LA LAICITA’ DEI NON LAICI.


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LA LAICITA’ FRONTIERA DEL TERZO MILLENNIO per un dialogo unitario, a favore del bene comune e della persona umana

Ci si chiede oggi da più parti, dove sono i laici? La domanda è lecita, specialmente perché i laici, non tutti, sembrano di avere la paura della testimonianza della loro fede. Ma i laici ci sono, hanno bisogno di esercitare il diritto di parola e avere il “permesso” di agire: si devono decidere, però, a farlo.

di Ferdinando Russo

Quella di Salvatore Agueci, docente, giornalista pubblicista, poeta, operatore sociale, scrittore, attento studioso dei processi di mobilità, delle migrazioni mediterranee, della famiglia, è la lunga e faticosa marcia dei laici credenti del dopo Concilio, per affermare la
loro identità nel turbinoso Occidente,tra speranze e cadute ,luminosi traguardi e forzate soste, tra incomprensioni e ritardi, studi e convegni, tentativi di nuove aggregazioni e di presenze partecipative.
Prima del presente saggio l’Autore aveva scritto “Uomini in cammino.Verso una società interculturale “.E poi ha tentato di compartecipare alla vicenda umana del suo tempo, fondando,
per un concreto servizio, associazioni benemerite:”Senza sponde”,”Un legale per tutti”,”Italia-Tunisia”,quasi a vivere e sperimentare il rapporto con il prossimo, nel suo tempo e nel suo territorio.
E così, da sempre,ha vissuto tra testimonianze eroiche ,umili e generose, di laici spesso silenziosi all’esterno, come le preghiere delle suore dei Conventi di clausura, dei tanti gruppi di evangelizzazione e di carità, di vocazioni e di scelte personali.
Sono infatti i” laici credenti” ad intessere il sottofondo,la trama del volume di Salvatore Agueci, .
Con l’obiettivo di toglierli dall’anonimato, dai furti della storia anche della loro denominazione.
Quasi a dovere scegliere ,anche se solo per un momento ed in modo provocatorio, per loro il termine di “non laici”.
Anche la cultura post-conciliare all’interno della Chiesa a volte sembra non avere allontanato tutti i sospetti sul termine “laico” nella sua evoluzione storica.
Laico è un membro della Chiesa, che fa parte del popolo di Dio,non è un chierico,è,in definitiva, chi non ha ricevuto il sacramento dell’ordine o non appartiene allo stato religioso.
Il termine aggettivale “laico” ha subito, in verità, nella sua genesi storico-semantica il logoramento della storia della comunità umana,ma l’autore ne recupera l’origine e l’inevitabile evoluzione nell’irrompere del cristianesimo.
Lo stesso è avvenuto, di conseguenza , per il sostantivo la parola “laicità”.
Da qui la riflessione di Agueci per approfondire il termine di “sana laicità,”che implica il senso del limite e un atteggiamento di onesta ricerca,che non può non tradursi a sua volta, in un’intima disponibilità alla cooperazione e all’ascolto.”
“Laicità significa attitudine alla riflessione personale,ma anche apertura al confronto:senso critico,
ma anche docilità(dal latino docibilitas), che indica la virtù di colui che sa lasciarsi insegnare qualcosa da altri,o semplicemente dalla vita;disincanto,ma anche capacità di meraviglia:
Laicità è percezione dell’altro come “altro”,disponibilità a lasciarsi inquietare e talvolta spiazzare dalla sua alterità, rinunziando a proiettare su di essa la maschera omologante, che la ricondurrebbe ai nostri schemi e alle nostre aspettative:
Laicità è coraggio di gettare i ponti, dal sicuro terreno su cui si è radicati; verso l’ignoto e di avventurarsi su di essi senza nessuna garanzia;”senza sponde”.
Molti dei laici credenti , senza neppure essere nominati dall’autore, ci sono stati di
Riferimento,nelle diverse regioni, nella seconda parte del secolo scorso ed all’inizio del terzo millennio,alcuni prima, altri durante e dopo il Concilio Vaticano II..

Con Agueci ci sembra di incontrarli ,senza disturbare la loro riservatezza, sia in Sicilia, la regione, in cui ora vive, come nel resto del paese, nell’associazionismo cattolico, nel
volontariato, nei movimenti di spiritualità e di servizio ,nella magistratura e perché no ,talvolta ,in politica.
La loro identità è nel fieri della storia, è sempre più marcata, con il procedere delle riflessioni,degli studi e delle testimonianze, dei documenti della Chiesa. .
L’abbiamo intravista nei compagni che ci sono stati cari per il loro coraggio, per la loro operatività, per la testimonianza resa, per lo stile dei loro comportamenti, per la missionarietà della loro professione, per la vocazione scelta, per i riconoscimenti, talvolta tardivi, anche da parte della Gerarchia della Chiesa..
Costoro , come Agueci, non si sono mai arresi ai ritardi nella traduzione e applicazione dei dettami conciliari , talvolta riscontrati presso le chiese locali ,tradizionaliste nelle forme, ma smemorate spesso nell’impegno educativo tra la gioventù,che un tempo fu generalizzato e mirato oltre il momento catechistico-sacramentale,(battesimo,cresima,matrimonio) .
Ora i fedeli laici si sono armati dei documenti conciliari, ampliamenti citati dall’autore,della Gaudium et Spes, delle encicliche sociali,delle indicazioni
dei santi papi ,che il Signore ha concesso alla Chiesa dei nostri tempi.
La identità dei laici incontrati nasceva e traeva sempre alimento nel Vangelo, da cui attingevano con convinta fede,incoraggiati da..predicatori (P.Rivilli,il fondatore della Crociata e poi della Presenza del Vangelo) e da altri laici raggruppati attorno al carisma della diffusione del vangelo,ardenti profeti dei progetti di evangelizzazione della cultura.
Ricordarli è per rivivere le riflessioni che ci trasmette Agueci nelle persone incontrate e sottaciute per non offendere quella loro riservata umiltà ,che ci
sono stati compagni nelle nostre intraprese associative nell’Azione Cattolica, (V. Veronesi, Carretto,Gedda,Bachelet), nella FUCI, (Moro, Murgia, Pietrobelli ), nelle ACLI, (Pennazzato, Labor, Bersani, Colombo, Pozzar )e nel nostro agire pubblico e privato (La Pira, Giordano),. nel Movimento dei Focolari (Chiara Lubich), nel
Movimento Maestri .(Corghi, Buzzi,Badaloni), nel movimento Laureati ( G.B.Scaglia e Bachelet),
E nella Sicilia, patria dell’autore,offeso dai nomi malfamati ,spesso devoti ma non credenti, non sono mancati tanti laici ,spiriti eletti per le opere o gli scritti quali G.Cusmano,V.Mangano, P.Mignosi,N.Petix;G.La Barbera,C.Crifò,P.Mazzamuto.,o più contemporanei come Sinagra, Perollo, Occhipinti, L.Messina, Del Castillo, G.Russo , Palumbo,
Muccioli, Savagnone, B.Messina.

L’autore per rispetto dei lettori, per la loro sensibilità all’essenziale, per lasciare loro la gioia della ricerca territoriale, li considera noti nel sottofondo del saggio perchè li abbiamo trovati nel mondo relazionale della nostra e loro giovinezza ad orientarci , ad aiutarci nelle scelte vocazionali dell’età adulta, a confermarci nella convinzione della nostra laicità ,aperta alla alterità, al dialogo con l’altro,al servizio del prossimo..
Giuseppe Savagnone nel saggio “Dibattito sulla laicità”, afferma che storicamente essa
porta al dialogo,rifugge l’intransigenza,“si presta ad unire più che a dividere, a costruire più che a distruggere, a fondare l’ascolto e il rispetto dell’altro più che a demonizzarlo”: .
Ed Agueci con il suo saggio, così come Savagnone, si fa promotore del rispetto delle diversità, contribuisce ad “abbattere le artificiose barriere che talora vengono innalzate tra credenti e non credenti e a mostrare che il dialogo non solo è possibile, ma può aiutare tutti a capire un po’ meglio gli altri e forse anche se stessi.”
Si è allungata ,nel frattempo , la schiera dei tanti laici, che sono “in cammino verso la santità” ,ancora più silenziosi, ma degni di ammirazione generalizzata, di comune emulazione , e pertanto l’autore rifugge dalla codificazione ed evidenziazione :sono i beati Alberto Morelli,Pina
Suriano, Pietro Torres, Giorgo la Pira, Igino Giordano, Lazzati , Bachelet e
quelli meno conosciuti dall’opinione colta,(L.Cerrito,M.C.Magro,F.Conticelli,Livatino) che pure sono vissuti nelle contrade conosciute da Agueci, verso i quali stimola, con intellettuale delicatezza, speranzose ricerche .

