Ernesto Ruffini,Il vero volto della Sicilia.

Ernesto Ruffini, Il vero volto della Sicilia

in:

http://terradinessuno.wordpress.com/biblioteca-di-terra-di-nessuno/ernesto-ruffini-il-vero-volto-della-sicilia/

 

Emmanuel inno GMG 2000

Emmanuel

 

Dall’orizzonte una grande luce

viaggia nella storia

e lungo gli anni ha vinto il buio

facendosi Memoria,

e illuminando la nostra vita

chiaro ci rivela

che non si vive se non si cerca

la Verità…

 

…l’Emmanuel

 

Da mille strade arriviamo a Roma

sui passi della fede,

sentiamo l’eco della Parola

che risuona ancora

da queste mura, da questo cielo

per il mondo intero:

è vivo oggi, è l’Uomo Vero

Cristo tra noi.

 

Ritornello

 

Siamo qui

sotto la stessa luce

sotto la sua croce

cantando ad una voce.

E’ l’Emmanuel

Emmanuel, Emmanuel.

E’ l’Emmanuel, Emmanuel.

 

Dalla città di chi ha versato

il sangue per amore

ed ha cambiato il vecchio mondo

vogliamo ripartire.

Seguendo Cristo, insieme a Pietro,

rinasce in noi la fede,

Parola viva che ci rinnova

e cresce in noi.

 

Ritornello

 

Un grande dono che Dio ci ha fatto

è Cristo il suo Figlio,

e l’umanità è rinnovata,

è in Lui salvata.

E’ vero uomo, è vero Dio,

è il Pane della Vita,

che ad ogni uomo ai suoi fratelli

ridonerà.

Ritornello

La morte è uccisa, la vita ha vinto,

è Pasqua in tutto il mondo,

un vento soffia in ogni uomo

lo Spirito fecondo.

Che porta avanti nella storia

la Chiesa sua sposa,

sotto lo sguardo di Maria

comunità.

 

Ritornello

 

Noi debitori del passato

di secoli di storia,

di vite date per amore,

di santi che han creduto,

di uomini che ad alta quota

insegnano a volare,

di chi la storia sa cambiare,

come Gesù.

 

Ritornello

 

E’ giunta un’era di primavera,

è tempo di cambiare.

E’ oggi il giorno sempre nuovo

per ricominciare,

per dare svolte, parole nuove

e convertire il cuore,

per dire al mondo, ad ogni uomo:

Signore Gesù

 

Ritornello

 

(su di un tono)      (2 volte)

E’ l’Emmanuel, Dio con noi

Cristo tra noi.

Sotto la sua croce

E’ l’Emmanuel, Emmanuel

Sotto la stessa croce

cantando ad una voce.

 

This city which has poured out

its life-blood out of love

and has transformed the ancient world

will send us on our way,

by following Christ, together with Peter,

our faith is born again,

the living word

that makes us new

and grows in our hearts.

 

Ce don si grand que Dieu nous a fait

le Christ son Fils unique;

L’humanité renouvelée

par lui est sauvée.

Il est vrai homme, il est vrai Dieu,

il est le pain de la vie

qui pour chaque homme

pour tous ses frères

se donne encore,

se donne encore.

 

Llegò una era de primavera

el tiempo de cambiar:

hoy es el d^a siempre nuevo

para recomenzar,

cambiar de ruta y con palabras nuevas

cambiar el corazòn

para decir al mundo, a todo el mundo:

Cristo Jesùs.

 

Y aquì

bajo la misma luz,

bajo su misma cruz,

cantamos a una voz.

 

E’ l’Emmanuel, l’Emmanuel, l’Emmanuel.

E’ l’Emmanuel, l’Emmanuel.

(Sotto la stessa croce, cantando ad una voce.)

E’ l’Emmanuel, l’Emmanuel, l’Emmanuel.

(Cantando ad una voce.)

E’ l’Emmanuel, l’Emmanuel.

