali, le sorelle Patti, Don Domenico Piraino, il maestro Comaianni, il giornalista Nonuccio Anselmo, il prof.Giuseppe Governali.
La Gioventù dell’azione Cattolica di Monreale sarebbe stata diretta dalla operosa, entusiasta guida di Ridulfo .Dopo Ridulfo, dai suoi collaboratori: Rino Terranova, Pino Viola, Piero Terzo, Domenico Cavarretta,(Ficuzza),Ignazio Marretta (Prizzi)e da Salvatore Mangano,(Corleone), già presenti nella GIAC degli anni sessanta e settanta.
I primi anni sessanta ci videro impegnati con Bruno Ridulfo, oltre che nell’Azione Cattolica di Carlo Carretto e Mario Rossi, nelle ACLI di Livio Labor con S.Migliaccio, M.Nuara, N.Alongi, S.Serio, Pippo Vitale, Gaetano e Salvatore Liardo, Totuccio Terranova, Elio Russotto, e cresceva in noi la disponibilità a recuperare, per allargare gli spazi della democrazia, attorno ai valori del cristianesimo, nella politica del paese, quanti apparivano lontani dall’esperienza democratica, a volte, per nostre inettitudini, infingardaggini, inesperienza civica, non eccelse testimonianze, rigidità ideologiche.
Ridulfo, tra noi, è stato un profetico “apripista” nei rapporti della DC con le componenti socialiste di Corleone e dovette dimettersi, per quella scelta, da laico responsabile, da presidente dell’Azione cattolica della diocesi di Monreale.Inventore della lista dei cattolici democratici di Corleone “Rinnovamento cittadino”, era un cattolico molto vicino alla curia arcivescovile di Monreale, scrive un giornalista di valore suo concittadino, (1) che l’aveva voluto presidente diocesano dell’Associazione Cattolica; un uomo irrequieto, che rimase affascinato dal nuovo clima, che si respirava nella Chiesa sotto la guida di Giovanni XXIII>.
“Anticipando ciò che sarebbe avvenuto a livello regionale e nazionale “, si battè per sperimentare a Corleone l’apertura della maggioranza ai socialisti. La sera del 14 maggio ‘61 fu uno dei primi sindaci del centro-sinistra d’Italia, eletto con i voti della DC, del PSI, dell’UCS(i cristiano sociali)e di una Lista civica.<Pur in assenza dei comunisti, che si erano astenuti, ”scrive Dino Paternostro, ”lo scandalo fu grande nel mondo cattolico corleonese, ancora di più, fuori”.
La prima breve esperienza di sindaco si sarebbe conclusa presto. Il 7 Gennaio ‘62 Bruno Ridulfo si presentava dimissionario da consigliere comunale per la forte opposizione di tre esponenti democristiani della Giunta da lui presieduta (Liggio, Lisotta e Verro).
Mi fu vicino nella competizione elettorale nazionale del ‘68, alla mia prima presenza in politica, con Alongi, Migliaccio, Cimino, Cinà, La Greca, Nuara, Orlando, Alessi, Maltese, Zacco, Mangano, Contorno, D’Asaro, Purpura, Maniaci, Montadoni, Clesi, Canzoneri, Caruso, Ribisi, Mocciaro, Messeri, Milazzo, Pollichino, Giaccone, G.Tomasino.
Fummo, sin da allora, simpatizzanti del gruppo politico di Carlo Donat Cattin e di Vittorino Colombo. Organizzatori, sulla scia di Pastore, della corrente delle forze sociali della DC, poi Forze Nuove, in Sicilia con G.Conte, N.Muccioli, E.Primavera, G.Gerbino, G.Sinesio, G.Vitale, E.Russotto, L.Preti, F.Morgante, G.Maniaci, V.Purpura, M.Carlino, D.Alessi, S.Serio, N.Cavallaro.
E per una città più umana (Alongi a Palermo sperimentava, con alcuni giovani aclisti, il movimento Città per l’Uomo), ma Ridulfo era ora assorbito dalla scoperta della nuova vocazione artistica e continuava a dipingere le sue tele, a lanciare messaggi per l’ambiente, per la natura, per l’acqua, tanto necessaria alle campagne, che raccoglieva nei laghi sognati, trasposti nelle tele, ed esposti nelle sale comunali, come speranze di lavoro, di sviluppo e di innovazione in agricoltura.
Era tornato in Banca, dopo l’esperienza d’amministratore comunale e per noi non era più il politico, ma il pittore dei tramonti, dei paesaggi naturali, esplosione di vita, il laico cattolico fervente e generoso, il cantore della vita che muta ad ogni stagione.