Erano stati con loro, quasi compagni di viaggio( animatori,formatori,assistenti e ispiratori)
sacerdoti figli dello stesso Popolo di Dio, Costa,Guano,Zama,Don Zeno,Milani, Dossetti,Turoldo,
spesso poveri (come i preti sociali della Sicilia dell’autore ( Monteleone, Mangialino, Marchisotta, Di Vincenti, Pizzitola, Rivilli, Bacile,Arena, Mancuso, Messina, Mirabella, Alessi, Tricomi, Baiada)..nomi che hanno inciso nella formazione del laicato che Agueci fa rivivere
ed al quale ci rimanda alla fine del suo saggio ,perchè continuino gli studi sul piano teologico e nella personale testimonianza a favore del servizio verso il prossimo.

E cio’ alla luce del Concilio, che i laici avevano atteso con trepidazione filiale, e che ora dovevano
testimoniare, comunitariamente, senza interpretazioni minimaliste e riduttive,consapevoli che tutto il patrimonio conciliare sui compiti dei laici nella Chiesa e nel mondo, sulla loro ministerialità,.si sarebbe concretizzato con il tempo.

Sturzo era stato il riferimento sociale e istituzionale di una tale laicità , della Chiesa e dello Stato
poco conosciuta, se non dai vecchi Popolari suoi contemporanei e dai sacerdoti sconfitti delle Casse rurali, contrastate dal Fascismo ed ora stanchi dei condizionamenti del ventennio.

Quei laici ricordati avevano commentato il Concilio Vaticano II con scritti, nelle quaranta annate della rivista “Labor di Crifò e Mazzamuto, in “Vita e Pensiero, Civiltà Cattolica, Ricerca, Il Dialogo di Aldo Romano,Franco Armetta e poi Settegiorni, Terza fase di Carlo Donat Cattin, Città per l’Uomo, Segno, Cntn, e recentemente “ Alveare”di Nino Alongi.

Ed il Concilio tanto atteso chiedeva la testimonianza ai laici ed ai sacerdoti e religiosi ,non estranei al mondo,anche essi cultori di laicità nei riguardi del mondo esterno.

Il Concilio apriva ,in verità, la svolta nel laicato impegnato a costruire una identità
consapevole, unitaria, condivisa,diffusa..

Questa identità ,anche se ancora flessibile, mancava prima del Concilio, nella coscienza comune dei laici, in quanto frammentaria ,timorosa, profetica ma compressa, dalla storia italiana pre-unitaria ,confinata ai servizi di carità e di assistenza (San Vincenzo,opere confraternali, Leghe,Casse Rurali, ed appariva ancora incerta,dopo Sturzo, nello storico ritorno dei cattolici nelle
Istituzioni repubblicane. E nel loro apporto alla nuova Costituzione. ..)
Questa identità si appalesava ora ,dopo il Concilio , nella società europea e occidentale come portatrice di pace, di sviluppo, di giustizia ,di libertà,di comune coscienza sul significato e sul rispetto della vita.
Doveva,come fatto dinamico, vivere nel rapporto tra l’eredità del passato e le sfide del presente
nella secolarizzazione che fa le differenze, che divide gli spazi di competenza tra il temporale ed il soprannaturale,fra lo spazio di Cesare e quello di Dio,finalmente riconosciuto come valore del
Cristianesimo entrato a far parte della cultura e della democrazia dell’Occidente.
I documenti conciliari e la nuova ministerialità del laicato

La Lumen Gentium afferma :”Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli, a esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa (L.G.,n:31)

Da qui quel “professarci laici credenti, laici cristiani e talvolta solo laici, per non ergere barriere tra i cittadini di una stessa comunità.
E da laici vogliamo vivere la cittadinanza nella sua pienezza solidaristica e unitaria, respingendo la moda,per fortuna non generale, di una certa cultura laicista, tesa ad attribuire alla parola “laico”,prese di posizione ideologiche, valori anticlericali di natura ottocentesca, che respingiamo” (10) E sempre più in molti,laici credenti e non ..
I numerosi convegni delle aggregazioni laicali di questi anni lo testimoniano,non sono pertanto senza storia. Essi hanno segnato una ripresa della cultura cattolica, l’apertura al dialogo interno e a quello rivolto agli altri sui temi della modernità, nei rapporti con la religione e le religioni, in una sintonia propositiva con le indicazioni del S.Padre e dei Vescovi, sulla parrocchia, la pace, lo sviluppo, l’evangelizzazione, la partecipazione alla politica.

Sono alimentati dall’invito che, nella veglia di Pentecoste del 1998, Giovanni Paolo II rivolse alle realtà laicali per celebrare assieme la festa dello Spirito Santo, quasi a segnare il battesimo di una volontà unitaria da sperimentare nella pluralità delle funzioni e dei carismi dei diversi movimenti laicali, dei ruoli delle parrocchie, degli oratori.(F.Russo in CNTN , La svolta delle aggregazioni cattoliche)

La vitalità culturale espressa da Cl a Rimini, negli annuali convegni, attraverso la rappresentazione dell’opera svolta nei oltre cinquanta anni della sua storia, si accompagna, infatti, al fiorire d’iniziative, che preparano la settimana sociale dei cattolici: di Reggio Calabria

Predicare il Vangelo in un mondo che cambia da laici

L’assistente generale dell’AC, Francesco Lambiasi ha scritto : .(7) Il lavoro non manca ai laici di buona volontà.

Né è da escludere il tentare “nuove forme di laicità,fenomeno presente anche fuori del nostro paese, come in Francia e in Spagna e studiare una cultura che veda per la cittadinanza una nuova alba in contraddizione con il disfattismo della rinuncia e del tramonto della politica.

Le società europee,compresa la nostra,si trovano in una situazione di post-secolarizzazione,conseguente al crollo delle utopie che,di fatto, sono state religioni politiche sostitutive. Da qui la necessità di intendere insieme la secolarizzazione della società come un processo di apprendimento complementare, al quale dobbiamo dare voce, contenuti, azioni.

In questo processo di modernizzazione, come laici,la città ci appartiene con i diritti ed i servizi, che richiede,con il diritto di viverla, anche per i fratelli venuti da lontano per lavorare da noi,ma primariamente come dovere per la difesa del lavoro,della famiglia,dell’ambiente,del paesaggio,dei beni culturali, da fruire da parte di tutti.( 11)

“La modernità, di cui ci vantiamo e di cui viviamo nelle istituzioni politiche, viene dalla fede cristiana ,-ha scritto su Avvenire Giuseppe Dalla Torre,-In particolare, senza quella distinzione evangelica tra Cesare e Dio,diretta ad evitare ogni forma di politicizzazione della religione e di sacralizzazione della politica ,che introdusse un principio dualista nella storia umana,saremmo ancora nel fondamentalismo, che si contesta alle società non cristiane (12)

C’è allora da rendere universale e convinta, l’accettazione del laico nella chiesa, come lo è stato nell’antica
Comunità cristiana e come è riaffermato nella Gaudium et Spes, dopo secoli di logoramento del ruolo,e del significato dei termini laico e laicità, mutati dalla storia della secolarizzazione e dal prevalere nell’interpretazione un po’ capziosa da parte dell’ integralismo radicale.

Il saggio di Agueci richiama i laici alla fiducia in essi riposta dal Concilio, mentre invita coloro che hanno fatto della laicità una barriera ideologica ad una riflessione e maturazione per relazioni più aperte e meno pregiudiziali.

Ci vengono incontro La Pira e Bobbio .

Ferdinando Russo

Bibliografia eventuale

Riviste:
Labor, Il Dialogo, Città per l’uomo,CNTN, Il Segno,

G.Dalla Torre,Dio e Cesare,paradigmi cristiani nella modernità,Città Nuova editrice,2008

F.Russo,in Nuove frontiere del Concilio, Analisi di 40 anni di cammino in CNTN,Anno III, N.7
Ottobre 2002 .

F.Russo,La svolta delle aggregazioni laicali in CNTN

F.Russo L’Assemblea della svolta in CNTN

G.Savagnone, Dibattito sulla laicità,Alla ricerca di una identità,Editrice ELLEDICI,2006

Lumen Gentium

Gaudium et Spes

F.Russo,in Laici per una nuova città,in CNTN Anno VII,N:41,1 luglio 2007

F.Russo, Il monito dei laici cattolici siciliani del novecento ,Labor,Anno LXI ,N.4,Ottobre-dicembre,2000

F.Russo ,L’Europa senza padri in CNTN Anno III n.27 Marzo 2003

F.Russo La Pira e Bobbio in CNTN

Quando l’arte è amica dei disabili….

PALERMO

QUANDO L’ARTE E’ AMICA DEI DISABILI

RAFFAELE LEONE, IL CORAGGIO DI UN ARTISTA

Le ultime mostre a Capaci e a Isola delle Femmine

di Ferdinando Russo

Ha detto sì alla vita, al lavoro, all’arte, Raffaele Leone, l’artista tetraplegico, dall’età di quindici anni. Un incidente stradale lo ha immobilizzato per tutta la vita su una sedia, due ruote, una mano che doveva spingerlo, per sempre. Non riusciva a darsi pace, a quindici anni, all’età delle corse e della fantasia creatrice, l’età degli studi, dei sogni e delle avventure. 

Ed era come se tutto gli fosse negato, il movimento, il diverso paesaggio delle diverse giornate,la libertà di relazionarsi con gli altri, i compagni,gli amici, le ragazze, i parenti lontani. 