“VINCE LA LUCE…..”,RICORDANDO CATALDO NARO.

Il Padreterno è abituato a scrivere,spesso e volentieri, sulle righe storte piuttosto che sulle dritte,così come, invece, vorremmo noi. In questa logica “illogica”, il 29 Settembre di due anni fa chiamava a sè, improvvisamente e prematuramente,l’Arcivescovo Mons.Cataldo Naro.Si spegneva,così, una figura esemplare di studioso,sacerdote e vescovo. Moriva proprio nel giorno della festa di

San Michele Arcangelo patrono della diocesi nissena.

Nato a San Cataldo, Mons. Naro aveva compiuto i suoi studi tra Caltanissetta,Napoli e Roma,dove aveva conseguito il dottorato in Storia della Chiesa e Archivistica. Appassionato di storia locale,aveva intrapreso un cammino di riscoperta del movimento cattolico a Caltanissetta e,più in generale, in Sicilia.

Nel 1983,ha fondato il centro studi Cammarata,con sede a San Cataldo,divenuto nel tempo un punto fermo per la cultura in Sicilia,richiamando decine e decine di studiosi dall’Italia e non solo.

A testimonianza di ciò le tantissime pubblicazioni del centro studi.

Uomo della sostanza,Cataldo Naro ha contestato e contrastato, con la sua vita ,i percorsi dell’apparenza, del bigottismo,dell’effimero,del pietismo,del cattolicesimo municipale,di una chiesa serva del potere,decidendo di vivere, e non di sopravvivere, la sua giovane vita con autenticità, con spirito di servizio evangelico,credendo nella sua alta dignità sacerdotale ed episcopale.

Ha speso la sua grande ed intuitiva intelligenza al servizio della formazione di intere generazioni di giovani studenti.

Precursore di molte cose,tra cui la nascita del progetto culturale della chiesa italiana, ha insegnato in diverse luoghi e soprattutto presso la Facoltà Teologica di Sicilia di cui è stato prima docente, per tanti anni,poi vice preside e,infine, preside per 6 anni.

Ha collaborato attivamente alla vita della chiesa in Italia oltre che con i suoi studi,anche facendo parte del comitato di gestione di Avvenire,collaborando con l’Osservatore Romano e con il progetto culturale della chiesa italiana.

Nominato arcivescovo di Monreale, nell’ottobre del 2002,si è prodigato incessantemente per il servizio pastorale alla chiesa affidatagli. Tantissime le iniziative poste in essere in soli 4 anni.

Il 29 settembre 2006 si è spento,causando la gioia di qualche delinquente patentato,(il quale non pago di tutto il MALE che gli ha fatto mentre Mons.Naro era ancora in vita, continua a dire.”Io me ne sono andato,ma lui non ha visto il trasloco”), e il pianto,la sofferenza di tantissime persone che lo hanno conosciuto,apprezzato ed amato.

Poiché rifiuto della morte è innanzitutto la memoria,così come scriveva Sergio Quinzio,aspettando il giorno del giudizio di Dio, ieri pomeriggio per ricordarlo è stata inaugurata,presso la meravigliosa cornice del museo diocesano di Caltanissetta,una mostra pittorica disegnata e plasmata dall’artista Silvana Pierangelini Recchioni,denominata:

Vince la Luce!

La mostra è stata presentata dalla Professoressa Maria Antonietta Spinosa,docente di estetica alla FaTeSi, ed inaugurata dal Vescovo di Caltanissetta Mons.Mario Russotto che ricordava i cinque anni dall’ insediamento alla guida della diocesi nissena.

Totus Tuus musica di Marco Frisina

 

TOTUS TUUS

 

Totus tuus sum ,Maria,

Mater nostri Redemptoris,

Virgo Dei, Virgo pia,

Mater Mundi Salvatoris.

 

Totus tuus sum, Maria,

Mater nostri Redemptoris,

Virgo Dei, Virgo pia,

Mater Mundi Salvatoris.