Nel suo orizzonte pittorico: I Pini rossi al tramonto per il sole ed il sangue sparso nelle campagne della strada provinciale Palermo Corleone Agrigento, i boschi verdi di Ficuzza, le greggi di Rocca Busambra e di Godrano, (il paese del poeta Giardina, del critico d’arte Carbone, dove avrebbe fatto sosta da Parroco Don Pino Puglisi), il paesaggio nevoso di Chiosi, nelle cui vicinanze insedia un suo laboratorio pittorico, le agavi della Sicilia ambiziosa, superbe della non curanza ed i campi gialli, rossi, azzurri di fiori senza colture ,delle brevi primavere del territorio dei Sicani.
La vita di Ridulfo, da giovanissimo educato nell’azione cattolica, era stata cadenzata dagli studi classici al liceo Guido Baccelli di Corleone (dove insegnavano G.Colletto, V.Mancuso, P.Mondello, G.Spatafora, G.Di Giorgio, ) e poi da quelli universitari presso la Facoltà di Legge di Palermo e quindi dal lavoro presso il Banco di Sicilia.
Lavoro, azione cattolica e poi, come sport intellettuale, quando anche il bisogno lo aiutò a scoprire la vocazione dell’arte pittorica, l’amore per il bello, per i cieli sereni, confusi con il mare, a dare speranza e serenità al lavoro duro e faticoso d’ogni giorno, a quello dei custodi dei greggi, che amava dipingere tra siepi di ginestre fiorite.
Sant’Agostino e San Tommaso i suoi autori preferiti. La sua filosofia, il Creato e la fede nel Creatore, la sua vita l’incontro con il suo prossimo, generoso e dialogante, le sue ferie a visitare
I sacerdoti che gli erano stati vicini ed ora erano pastori in diverse diocesi.
Ammirava a Monreale presso il centro della diocesi che frequentava, gli studi e l’attività del maestro pittore Benedetto Messina, che aveva conosciuto nell’azione cattolica, assieme a Bino Li Calsi, Pino Viola, Franco Mortillaro, Mario Cinà, Ferdinando Russo, Giovanni Labruzzo, Antonio Vaccaro, Pino Giacopelli, Salvatore Mangano, Francesco Riccobono, Rocco Campanella, Ignazio Sgarlata, Nino Mancuso, Domenico Cavarretta, Vincenzo Ciacciofera, e con loro, Greco,Terzo,Terruso, Vaglica, Mortilaro, Sirchia, artisti, poeti, musici, saggi e coraggiosi amministratori.
Apprezzava il maestro Pippo Rizzo, suo compaesano, adoratore della legalità, che racchiudeva e rappresentava nei carabinieri in divisa, il presidio della sicurezza e dell’ordine ed il giovane concittadino Biagio Governali, scultore di valore, che nelle piazze dell’Isola ricordava gli emigranti ed i santi del nostro tempo, ed era presente, senza gelosie, ma con consigli e richiami alle mostre dei giovani artisti corleonesi suoi emuli.
Rivedere in una mostra antologica, nella sua Corleone, una parte delle sue opere, per iniziativa dell’amministrazione di cui è stato un solerte appassionato operatore culturale e politico, sognatore di una nuova primavera e di un progetto di libertà e di partecipazione, faticosamente portato avanti,sarà un invito ad apprezzare e scoprire maggiormente il lavoro dell’artista che c’è in tutti noi, nascosto come, per anni, in Bruno Ridulfo e che può svelarsi nel bisogno, come nell’impegno, di ciascuno un contributo alla scoperta a fare ciò a cui si è vocati.
E quanti sono in possesso di opere dell’artista corleonese potranno farsi promotori e collaboratori di una tale timida proposta.
Terramia può anche in tale occasione partecipare alla settimana della cultura segnalando al Comune di Corleone ed all’associazionismo di detta città quanti tra i lettori hanno conosciuto il laico dell’azione cattolica che visse per l’arte e per l’impegno religioso e sociale.

Ferdinando Russo
onnandorusso@libero.it

1)D.Paternostro,L’antimafia sconosciuta Corleone (1893-1993,Prefazione di Luciano Violante-Editrice la Zisa,1994

2)F.Russo ,Patricia Falcone in http://www.vivienna.it, del 2009.o in http://www.google.it alla voce Patricia Falcone ed in http://www.maik07.wordpress.com

3)G.Cerasa in La repubblica del 6-10-85)

4)D.Paternostro,Città nuove-Corleone-Il giornale on.line della zona del Corleonese

5)F.Russo ,in Benedetto Messina in http://www.google.it ,in http://www.vivienna.it

6)F.Russo , Nelle terre sicane e del Belice alla ricerca di un grande artista in http://www.orizzontisicani.it