Nell’ospedale c’era il medico di turno, sembrava che conoscesse tutto e non potesse fare  niente c’era l’infermiere che passava sempre frettoloso, c’era  il vicino ,in un lettuccio bianco ,che tentava consolarlo.  Ma un “angelo terreno” avrebbe incontrato Leone, un giorno, là proprio in ospedale ,mentre meditava , tra disperazione e sconforto.

Aveva il nome di Eleonora Dragotta, la signora che l’avvicinava per incoraggiarlo,per dirgli che si sarebbe ripreso,che la vita lo avrebbe ancora interessato ,bastava volerlo. Da allora Eleonora divenne, a poco a poco, la sua “mamma adottiva”. Poi i colori dell’arcobaleno per scomporli e ricomporli come compete all’uomo, in ogni tempo, perchè altri li scoprano, dopo le tempeste della vita e ne diano merito al Creatore.  Un’eccellente fotografa, la sig.ra Maria Pia Lo Verso ha scritto, recentemente , “Se tornassero gli angeli in città”(1). 

Raffaele li ha conosciuti gli angeli, hanno le sembianze degli uomini e delle donne buone e generose della Sicilia, come li hanno rappresentati, nelle foto della Lo Verso,gli artisti più rinomati. 

Lo sanno gli immigrati senza documenti, ospitati tra amore e paura. Lo costatano i poveri di Biagio Conte, lo verificano gli anziani accolti nelle opere di Giacomo Cusmano, lo sanno i bambini della Georgia, che ogni anno tornano nella città di Palermo tra  famiglie affettuose e non necessariamente ricche, per un soggiorno curato dal Movimento Cristiano dei Lavoratori. 

Com’Eleonora, che aiutava Raffaele a scoprire la sua vocazione d’artista, ad avere fiducia nella vita, a crearsi un lavoro, il piu’ bello, quello del pittore. 

E Raffaele s’innamora subito dei colori, delle terre gialle e rosse, delle polveri che Eleonora dovrà impastare nell’olio, per essere pronte a transitare sulle tele e diventare oggetti ,soggetti di ammirazione ,  e ciò nei tempi strappati ai prevalenti doveri della famiglia .

Eleonora lo aiuta a scoprire il suo innato talento d’artista pittorico delle piccole e poi delle grandi tele. Su queste si configurano gli alberi, come il rifugio degli uccelli, come il posto di lavoro e di studio di un altro artista del novecento, Benedetto Messina. Leone è cresciuto così ogni giorno nella sua vocazione di pittore.

Ha recuperato la rinascente naturale voglia di vedere e di comunicare, come ogni uomo da quello delle caverne, che ha abitato le grotte del territorio di Carini e Capaci, il comune che ospita ora una sua mostra, a quello che si rifugiava nelle grotte dell’Addaura, ove da ragazzo era stato accompagnato . L’Associazione “Elios” gli ha organizzato una mostra nel Palazzo dei conti Pilo di Capaci e l’iniziativa è stata patrocinata dal Comune di Capaci, che ha voluto premiare il maestro d’arte  Leone , unendo la sua esposizione a quella di un’altra famosa artista ,Patricia Falcone. 

La sua libertà nei ricordi degli alberi della Palermo, dai viali verdi, dalle ville con le magnolie giganti, i platani che si rincorrono in via Libertà. 

Gli riapparivano le immagini delle cose viste, dei fiori che tornavano ad ogni primavera dei prospetti dei palazzi lungo le strade del centro storico di Palermo che guardava sgomento ragazzino, correndo in bicicletta e che ora i giovani ricercatori catalogano perchè nessuno di loro sia mai più distrutto dall’uomo del terzo millennio.Incontrandolo, tra le sue amate tavolozze, a Capaci, racconto a Leone che nell’amata città di Palermo, due giovani architetti ricercatori hanno catalogato le cento migliori opere dell’architettura della città capoluogo (2).

Hanno mostrato cento opere, degne d’ammirazione, del nostro Novecento architettonico e una scrittrice, proprio d’Isola delle Femmine, ha scoperto tra i vicoli dell’abbandono, Cento chiese in ombra, degna d’attenzione per le opere che nascondono, per la storia che racchiudono, frutto della fede popolare e ricche di tesori, riserva privilegiata dei ladri senza anima.(3) 

Potrebbero diventare altri soggetti reali e non fantastici per Leone, cosi attento e ricercato nel dare luce alle opere dell’ingegno costruttivo come la “Stazione centrale”, che fa bella mostra nell’esposizione di Palazzo Pilo e da dove sono partiti in cerca di lavoro tanti isolani, senza poter dimenticare il sole ed il mare,il cielo di un azzurro, che gioca con batuffoli di neve ,quello di Cefalù o di Capaci. 

Nelle tele non mancano le spiagge, con le vicine barche confortevoli, in cerca di polipi smarriti,  quando la luna si nasconde ,e giu’, tra gli scogli visibili  per l’acqua ancora cristallina gli ultimi pesci mediterranei. 

A Capaci sono nell’attesa dell’Acquario, promesso ai pescatori, ai pochi marinai ed ai ragazzi dal sindaco Benedetto Salvino e dai parlamentari, per ricordare che il territorio comunale e la città, un giorno erano fondo marino. 
 
Il sindaco ci ripensa, mentre si sofferma, con il Presidente del consiglio Provinciale Marcello Tricoli, con gli assessore Margarini e Ravveduto ad ammirare i quadri di Leone, i fiori della terra e quelli delle donne alla prima maternità e nell’arte trova ispirazione, con gli assessori comunali,che visitano con interesse la mostra e vi trovano stimoli per altre iniziative sociali e culturali. 

Raffaele Leone non è  nuovo ad esporre i suoi quadri in significative mostre .Dopo Capaci lo hanno richiesto ad Isola delle Femmine.

Ha raccolto successi e favorevoli critiche a Palazzo d’Orleans, con il patrocinio dell’allora Presidente della Regione Totò Cuffaro, a Villa Niscemi, alla Fiera del Mediterraneo, nella città dell’arte, a Monreale, nel restaurato Palazzo monumentale “Guglielmo II”e le sue tele, anche di gran dimensione, coprono intere pareti, con gli alberi che ama, con i paesaggi, che ritrae splendidamente, con i bambini, che gli ricordano un’altra infanzia,  

In futuro forse non mancherà una sua mostra sui prospetti artistici delle case della Sicilia, per conservarli almeno nelle tavolozze dei pittori e forse dalla rovina, ora che i comuni e la Regione incoraggiano i proprietari degli immobili a dare la giusta evidenza ai palazzi ed alle abitazioni anche modeste. 

Leone insegue l’architettura del Creatore, prima di quella d’ingegneri, architetti, maestri marmisti, scultori della pietra, intagliatori, depositata in quest’Isola da amare, come solo gli artisti sanno fare. Come Leone.   

 I prospetti allineati lungo le strade del centro, le cento e cento chiese delle preghiera e dell’incontro con Dio e dentro i quadri degli artisti ispirati dalla fede,le immagini della Madonna e dei santi. 

Leone impara ad emularli, si fa condurre a vistare le chiese della grande Palermo,. 

Ed è come pregare, trovare risorse immense da distribuire alla sua fantasia , poi, nelle giornate con i colori e i libri ,già i libri delle arti italiane e straniere.   

Ora Raffaele Leone è un artista nella pienezza del termine, lavora in Via Tasso, a Palermo, ove abita ed ha il suo laboratorio.I ragazzi, i curiosi gli appassionati, amanti delle arti, lo chiamano il “maestro.” E Raffaele, si compiace, lo gradisce quel titolo, quell’identità in fieri, come i grandi del pennello delle arti . 

Non ha ancora iniziato ad insegnare, come ha fatto Benedetto Messina, il pittore, scultore, ceramista e mosaicista di Monreale, che ci ha lasciato all’età di novantanni e che, ancora giovanissimo, ha trasformato la sua casa in scuola d’arte, come Aida Vivaldi, che insegna ai ragazzi delle scuole di Palermo, che non hanno più la voglia di studiare le lingue morte, le astrusità matematiche, le regole grammaticali di uno scrivere e parlare diverso da quello dei quartieri di provenienza ed invece s’innamorano subito della musica, dell’arte del disegno e della pittura, della scultura di legno e pietra. 

Ma “i papaveri rossi in un campo verde, ”(altra opera esposta da Raffaele Leone a Capaci) attraggono i giovani, sono come le speranze che hanno nutrito i popoli per la giustizia ,sono come le bandiere che hanno alzato al vento ed inseguito interi popoli in cerca di futuro,sono come le sirene dei molti giovani, che ne diventano prigionieri e Leone li mette già in allarme. 

Un giorno, anche lui sarà maestro come Messina e Vivaldi, per questi giovani con l’entusiasmo e la generosità d’Eleonora e chissà che a Capaci, tra le tavolozze che guardano i turisti, i pittori come Leone non si riuniscano per istituire una scuola di pittura per i ragazzi senza un mestiere, senza una speranza ,ma con tanti talenti naturali, che le arti aiutano a scoprire .