 

Totus tuus sum, Maria,

Mater nostri Redemptoris,

Virgo Dei, Virgo pia,

Mater Mundi Salvatoris.

 

Amen.

La pedagogia della lumaca…..di Gianfranco Zavalloni.

INTRODUZIONE

 

di Gianfranco Zavalloni*

 

A scuola di lentezza

 

In questi tempi è di gran moda, nelle case di campagna nabitate dai cittadini, avere un ulivo secolare in giardino. Peccato che dove oggi si costruiscono ville, un tempo non c’erano uliveti. Se si piantassero piccole pianticelle di ulivo ci vorrebbero anni per avere una bella pianta. Allora esistono ditte specializzate che espiantano ulivi secolari e li ripiantono anche a pochi metri dalla porta di casa. Nessuno ha più il tempo di attendere? Oggi si vuole tutto velocemente. Grazie alla televisone prima, e alle reti telematiche ora, è di gran voga la somministrazione di notizie “in tempo reale”, “in diretta”. Si è cioè convinti di potere di più se si è “in rete” con tutto il mondo attraverso un computer, un telefono o un monitor. A cosa serve tutto questo? Spesso non si sa. Si sa solo di essere collegati con tutto il mondo. Forse si ottiene un grande senso di sicurezza, di protezione, rispetto alla sensazione di “esser soli”. Si vive con il mito incalzante del tempo reale e si sta perdendo la capacità di saper attendere. Chi ha più il tempo di aspettare l’arrivo di una lettera? Oggi è possibile alzare la cornetta e sentire la persona con cui si vuoi comunicare in pochi secondi. Che vantaggio c’è nello scrivere delle lettere? Se tutto va per il giusto verso c’è da attendere una settimana. Molto meglio il telefono, la posta elettronica, la chat. Alcuni anni fa, quando ancora non esisteva Internet, Jeremy Rifkin ci ricordava che “… la razza umana si è basata, nel corso della storia, su quattro dispositivi fondamentali di assegnazione del tempo: i rituali vitali, i calendari astronomici, le campane e gli orari, e ora i programmi dei calcolatori. Con l’introduzione di ogni nuovo dispositivo, la razza umana si è staccata sempre più dai ritmi biologici e fisici del pianeta. Siamo passati da una stretta partecipazione ai ritmi della natura all’isolamento pressoché totale dai ritmi della terra…”.

Siamo nell’epoca del tempo senza attesa. Questo ha delle ripercussioni incredibili nel nostro modo di vivere. Non abbiamo più il tempo di attendere, non sappiamo partecipare a un incontro senza essere disturbati dal cellulare, vogliamo “tutto e subito” in tempo reale. Le teorie psicologiche sono concordi nel pensare che una delle differenze fra i bambini e gli adulti risieda nel fatto che i bambini vivono secondo il principio di piacere (“tutto e subito”), mentre gli adulti vivono secondo il principio di realtà (saper fare sacrifici oggi per godere poi domani). Mi sembra che oggi gli adulti, grazie anche alla società del consumismo esasperato, vivano esattamente come i bambini secondo le modalità del “voglio tutto e subito”. Sapremo ritrovare tempi naturali? Sapremo attendere una lettera? Sapremo piantare una ghianda o una castagna sapendo che saranno i nostri pronipoti a vederne la maestosità secolare? Sapremo aspettare? Si tratta di intraprendere un nuovo itinerario educativo. Genitori. insegnanti e tutti coloro che ruotano attorno al mondo della scuola, sono stimolati dalle suggestioni offerte dalla pedagogia della lumaca e possono ricominciare a riflettere sul senso del tempo educativo e sulla necessità di adottare strategie didattiche di rallentamento, per una scuola lenta e nonviolenta.

 

 

*Gianfranco Zavalloni è dirigente scolastico, dopo aver fatto per 16 anni il maestro di scuola materna. Vive da sempre in campagna, a Cesena. Ama dipingere e disegnare. Recita nella compagnia Baracca & Burattini e anima l’associazione di volontariato Ecoistituto di Cesena. È l’estensore del manifesto I diritti naturali di bimbi e bimbe e curatore del sito wwwscuolacreativa. it

 

IN CLASSE CHE SUCCEDE?

 Che cosa si insegna oggi nella scuola italiana? O meglio: qual è l’oggetto della comunicazione didattica che interviene tra insegnante e allievo al fine di produrre acquisizione di nuove esperienze?

 

Alla luce della tradizione culturale a cui apparteniamo (che affonda nelle radici cristiane ed ebraico-greco-latine) l’oggetto della trasmissione sono le conoscenze, ovvero i saperi che ci introducono nella realtà facendocene gustare il significato, secondo le modalità rese possibili dalle circostanze di tempo e di luogo e dalla situazione degli alunni.

 

 Il passaggio della conoscenza dal maestro all’alunno costituisce un metodo, strada adeguata all’obiettivo comune che è l’apertura della ragione alla scoperta del significato di tutta la realtà.

La tradizione ha indicato la conoscenza che diventa consapevolezza personale con la parola “cultura”, intesa come riflessione critica e sistematica sulla esperienza.

 

La scuola (di ogni ordine e grado) è ambito di cultura nella misura in cui il contenuto della comunicazione didattica non si chiude in sé stessa, in maniera quasi onnicomprensiva, ma permette di effettuare la verifica delle ipotesi che il docente offre ai propri allievi. Una ipotesi di significato relativa ad un aspetto particolare della realtà lancia il docente e l’alunno alla scoperta dei legami e dei rapporti tra il particolare e il tutto. Nella libertà del coinvolgimento con il significato si fonda la libertà del coinvolgimento tra persone che guardano oltre i muri delle aule.

Ad una scuola fonte di continua novità per una comunità basterebbero poche cose: alcuni contenuti (o livelli essenziali) validi per tutti e molta autonomia, molta libertà interpretativa offerta ad insegnanti ed alunni. Libertà ed autonomia non solo, e non tanto, nella determinazione delle programmazioni, quanto nella organizzazione degli stessi contenuti conoscitivi in nuclei fondanti per are a, per materia, per argomento.

 

L’impressione è che invece si sia proceduto in altro modo e che la presenza di una forte componente statalista nella realtà del nostro sistema scolastico abbia finito per statalizzare anche la conoscenza, con conseguenze dalle quali facciamo fatica a rientrare.

 

L’oggetto del contendere sono, senza dubbio, le discipline scolastiche.

 

La disciplina non è solo una particolare organizzazione delle nozioni afferenti ad un oggetto, corrispondente ad una determinata fase storica della società (concezione relativistica del sapere). La disciplina scolastica, come richiama la parola stessa, implica un metodo di introduzione nel reale attraverso una particolare finestra che si apre progressivamente agli occhi dell’allievo. Perciò alle discipline occorre giungere attraverso passi adeguati e un lavoro che talvolta è disciplinare (ci oè propositivo di un metodo di approccio ad una situazione, ad un particolare, ad un aspetto magari pratico della realtà come manovrare un tornio) senza averne le caratteristiche formali.

 

Può essere utile che la scuola primaria non abbia a tema le discipline, pur essendo suo compito quello di appassionare la persona del bambino ad un metodo di rapporto con la realtà che passa attraverso il rapporto con l’adulto. Può essere utile, viceversa, che la scuola secondaria di primo e secondo grado prenda decisamente la strada d elle discipline, pur lasciando ampio spazio ad una verifica della sintesi che è l’allievo, nella sua situazione, che deve compiere.

 

L’impressione è che si sia proceduto nel nostro contesto esattamente in senso opposto. Abbiamo una scuola primaria fortemente disciplinare (nata dai Programmi dell’85) e una scuola superiore che tende ad abbandonare le discipline, intese ripetiamo come metodi di approccio alla realtà.