Questo ha voglia di comunicare Leone, mentre non nasconde la sua gratitudine immensa che rivolge ad Eleonora e, sua tramite, a Dio che non abbandona le creature della terra, anche quando il dolore si abbatte su di loro.

Ed Eleonora è anch’essa la protagonista umile delle mostre di Raffaele.

Ha il volto della Sicilia generosa e ci accompagna ora nelle sale di Palazzo Pilo, nelle sale che si offrono a tutti gli artisti, che hanno diritto a sperare nella bontà del prossimo e delle istituzioni. 
 

  Ferdinando Russo

  onnandorusso@libero.it 

1)M. P.Lo Verso, Il Giardino degli Angeli, a cura di Francesco Marcello Scorsone, Documentario della Mostra con Vinny Scorsone in www.Youtube.it  

2)M.Iannello e G.Scolaro, Palermo Guida all’architettura       del ‘900,introduzione di Vittorio Gregotti, Edizioni Salvare Palermo 

3)G.Sommariva, Palermo cento Chiese in ombra, Conoscere i tesori nascosti del centro storico Fotografie d’Andrea Ardizzone,Dario Flaccovio Editore,Palermo 2007

Giuliana(Pa):nel paese dei centenari!

INCONTRI A.G.MARCHESE

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 NEL PAESE DEI CENTENARI, A GIULIANA ,UN MEDICO LETTERATO NE STUDIA LA VITA

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Di Ferdinando Russo

Antonino Giuseppe Marchese, il medico scrittore di storie e di uomini illustri del Corleonese e uno dei maggiori studiosi delle civiltà municipali della  Sicilia contemporanea, di cui ci siamo occupati anche recentemente,nella presentazione del volume  sui  Conti Civici del Comune di Giuliana dell’Ottocento,(1) e prima con “Peppe Russo”,l’eterno rivoluzionario, (3)torna puntualmente a sorprenderci  con un saggio dal titolo : “Una  vita da eroe”(4),nel paese dei centenari.

Giuliana, il paese (5) a pochi chilometri dai siti archeologici di Entella e di Adranone, che ha ospitato Federico II, Federico III, Eleonora D’Aragona, con il suo castello restaurato di epoca federiciana e il Monastero adiacente degli Olivetani e vicina a S. Maria del Bosco, vanta un primato invidiato e non del tutto noto, quello del numero dei centenari.

<Questo Comune>, scrive Marchese, <detiene il primato nazionale, tra i comuni d’Italia, per percentuale di longevi, ”over 85”sulla popolazione residente, seguito dai comuni (confinanti) di Bisacquino e di Sambuca di Sicilia, ricadenti nell’area occidentale dei monti Sicani, alle falde del monte Genuardo (m.1180), il “-Paradiso della terra “ (gen-nart al-ard) degli Arabi.>.

 E’ diventato così meta di studiosi delle Università e di naturalisti che affollano le sale del Castello alla scoperta dei segreti ambientali e genetici, per vivere cento e più anni.

Gli ultimi a tenere la loro Assemblea associativa ordinaria nelle sale del castello sono stati i soci della Syqillyàh di Catania, (6) che hanno popolato le strade del centro storico del paese, provenienti dall’intera Sicilia ed hanno svolto il loro congresso, in larga parte nelle assolate terrazze, che si proiettano nella valle del Sosio . (7)

E nel castello, che si offre alla riflessione e ai dibattiti sull’ambiente, sulla natura incontaminata, sui temi dell’economia del sud, della legalità e della globalizzazione sono risuonati i temi dell’attualita’ culturale e sociale, presentati da A. Cavadi, M.Pallante, T.Perna, P,Paletti, M.Angelini, S.Scuto ,Luzzi, e altri relatori.

Il nuovo saggio dello storico Marchese, tra microstoria e macrostoria, prende le mosse dal centenario di Nicolò Catalano, nato a Giuliana il 17-03-1909 e la cui vita ripercorre le avventurose tappe del Novecento italiano. –

Quella di Nicolò Catalano è <Una vita condotta con coerenza morale e lealtà di cittadino>, scrive l’autore nella premessa, <che ha visto il susseguirsi in Italia di tre modelli politici, quello liberale, quello fascista e quello democratico – repubblicano,credendo ciecamente nelle utopie e nei messianismi ,propagandati dal Duce>.

Eppure il nostro eroe umile del sud, nato a Giuliana e vissuto per larga parte della gioventù lungo i deserti africani inseguendo le avventure colonialiste di Mussolini, che fanno da cornice alle peripezie militari del protagonista tra le due guerre, alla ricerca disperata di un lavoro, <è una persona buona e cortese, di una cortesia sofisticata, che tradisce le sue origini contadine>.

La storia degli umili trova un altro cantore in A.G.Marchese, che allarga l’orizzonte dei suoi interlocutori,che costruiscono  la storia di Giuliana e di cui Marchese recupera valori e disvalori,con  scrupolosa fedeltà  alla verità-.

Questa volta il medico letterato si fa attento e minuzioso osservatore di Nicolò Catalano, lo relaziona agli uomini della terza e quarta età e ne scruta i segreti più reconditi, ne ordina le carte, i documenti, gli stili di vita,il pensiero ,la fine ironia critica sulla realtà locale

Catalano, è <u zzu Cola, mastru Cola, gni Cola, e talvolta don Cola >, come lo conoscono i compaesani giulianesi, quasi a indicare la sua popolare crescita nel lavoro e nella reputazione, è l’intellettuale povero, il lavoratore tutto dedito alla famiglia, anche quando da disoccupato gli si chiudono le strade dell’emigrazione tradizionale, che sarà possibile ai suoi figli ma non a lui, volontario in camicia nera per conquistare un pezzo di pane, che invierà alla mamma a Giuliana, ove vive il resto della famiglia.

Un altro tipo di emigrazione forzata e pericolosa ma accettata come da parte di tutti gli emigranti giulianesi, con spirito di sacrificio, di lealtà, di dovere verso il lavoro, la famiglia e la patria.

Oggi Catalano è la persona più anziana di Giuliana, seguito dal primato del sig. Pietro Musso, residente a New York sin dal 1926, più giovane di lui (si fa per dire) di 14 giorni, essendo nato il !° aprile, dopo che il 13 novembre 2008 è morta, all’età di anni 101 e giorni 96,la signora Anna Petralia.

E così Marchese s’imbatte nei centenari della quarta età, nei numerosi cittadini di Giuliana che raggiungono la felice età dei cento anni, senza neppure costare molto, come talvolta si pensa alle strutture sanitarie, alla spesa farmaceutica e smentendo la favola dell’alto costo sociale degli anziani.

L’autore del saggio è un attento osservatore dei centenari, li scopre negli archivi parrocchiali e del Comune, verifica i dati dell’Istat che fanno di Giuliana il paese con più centenari, collabora presentando e studiando tra le persone di Giuliana i centenari Anna Petralia, le figlie di Santo Ambulo, Gaetana Purrazzella e svela i primi dati della ricerca, che conduce l’Università di Palermo, attraverso l’iniziativa sulle cellule immunitarie del gruppo “linfociti b nativi”.

Tale studio ha impegnato un pool di ricercatori, diretti dal prof.Calogero Caruso, ordinario di patologia generale della facoltà di medicina e chirurgia-dell’Università di Palermo.

Alla ricerca ha collaborato, con l’autore, l’ufficiale sanitario dott. Salvatore Marchese e la prof.biologa molecolare Sonia Vasta, nominata (con R. Schifani, R. La Galla, M. Russo,)tra i dieci protagonisti palermitani dell’anno 2008 ed invitata con il suo gruppo di ricerca a Los Angelos,nel giugno del 2008,come unica studiosa,proveniente dall’Europa a presentare dei risultati relativi alla senescenza  giulianese.

Lo studio sulla immunosenescenza è stato ,quindi,presentato di recente negli Stati uniti  e pubblicato sulla rivista  britannica “New Scientist.

La lunga vita dei centenari siciliani studiati risiederebbe n elle cellule immunitarie del gruppo “linfociti b nativi”, <che rappresentano per il Prof. Caruso<una delle forme di protezione del nostro organismo nei confronti delle malattie di origine infettiva>.

Il medico dei centenari collabora intanto con l’università e attende i risultati degli altri studi intrapresi dalla prof.ssa Vasta e continua a scrutare nelle diete, nell’ambiente, nei geni familiari, nei lavori quotidiani, nella resistenza umana alle disavventure come quelle affrontate dal protagonista.-.

Gli amici anziani dei familiari di Catalano che vivono negli USA, dopo aver letto il saggio di Marchese cominciano a pensare di vivere da pensionati nel paese, che ha dato loro i natali, e i primi emigrati sognano il ritorno in Sicilia.

E il comune si appresta a ospitarli, -favorendo la ristrutturazione delle case terremotate, non ancora abitabili e proponendo una rivisitazione del centro storico e delle venti chiese cittadine visitate dal grande viaggiatore francese del Grand Tour Jean Houel.