 

Il risultato è una grande confusione terminologica che pervade i testi e i documenti ministeriali (e non) di riferimento dei vari ordini di scuola, in cui gli obiettivi di apprendimento (che per quanto concerne la loro composizione in proposta formativa dovrebbero essere lasciati alla competenza del docente) sono coniugati secondo logiche curricolari (cioè in qualche modo prescrittive) che ne minano alla radice l’efficacia educativa.

Fuori dal coro….

Segnalato da Enrico  

 

 

Ciao a tutti. Qualche riflessione a raffica sul dibattito Gelminiano.
 

 

Per arrivare al 7* posto in Europa in quanto alle rilevazioni delle  competenze degli alunni in 4-5 elementare, con soddisfazione, ovvio,per il risultato raggiunto, ci si chiede come gli altri stati ci
riescano con un insegnante unico per classe… e non con il modulo a 2o a 3.
Il tempo pieno non viene abolito, ma sostenuto dai docenti che non faranno piu’ compresenze. Non verranno tagliati i posti dedicati alsostegno.

Oggi dal ministero della Pubblica istruzione dipendono circa 1,1milioni di dipendenti. Un lavoratore pubblico su tre è in Italia  dipendente del ministro Gelmini. Qualche dubbio sull’elevato numero e’lecito averlo.

Il “quaderno bianco” di Prodi non era molto gentile nei confronti della situazione scolastica italiana…

Il maestro unico non sara’ la panacea per i mali della scuola italiana (intanto sara’ affiancato dall’insegnante di lingue, da quello di sostegno, dallo specialista di religione…) certo pero’ che alle scuole ex-medie arrivano ragazzi con una preparazione frammentaria, spezzettata, a “coriandoli” che denotano una confusione di nozioni non un’ unita’ di un percorso di competenze, forse, in parte, dovuta anche alle diverse figure che intervengono nella ex-elementare che nei vari protocolli a moduli sembrano causare questa caotica situazione in entrata alla scuola ex-media. Che gli specialisti, e pluri-maestre aiutino ad affrontare lo specifico delle discipline e’certo, ma forse
e’ mancato (ma e’ una mia particolare e limitata rilevazione) nella figura del maestro prevalente la sintesi, cosi’ da costruire un alunno con una preparazione a flash, ottimo fotografo di particolari
argomenti, ma incapace di un minimo di collage … lascio ai pedagoghi l’approfondimento del tema.

Che i nuovi bisogni sociali richiedano da parte scolastica anche assistenza e vigilanza di alunni sempre piu’ lontani come monte ore dai genitori e’ vero, ma non si comprende perche’ debba essere solo la scuola ad addossarsi tale compito di vigilanza e parcheggio, arrampicandosi sui vetri nella creazione di laboratori, attivita’ extra, progetti multipli e creativi per una permanenza sempre piu’
giocosa e ludica dell’utenza, oopps bambine e bambine, che richiedono invece figure materne e paterne, testimoni di esperienze altre da quelle sperimentabili fra quattro mura scolastiche, e non docenti mimetizzati da parenti gestori di responsabilita’ di altri…. anche questa una problematica necessiterebbe un forum a parte…

Si parla di riduzioni a mera alfabetizzazione strumentale, purtroppo
agli esami di terza media (oltre non ho verificato) si assiste a tragicomiche scenette degne di una Zelig-cultura, con conseguenti giudizi giustificanti la promozione degli alunni, capolavori di
fantasia nella creazioni di ragioni addotte alla promozione.
Forse, il voto, almeno permette la sintesi ed evita faticosi percorsi letterari autoreferenziali.

Lo spirito della riforma … iniziata da qualche legislatura, continua, ma in modo meno barocco, piu’ snello e agile. Che la scuola non e’ un’azienda, va bene, ma non puo’ nemmeno essere un quadro escatologico di armonia celestiale, senza limiti di spesa, di personale e di strutture e non puo’ essere tuttologa, omnicomprensiva, fagocitante e totalizzante l’esperienza di tanti alunni.