Il Presidente dell’Opera pia Buttafuoco Tomasini, Prof.Giuseppe Scaturro, segretario diocesano delle confraternite laicali, ha progettato, intanto, la ristrutturazione del Monastero degli Olivetani, in stretto rapporto urbanistico con il castello di Federico, che potrà ospitare in estate circa settanta anziani per un turismo salutare per la terza e quarta età, ed ha presentato il progetto di restauro e conservazione dell’ampio edificio monumentale, per il quale si attende l’intervento dell’Assessorato ai beni Culturali e dell’Assessorato alla famiglia, per i primi urgenti interventi e per l’utilizzo di una parte dell’edificio in un progetto di Casa-Famiglia.

E così anche una riflessione su un centenario vivente, che ha studiato nella prigionia in Africa meridionale, recuperando gli studi elementari, non compiuti a Giuliana, può diventar e uno stimolo per cogliere i segreti dei centenari e per farne un dossier, così che gli abitanti di oggi e gli utilizzatori di domani possano vivere meglio e più a lungo.

Abitare a Giuliana può diventare una speranza di vita e non mancano le iniziative agrituristiche nel territorio e nei comuni viciniori, mentre numerose sono già le abitazioni, che si offrono a quanti, alla ricerca di un ambiente salubre, intendano trasferirsi nella residenza degli imperatori Federiciani e degli Aragonesi, alle porte dei siti archeologici di Adranone ed Entella ,già scelti dai Selinuntini e dagli Elimi e prima dai Sicani per la sicurezza,il clima,la salubrità dei luoghi,indenni anche dalla malaria, se ancora oggi i discendenti del terzo millennio  hanno  una costituzione genetica che rende loro la vita immune da alcune  malattie infettive. –

Ferdinando Russo

onnandorusso@libero.it

 

(1)A.G.Marchese . I conti civici di Giuliana (1784-1810) –Ila Palma Mazzone

2)F. Russo in http://www.maik7.wordpress.com/2008/11/20

3)F.Russo in Peppe Russo di Giuliana,Un servizio ai contadini di Sicilia in CNTN Anno VII N.40-Giugno 2007

3)A, G. Marchese, Una vita da eroe – Nicolò Catalano e il suo secolo (1909-2009-)Edizione fuori commercio-distribuita dai familiari.Plumelia-Palermo-2009

5)Vedi il sito www-comune.giuliana.pa.it

6) www, Google.it cliccando http://www.siqillyàh.it

7) M.Cristina Castellucci  Per scoprire Giuliana e il suo Castello  in  la Repubblica Palermo del 3-04-2009 pag.XIV

Palermo cento chiese nell’ombra.

100-chiese

Protagonista di questo libro non è il complesso monumentale delle chiese palermitane, ma il ricco repertorio di piccoli edifici religiosi o “chiese nell’ombra” che sono espressione talvolta non trascurabile di un’architettura considerata “minore”.

Giulia Sommariva indaga sulla storia di centocinque tra questi monumenti poco noti o del tutto nascosti agli occhi dei visitatori, illustrandone il valore artistico e raggruppandoli secondo criteri topografici. Il volume, quindi, può guidare il lettore alla scoperta di inconsueti itinerari nel sacro. Il ricco corredo fotografico, realizzato appositamente da Andrea Ardizzone, conferisce al testo valore di documentazione e lo rende colorito ed efficace.

Da questo insolito viaggio tra le “chiese nell’ombra” emerge un quadro certamente affascinante, ma talvolta anche desolato, specie quando ci si confronta con lo stato di abbandono degli edifici più trascurati. Nel libro, una posizione di primo piano la rivestono le confraternite, vive e attive nel contesto religioso e sociale della città. Ad esse è dedicato l’ultimo capitolo, incentrato sulle processioni del Venerdì Santo, riti secolari che mescolano fede e folclore in modo inestricabile.

Articolo di seguito è stato ospitato nel recente
Bollettino dell’Ordine degli ingegneri della provincia di Palermo

QUANDO NASCERA’ UNA MOBILITAZIONE GENERALE PER RESTAURARE LE CENTO, MILLE CHIESE IN OMBRA DEI CENTRI STORICI DELL’ISOLA?

Una ricerca provocatoria di Giulia Sommariva in una recente pubblicazione.

di Ferdinando Russo

” Cento chiese nell’ombra “di Palermo, riscoperte nel recente volume della giornalista Giulia Sommariva, edito da Dario Flaccovio, (1) ripropongono alla nostra attenzione le chiese esistenti nell’Isola,a volte, incustodite o burocraticamente affidate a diverse istituzioni titolate alla gestione, conservazione, e uso: Prefetture, Sovrintendenze, Ordini religiosi, Palazzi nobiliari, Curie vescovili, Parrocchie.

Si tratta di un patrimonio inestimabile d’arte, di fede, di storia, verso il quale non può mancare l’interesse degli Ordini Professionali degli Ingegneri e degli Architetti, così come delle Istituzioni pubbliche, delle Università, delle Fondazioni, delle Agenzie ed Associazioni educative.

Parlarne nel Bollettino dell’Ordine non vuole essere, pertanto, solo una recensione formale di un libro che interessa gli storici, o i cultori dell’arte e della fede popolare, o l’associazionismo del volontariato, quanto il sottolineare un’emergenza artistica, carica di valori religiosi, culturali, museologici, economici, turistici.

Cento, ma forse mille le chiese, nell’attesa di trovare diecimila progetti di restauro ed uso, cento e più mila cittadini interessati a fruirne, nei diversi quartieri delle città, come riferimenti religiosi, collegati alle Parrocchie del territorio, ai centri di formazione e educazione, ai laboratori d’arte sacra ed ai musei delle tradizioni religiose, luoghi d’accoglienza in grado di testimoniare la vera identità dell’Isola.
Un fondo regionale per finanziare la stesura di tali progetti è ipotizzabile per una nobile gara culturale a servizio del patrimonio religioso e artistico che vive nell’ombra? Un augurio.

Sono ormai numerose le ricerche che Giulia Sommariva ha condotto, con scrupolosa attenzione ed eleganza descrittiva, su ciò che racchiude e rappresenta l’identità della città di Palermo attraverso le opere dell’ingegno umano, degli artisti, dei letterati, degli architetti e degli ingegneri, che ne hanno disegnato, nei secoli, lo sviluppo.

La sua attenzione e curiosità storica a disseppellire palazzi, ville, alberghi, oratori, conventi, spesso nascosti ai più, in questa meravigliosa città, hanno prodotto opere (2) che testimoniano il suo amore di studiosa per la storia e la cultura degli abitanti e dei visitatori del capoluogo dell’Isola, di ieri e d’oggi.

Né la sua è stata solo una rappresentazione intellettuale per conservare la memoria di ciò che è stato bello, armonioso, esemplificativo delle molte epoche vissute, con avvenimenti, mode, costumi, interrelazioni, che hanno caratterizzato la vita della città e del suo territorio.

La Somariva è nota per avere illustrato sulle riviste più prestigiose e significative della Sicilia, e nei suoi saggi, le ville, i palazzi nobiliari, gli alberghi storici, gli usi, i costumi, le tradizioni e le molteplici espressioni artistiche, portando così, con i suoi scritti, tasselli importanti alla ricostruzione esaustiva ed alla conoscenza più diffusa dell’edilizia sacra e profana e dell’identità culturale ed urbanistica della città.

Ed è come scavare, non tanto nell’archeologia di Palermo, quanto nella religiosità della popolazione dal Paleocristiano ai Normanni, attraverso le Chiese dei quattro Mandamenti, volute e costruite a volte su templi pagani.
Un’opera d’archeologia umana, d’antropologia cristiana, questa ricerca sui valori e sulle testimonianze che sembrano, quasi seppelliti, con i tesori dell’arte nascosti, nella città della violenza, della criminalità, delle stragi, dei furti, degli scippi, degli incendi, degli usurai.

Le Cento chiese in ombra di Palermo sono state costruite dal popolo, dalle confraternite laicali, dalle Congregazioni, in ogni Mandamento, rione, quartiere, zona abitata: Monte di Pietà, Albergheria, Loggia, Kalsa, con le Sante Patrone Oliva, Cristina, Agata, Ninfa, Silvia, quasi dimenticate, con le roccaforti monastiche della Kemonia, con gli Oratori, gli Altari, le processioni del Venerdì Santo.

Queste chiese palermitane furono punto obbligato di transito dei pellegrini e oggi ci appaiono di una modernità sorprendente nell’accoglienza, di un afflato missionario da emulare.
Nella Sicilia bizantina, normanna e aragonese, furono riferimenti importanti, lungo il percorso della famosa via francigena del pellegrinaggio medioevale che portava i fedeli del Mediterraneo verso la Spagna, al celebre santuario di Santiago di Campostela, o verso Roma sulla tomba di Pietro o verso i luoghi santi della Terra Santa.
E, già allora, la Chiesa di Sicilia mostrava a Palermo la sua vocazione all’accoglienza con le sue chiese, ora in ombra, come quella di S.Giacomo della confraternita degli Scarpari, con le opere assistenziali approntate, quali i cosiddetti “Hospitalia”, complessi ospedalieri e ricettivi al servizio dei pellegrini forestieri, con gli oratori e gli ospizi ove Guglielmo Borremans avrebbe lasciato l’affresco “Sara, Abramo e i tre Angeli “, icona storica dell’impegno cristiano all’ospitalità che fa onore al nostro contemporaneo Biagio Conte ed alla Chiesa di Ruffini, Carpino, Pappalardo, De Giorgi, ed ora di Romeo.

Il volume della Sommariva s’inserisce, ora, nell’opera socio-culturale e religiosa, tesa all’attivazione, nei quattro Mandamenti, dei molti edifici d’edilizia sacra da restaurare per utilizzarli come luoghi di culto, come centri di formazione e educazione, come musei per la diffusione dell’arte, per la conoscenza della storia di Palermo e per il recupero delle tradizioni religiose, con l’aiuto delle Parrocchie e del laicato cittadino.

“ Cento Chiese nell’ombra” è, pertanto, un libro significativo, un itinerario per riscrivere altri cento libri; è, infatti, uno dei primi documenti che il mondo letterario della città, attraverso una laica credente del Serra Club, giornalista, scrittrice d’emergenze storiche e d’intense pagine di fede, consegna al nuovo Arcivescovo Metropolita Ecc.za Mons. Paolo Romeo, quale ispiratore del recupero di tutto ciò che è pervaso di fede, di devozione, di spirito di comunione, di Chiesa, popolo. di Dio.

Le Cento Chiese in ombra, riscoperte dalla Sommariva, sono, in tal senso, presentate e riofferte ai laici ed ai religiosi del nostro tempo, per riattivarle come luoghi di culto, di preghiera, d’azione educativa, di carità, di testimonianza evangelica.
Potrebbero rispondere al bisogno di nuovi punti e luoghi di riferimento capillare, per alimentare la religiosità del popolo, l’attaccamento alla famiglia, l’educazione dei ragazzi e dei giovani al bene comune.
Quando, infatti, le parrocchie ci appaiono, sommerse dalla primaria doverosa somministrazione dei sacramenti ai fedeli abitudinari e rifuggono dall’azione missionaria, gli edifici sacri, di cui parla la Sommaria, si presentano come sedi importanti per una presenza più capillare delle chiese palermitane nel tessuto sociale della città.

L’inaspettata esplorazione della ricerca sulla Palermo sacra, la cui origine è passata da queste chiese, richiama ad una maggiore consapevolezza i laici credenti dei movimenti, delle associazioni e delle aggregazioni ecclesiali, dai carismi vari, e sembra invitarli a riappropriarsi dei luoghi e degli edifici di culto degli antenati, da restaurare, come più volte segnalato dall’Università nel Piano dei Servizi. Una volta salvati, potranno contribuire a far rivivere testimonianze di fede, d’arte, di devozione, e di quelle virtù civiche necessarie per una nuova fraternità cittadina, da ristabilire tra quanti per la mobilità urbana e per il restauro del Centro storico, sono venuti ad abitare i quartieri delle Chiese in ombra.Tra costoro non mancano gli immigrati di colore, che, dalla religione dell’amore (Deus Caritas est), attendono l’abbraccio dell’accoglienza da parte dei fratelli laici.

Un fotografo artista, schivo del successo, Andrea Ardizzone, è detto nella presentazione del volume, ha raccolto le immagini, le strade, le piazze, i prospetti, gli interni delle cento chiese in ombra, con i tesori sfuggiti ai ladri d’opere d’arte.Queste foto sono riportate per illustrare l’opera della Sommariva, quasi guide satellitari per quanti, diaconi, volontari, dirigenti di movimenti di spiritualità, confraternite, seminaristi, parroci titolari dei territori assegnati e laici dalle specifiche vocazioni del nostro tempo, ingegneri, architetti, urbanisti, sociologi, mostrano interesse, vocazione e voglia di recuperare alla storia dell’architettura sacra, alla letteratura, al turismo culturale e religioso, all’azione missionaria quest’immenso patrimonio della cattolicità, creato, nei secoli, per una diffusa azione d’evangelizzazione.
Il nuovo arcivescovo Mons.Paolo Romeo è ad attenderli, con la sua dichiarata disponibilità al servizio ecclesiale alle nuove periferie cittadine, tra le quali ricadono le aree che si rianimano, rivivono ed insistono negli antichi quartieri del Centro Storico, al quale le Istituzioni sembrano volere dedicare, negli ultimi anni, intelligenza e passione propulsiva (da Orlando al Sindaco Cammarata, dall’Assessore Mario Milone a Scimemi, proveniente dall’Assessorato Regionale Beni culturali).

Il vasto mondo dei valorosi Architetti e Ingegneri, di cui gode Palermo, e la Sicilia, gli Ordini professionali, le imprese artigiane, i restauratori, gli artisti, che trovano spesso ispirazione nel divino, coglieranno l’occasione offerta dall’opera della Sommariva per offrire consulenze e progettualità, spiccate proposte di professionalità, per ridare agli edifici in questione quella neomodernità culturale ed artistica e quella centralità e relazionabilità con le chiese parrocchiali e le comunità di quartiere, riportando alla luce un’umanità nuova, allontanando le ombre cresciute attorno alle chiese, quasi nascoste, nelle circoscrizioni, ove sono localizzate.

Il volume della Sommariva sembra ancora, delicatamente, rivolto a quanti esercitano pubblica professione di fede e dispongono di surplus nei loro redditi aziendali, a quanti, specie se a capo delle Fondazioni culturali, hanno a cuore la storia di questa città ed avvertono l’utilità e la necessità di dare alla vita comunitaria nuove occasioni d’aggregazione attorno ai valori che la Chiesa tramanda.

Né manca, pertanto, un appello forte, che la Sommaria rende comprensibile nell’Introduzione, rivolto alle Istituzioni pubbliche ed ai cittadini privati, per offrire alla Chiesa di Palermo, alla cultura, al turismo, un patrimonio religioso in cui affonda l’identità vera della città.

Una mobilitazione d’energie, di risorse, a volte pur esse in ombra, negli studi di progettazione, nell’Università, presso i laboratori degli artisti, presso le Gallerie d’Arte cittadine, nelle Fondazioni, potrà ridare alla città, con la riattivazione delle chiese semi abbandonate, una nuova rete extra catacombale di stimoli religiosi, umanitari, per la vita operosa dei suoi abitanti.

Questo libro, stimola, anche fuori del territorio in cui nasce, l’attenzione attorno alle chiese in ombra, per le tante vicende storiche lasciate spesso al saccheggio dei ladri d’opere d’arte, o trascurate nel culto per mancanza di sacerdoti, o incustodite per mancanza di mezzi protettivi da parte delle istituzioni titolate.

Il primate della Chiesa di Palermo e Presidente della C.E.Si, Mons.Paolo Romeo, potrà proporre, all’Autore ed ai laici attenti alle storie locali, di estendere, sulla base di questa ricerca, analoghi studi sulle altre Chiese in ombra della provincia e delle altre diocesi, così come recentemente è avvenuto nella Russia e in molti paesi dell’Oriente.

Non avere interesse per la memoria delle opere della fede, da parte del laicato ,credente e non,, è far crescere l’apatia morale, l’indifferenza verso i luoghi di culto e la Chiesa,ed è qualvolta l’inizio per l’abbandono di Dio.

All’editore Dario Flaccovio, così attento alla storia ed alle produzioni artistiche dell’Isola,ed al fotografo Andrea Ardizzone, può rivolgersi l’apprezzamento ed il riconoscimento per la professionalità e la scelta operata, non legata a problemi economici, ma offerta quale contributo di un’editoria storica, che affonda le sue radici nella religiosità e nella nobiltà del pensiero e che sa correre il doveroso rischio quando una proposta, come quella della Sommariva, è così carica di finalità e d’obiettivi non gridati, ma umilmente rappresentati, dopo lunghe ricerche e studi, a servizio dell’identità della città.

Ing.Ferdinando Russo
già sottosegretario Ministero Interno

(1) G.Sommariva-Palermo, Cento Chiese nell’ombra; fotografie d’Andrea Ardizzone Editore D. Flaccovio Palermo 2007
(2) G.Sommariva, Bagli e ville di Palermo e dintorni editore D.Flaccovio, Palermo 2005
(3) G.Sommariva, Palazzi nobiliari di Palermo, editore D.Flaccovio, 2004
(4) A.Turrisi ,in Giornale di Sicilia del 7 dicembre 2007
(5)L.Nobile, Piccole Chiese,grandi tesori ,in La Repubblica del 12 dicembre 2007
(6)O.Germanese, Palermo cento chiese nell’ombra in, CNTN Anno VIII N.12, Dicembre 2007.

Giulia Sommariva,Palermo cento chiese nell’ombra,Flaccovio editore,2007,pp.304,€ 38,00.

I conti civici di Giuliana 1784-1810. Di Antonino Marchese.

giuli 

I CONTI CIVICI DI GIULIANA

1784-1810

 Di

 Ferdinando Russo

 Antonino Giuseppe Marchese,con “I Conti Civici di Giuliana “(1784-1810),pubblicato per l’Ila Palma Mazzone- Produzioni, continua, da fine storico delle comunità locali del Corleonese, la sua ricerca sulle origini dei paesi della valle del Sosio e dell’Alto Belice ,e sulla vita culturale socio-economica della sua città natale.La sua fatica storico-letteraria, mentre rende omaggio alle origini ricche di significato di Giuliana, Universitas, svolge un ruolo educativo rivolto al passato, quasi un pensiero grato agli antenati, che, con le loro virtù e con i tanti valori trasmessi, legati alla famiglia e alla vita, anche politico-amministrativa, hanno permesso a noi contemporanei di esistere.L’Amministrazione comunale, attraverso il sindaco Giuseppe Campisi, gli ha reso merito per avere portato alla luce il valore non solo dei principali monumenti, il Castello di Federico II e le chiese, ma anche le tradizioni, i culti, le sue pietre dure, il paesaggio, i suoi artisti dai Ferraro a Giacomo Santoro, a Padre Olimpio, autore del volume “Memorie antiche del Monastero di S. Maria del Bosco”,fino ai contemporanei,(la copertina de “I Conti civici” è di una giovane artista di Giuliana, Anna Iannazzo).A.G.Marchese,nei suoi scritti non ha trascurato la letteratura popolare, attenzionando uomini e figure politiche di interesse come quella di Peppe Russo, dei masnadieri  di Giuliana,degli artigiani di valore come i Colletti .Da medico poi, nelle sue ricerche, non ha dimenticato figure meritevoli di memoria: i farmacisti, i medici, le ostetriche, le mammane, i barbieri, gli aromatari. Ne ha raccontate le vite nel saggio: ”Il mortaio, la bilancia e il coccodrillo sulle botteghe degli speziali nella Corleone del settecento”. Il volume ha avuto la presentazione del presidente dell’Ordine dei medici, Salvatore Amato e del prof.Aldo Gerbino.E’ nato così “Il serpente di Esculapio” su medici, chirurghi e speziali a Chiusa Sclafani nella prima età moderna, da Giovanni Filippo Ingrassia a Francesco Di Giorgio, quasi un omaggio ai tanti stimati colleghi che hanno esercitato le professioni di medico, biologo, farmacista con spirito missionario a Giuliana e a Chiusa, quali i Russo, i Bella, i Di Giorgio, Napoli, Purrazzella, Caldarera, Scaturro, Musso, di Fede.Quest’amore per l’identità storica di Giuliana, questa cura per la memoria dei suoi figli, delle arti, della vita di relazioni sociali e culturali, è testimoniato anche dalla ricca Biblioteca personale di Marchese, inaugurata da Cataldo Naro e visitata da Vittorio Sgarbi. Raccoglie tutte le ricerche effettuate e offerte per far conoscere, al mondo degli studiosi, il paese e i suoi tesori, diventati coscienza comunitaria.E’ così accresciuta l’attenzione della locale scuola alla storia, alle vicende del passato anche recente, all’ambiente, alle colture, alle caratteristiche del territorio, sulla scia di maestri esemplari come il Maestro Pietro Bella, la maestra Francesca Bella, Vincenzo Cossentino, la preside Giuseppina di Giorgio, il prof Giuseppe Martorana, la vice Preside Maria Pia Colletti Marchese. L’attaccamento alle origini e all’identità comunitaria si è così trasferito alle presenti generazioni giovanili, attraverso i docenti e i professionisti del nostro tempo, che hanno dato esempi di nuovi studi e ricerche sulla vita religiosa e politica della città. A costoro va il nostro sincero apprezzamento. Dobbiamo evidenziare, infatti, gli apporti offerti agli approfondimenti storici su uomini e avvenimenti, studiati dal professor Giuseppe Scaturro, Vincenzo Campo, Antonietta Campisi, Maria Antonietta Russo, Di Fede, e sul piano musicale dal dott. Saro Colletti, le cui composizioni creano consensi, sempre più vasti ed ispirano i giovanissimi compositori e musici della rinata banda comunale, e nuovi Gruppi musicali.

 I giovani musicisti hanno fornito prova, nell’estate del 2008, di studio e di passione musicale, degna di un paese europeo, che nella musica trova occasione di dialogo, di socializzazione, di comunicazione universale.I Laboratori Musicali, da istituire presso i complessi scolastici, diventano  così un impegno per accogliere le proposte dei giovani  che  mostrano una rinata passione per la musica.

 Lo ricordiamo all’Amministrazione che ha inserito nel suo programma culturale integrativo alle attività scolastiche i laboratori serali per la musica, le lingue, l’informatica, le tradizioni e la fotografia, il cui interesse si è manifestato, nella recente mostra fotografica, dell’artista Vincenzo Brai sugli altari popolari d’Agosto, allestiti, lungo le vie e le piazze di Giuliana.La mostra, visitata e apprezzata dall’Arcivescovo di Monreale mons. Salvatore di Cristina, ci riporta a un’altra opera del Marchese, a “I dipinti settecenteschi del Santuario della Madonna del Balzo in Bisacquino”, ispirati dalla fede e dalla devozione.

La partecipazione popolare alle serate attorno agli altari, amorevolmente allestiti e ornati nei quartieri dagli abitanti dei luoghi, è rappresentata, nelle splendide foto di Brai, che suggeriscono una pubblicazione ad hoc. Gli altari dedicati all’Assunta mostrano quanta carica culturale e religiosa, quanta devozione alla Madonna, quale identità di gruppo possono sprigionarsi dal recupero della storia, tradizioni e manifestazioni di culto della comunità. Ed è “La festa di S. Giuseppe a Giuliana “ il titolo di un’altra opera del Nostro.

Nella prefazione, Jeanne Vibaeck scrive,: <.la festa ha sempre lo scopo di dare senso all’identità di un gruppo, confermare la solidarietà attraverso la comune partecipazione ai rituali, non importa se religiosi o laici, se di nazioni,paesi o famiglie di una o più ristretta collettività costituita da quell’unico evento>.Al ripristino di questa festa e degli altari in tutti i quartieri, è seguita la recente rappresentazione storica della Castellana, organizzata dall’amministrazione comunale, dall’impegno dell’assessore al turismo Antonella Campisi, e dalla presidente del Pro Loco Rita Purrazzella.L’evento, inserito tra gli “Itinerari turistici dei castelli di Sicilia”, ha visto il coinvolgimento di una larga ed entusiasta parte della gioventù giulianese, protagonista in assoluto della manifestazione, culminata nella partecipazione a Palermo alla festa della provincia regionale.

Ricordiamo questi avvenimenti perchè largo merito va attribuito al Dott. Marchese, tra i primi a far rivivere tradizioni, culti, canti popolari e al Pro Loco, che ha saputo alimentare l’amore alle tradizioni e recuperare momenti identitari alla comunità.

Nel libro su “I Conti Civici”, Marchese lascia da parte le tradizioni per affrontare il tema della cittadinanza politica, attraverso uno degli atti più espressivi, quello del bilancio annuale per i servizi resi dalle amministrazioni alla comunità. Il volume, presentato nei primi cento giorni della nuova amministrazione comunale, recupera il tema della partecipazione politica, partendo da lontano, con un affondo sulla situazione sociale di Giuliana, prima dell’unità d’Italia.In questa comunità, ha imparato a far politica, la generazione postbellica, accompagnata e preceduta dall’esperienza d’illustri concittadini sindaci e vice sindaci: il farmacista Ignazio Russo, il Dott.Ernesto Bella, il sig. Mariano Cicchirillo, il Cav.Luciano D’Asaro, il dott.Giuseppe Iannazzo,il sig.Franco Quartararo,Giuseppe Arcuri,il Geom.Vincenzo Martorana  ed i vice  Salvatore Cutrone, Marcianti ,Campisi,Rizzuto.

I nomi  riportati da Marchese, nel saggio  presentato dal Sindaco Giuseppe Campisi,dall’assessore alla cultura Antonella Campisi ,dal Prof.Giuseppe Bonaffini, dall’assessore alla provincia regionale Dott.Porretta, con i saluti del presidente Giovanni Avanti, dell’assessore Gigi Tomasino e dell’editore Mazzone, onorano l’opera di emersione, condotta dall’autore. Si scopre  una contabilità pubblica in cui non è mai mancata la solidarietà verso i deboli. e segna le famiglie   delle generazioni vissute  oltre due secoli fa ,con alto senso civico ,ancora oggi di insegnamento a chi partecipa alla vita politica.

I Conti Civici,studiati da Marchese, hanno i confini dal 1784 al 1810.

Un primo invito che rivolgiamo all’autore è di non fermare la sua ricerca, di riprenderla e allargarla agli anni successivi, e condurla e ultimarla fino ai nostri giorni, anche per accontentare quanti desiderano, ai nostri giorni, guardare le contabilità riferenti alla vita politica degli ultimi dieci anni. Per questo proponiamo all’autore il soggetto storico, che ha sollevato,  e che ha presentato , in prima assoluta, a Giuliana.La ricerca è propedeutica e foriera di un maggiore interesse per la realizzazione degli Archivi  storici dei comuni.Marchese, come scrive nell’introduzione, <alla storia dell’uomo vuole sostituire quella più concreta di tutti gli uomini>.

E così nel libro al nostro esame, l’autore dedica alcune interessanti pagine alle donne di Giuliana, oggi in posizione rilevante nella nuova amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Campisi, e che vede Anna Colletti, vice presidente del Consiglio comunale, Antonietta Altamore, e Antonietta Campisi, tra gli assessori della nuova Giunta.Marchese rileva la presenza nei secoli, presi in esame a Giuliana, di sette donne impegnate in attività sociali di solidarietà verso i bambini senza genitori e cita la presenza delle donne “cambiste”che finanziavano il comune nei momenti di bisogno con prestiti al 5-7 per cento.

I loro cognomi sono ancora presenti a Giuliana: Marino, Alduino, Principato, Calcara, ma l’attenzione primaria di Marchese è per i nomi di coloro che ci hanno amministrato-e così <Lo storico impedisce loro di morire>.Sono i Rollo, (Mastro Leonardo Rollo), i Russo, tra i tanti cognomi che ritroviamo dei concittadini odierni: Verde,Cavallino, Calcara,Cossentino (la locanda di Tommaso Cossentino), Amodei, Musso.

Marchese mostra di avere assorbito la lezione degli storici A. Goff e Marc Bloc. Il primo scrive:<Si può affermare che tutta la storia si situa nella produzione di documenti e nella decifrazione dei documenti che chiamiamo fonti. Così s’innesca un momento della storia che è raccontato, annotata e che costituisce la memoria scritta, grande necessità dell’umanità che non vuole scomparire, riporta uomini e donne vive allo storico e lo storico impedisce loro di morire>.Forse anche per questo non sono pochi i medici come Marchese che fanno gli storici, da Pitrè al vicino dott. Di Giorgio da Chiusa Sclafani, facendo sì che gli abitanti centenari, che nelle comunità sicane che hanno il record anagrafico, possano continuare a vivere nella memoria.Block, ci ricorda Marchese, aveva individuato un flusso storico bipolare tra passato e presente nell’affermazione:<il mestiere di storico è tanto quello di comprendere il passato attraverso il presente, quanto quello di comprendere il presente attraverso il passato>.

 

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Antonino Giuseppe Marchese, I conti civici di Giuliana 1784-1810,Ila Palma,2008.

LE BIOTECNOLOGIE PER IL MIGLIORAMENTO DELLA NOSTRA VITA

      

In guerra contro i tumori 

 di  Giovanni Perconti

(articolo segnalato al blog dall’On.Ferdinando Russo)

 

Si è tenuto a Palermo, presso Palazzo Steri, un corso dal titolo “Biotecnologie e Medicina”. Il corso è stato patrocinato dall’Università degli Studi di Palermo, dal Centro di Oncobiologia Sperimentale (C.OB.S.) e dalla Regione Siciliana – Assessorato alla Sanità.

Il corso si è svolto all’interno della Sala Magna dello storico palazzo del ‘300 dove esperti hanno preso la parola discutendo diversi esempi delle più moderne applicazioni in campo biotecnologico.

L’incontro è stato organizzato in due sessioni presiedute dal prof. Leonardo Santi, presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie e le Scienze della Vita di Roma, e dalla prof.ssa Ida Pucci Minafra, direttore del Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Applicazioni Cliniche (D.O.S.A.C.) e Presidente del C.OB.S.

La prima sessione è stata aperta dal prof. Santi il quale ha sottolineato come le biotecnologie intervengano nel miglioramento di molteplici aspetti della nostra vita avendo applicazioni in diversi campi e settori come la farmacologia, la medicina, l’agricoltura, la zootecnia, la bio-industria, la scienza forense, l’ambiente e tanto altro. Da questo l’importanza e la necessità di una informazione corretta e diffusa su questi argomenti.

Il primo seminario è stato tenuto dal prof. Carlo Alberto Redi, Accademico dei Lincei e direttore scientifico della Fondazione IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia, il quale ha affrontato il tema di estremo interesse della ricerca sulle cellule staminali descrivendo come queste cellule si originano e le potenzialità terapeutiche sia delle staminali somatiche (o adulte) che di quelle embrionali. A seguire la dr.ssa Adriana Albini, Responsabile Ricerca Oncologica del Polo Scientifico e Tecnologico IRCCS Multimedica di Milano ha discusso come l’individuazione di nuovi indicatori predittivi e di bersagli terapeutici può essere decisiva nella prevenzione e nella cura di una malattia estremamente complessa e diversificata come il cancro. Ha preso quindi la parola il Dr. Antonio Pizzuti dell’istituto CSS-Mendel di Roma che ha esposto una sintesi di quali sono oggi, nell’era post-genomica, le nostre conoscenze sulle malattie genetiche.

Nella stessa sessione hanno preso la parola il prof. Marco Soria, Professore Ordinario di Biochimica e Biologia Molecolare dell’Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro, il prof. Lorenzo Silengo del Dipartimento di Genetica, Biologia e Chimica Medica dell’Università degli Studi di Torino, e il dott. Carlo Serafini della Merck Serono S.p.A. di Roma. Questi studiosi hanno evidenziato l’influenza sulla farmacologia delle più recenti scoperte nel campo delle biotecnologie. E’ noto che le risposte ad alcuni farmaci sono individuali o che le dosi efficaci di un farmaco possono variare tra pazienti e questo è dovuto alle differenze esistenti  tra i genomi dei diversi individui; questi genomi possono potenzialmente essere modificati mediante il trasferimento di materiale genetico allo scopo di prevenire o curare le malattie. Sono stati affrontati questi argomenti approfondendo alcuni concetti come quelli di farmacogenetica, farmacogenomica e terapia genica sottolineando anche le difficoltà e il tempo necessari per sviluppare, provare e produrre nuovi farmaci.

Dopo la pausa pranzo durante la quale i partecipanti al congresso hanno scambiato idee e pareri sugli argomenti trattati, si è aperta la sessione pomeridiana con l’intervento della prof.ssa Ida Pucci Minafra la quale da diversi anni si occupa dello studio della proteomica del carcinoma mammario. Durante il suo seminario la prof.ssa Pucci Minafra ha messo in risalto diversi concetti importanti. E’ noto a tutti ormai che l’insorgenza e la progressione di un tumore sono causate dalla mutazione di alcuni geni ma non tutte la mutazioni hanno la stessa importanza. Alcune mutazioni intervengono secondariamente quando il tumore si è già formato e vengono dette passenger al contrario delle mutazioni driver che iniziano il processo di trasformazione neoplastica. Lo scenario dei geni coinvolti nella maturazione di un tumore, sottolinea la prof.ssa Pucci Minafra, è quindi molto complesso e questo in particolare vale per una malattia molto eterogenea come il tumore mammario.

Un altro concetto importante emerso durante l’incontro è che alcuni tumori possono essere causati da un infezione virale, come spiegato dal prof. Antonio Perino direttore della Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria P. Giaccone di Palermo. In particolare il cancro del collo dell’utero può essere provocato da alcuni virus della famiglia dei Papilloma virus; molte persone vengono in contatto con questi virus, ma nella maggior parte dei casi l’organismo riesce a contrastare l’infezione del virus del quale non rimane traccia. In una piccola percentuale di casi, invece, il virus può rimanere nel corpo di un individuo infettato aumentando le possibilità di insorgenza del cancro. Questo oggi si può prevenire, spiega il prof. Perino, mediante la vaccinazione. Nei successivi interventi il prof. Feo, del Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Applicazioni Cliniche (D.O.S.A.C.) di Palermo, ha descritto come marcatori tumorali, ovvero molecole che ci segnalano la presenza o ci consentono di conoscere lo stadio di un tumore, possono essere ricercati tra le proteine coinvolte nel metabolismo cellulare, mentre la prof.ssa Carla Giordano (D.O.S.A.C.) e il prof. Vittorio Gebbia (Oncologia Medica – Clinica “La Maddalena” – Palermo) hanno parlato rispettivamente delle basi molecolari dell’insorgenza del tumore alla tiroide e dell’individuazione di bersagli terapeutici nelle neoplasie del tratto gastro-intestinale.

Il congresso si è chiuso con l’intervento del prof. Ettore Cittadini, presidente della Fondazione Istituto San Raffaele – Ospedale G. Giglio di Cefalù, che ha evidenziato come le più avanzate scoperte nel campo delle biotecnologie possano trovare applicazione anche nel trattamento dell’infertilità di coppia. Il prof. Cittadini si è soffermato in particolare sulle prospettive terapeutiche offerte dall’uso delle cellule staminali nel campo della medicina della riproduzione.

Il valore dell’incontro descritto è legato alla grande quantità e all’interesse degli argomenti trattati oltre che all’importanza dei relatori provenienti da diversi istituti scientifici e università italiane.

Tutti i partecipanti hanno rimarcato con i loro interventi la crescente importanza delle biotecnologie per la ricerca e lo sviluppo in ambito medico e hanno fornito agli iscritti al corso numerosi esempi dei vantaggi ma anche dei problemi delle applicazioni biotecnologiche nell’ambito della ricerca preclinica e clinica.

 Giovanni Perconti.