Che qualcuno usi le parole della Gelmini per fini nostalgici pre-repubblicani puo’ essere, ma sembra che altri le usino strumentalizzandole per nostalgie sessantottine meno antiche o per
pruriti nostalgici pre-legislatura attuale. Per la cifra democratica  citata nel post, ricordo che i cittadini italiani hanno votato liberamente un programma elettorale di risparmi e che qualsivoglia
sigla sindacale non puo’ sostituirsi alla volonta’ popolare,
favorevole anche ad un eventuale “maestro-unico” (conferme vengono da numerosi sondaggi di varie fonti).

Rispecchiano la realta’ alcune affermazioni lette sul post. Il costo della “buona” scuola e’ enorme, la comunita’ nazionale lo apprezza ma non e’ piu’ in grado di sostenerlo, o meglio e’ una scuola che “fa
paura”, si’ e’ vero, fa paura per il deficit economico che richiede.
Bella e buona (ma ne siamo proprio sicuri…?) ma prossima alla bancarotta. Come finanziare ulteriormente il carrozzone? Nuove tasse? Nuovi tributi? Canoni? Trattenute centrali e/o locali? e/o federali?

Le conquiste civile dell’inserimento dei diversamente abili, la soppressione delle classi differenziali, l’insegnamento individualizzato, poi personalizzato, sono delle colonne che nessuno
vuole abbattere. Il guaio, secondo me, e’ stata la progressiva forzatura che ha portato la scuola a divenire un pentolone dove mettere tutto il disagio sociale, economico, educativo, familiare,
occupazionale, migrante, valoriale, politico ed esistenziale, credendo che la moltiplicazione di compiti, servizi e competenze attribuite ai docenti potessero risolvere con riforme e controriforme piu’ o meno ideologicizzate tutti questi guai.

Colpa dei docenti, colpa dei ministri e dei governi, colpe e peccati  addossati a questo carrozzone multiuso sono state lo sfogo ai mali  italiani. Un minestrone pero’ dai costi inflazionati. Diamo alla
scuola le sue reali funzioni; diamo alla scuola e ai docenti una chiarezza di ruoli e finanziamo la scuola per quello che deve fare come scuola, e non altro che fa in modo confuso, sbragato, con punte di eccellenza e con casistiche degne di youtube.

Penso che la ministra (ma anche altri suoi predecessori) veda quello che vediamo noi tutti i giorni a scuola, in piu’ ha una visione globale emergenziale che e’ quella economica.
Blitz, scippo, trancio … intervento da marine economico? Se il buco in dollari americano sara’ finanziato dall’emissione di 1500 miliardi di  dollari in titoli di stato USA, chi comprera’ quelli italici? Come paghera’ gli stipendi il tesoro? E siamo solo all’inizio. Non si puo’ tacciare un pericolo reale economico di bancarotta come un progetto di ritorno al passato.

Se non si puo’ accusare il 68′ di essere la matrice di tutti i mali della scuola, non si puo’ nemmeno affermare che prima del 68′ faceva tutto schifo (oscurantista e fascista…). La scuola di Barbiana non si puo’ estendere a tutta la penisola e non era l’unico metodo didattico e
pedagogico efficace.

Per il discorso meritocratico (dei docenti) attendiamo semplificazioni piu’ puntuali, non si puo’ giudicare senza parametri oggettivi.

Per la difesa gelminiana al nostro lavoro, mi pare, la motivazione e’ venuta da richieste da parte delle famiglie e dei docenti preoccupati dal tam-tam mediatico sulla figura del maestro unico, panico spropositato non causato dalla ministra ma dai suoi detrattori.

Ovviamente, sono solo riflessioni parziali e meritevoli di emendamenti, non verita’ apodittiche.

 

Preghiera al SS.Crocifisso in lingua siciliana.

Statue lignee del SS.Crocifisso e di Maria SS.Addolorata presenti nella chiesa oratoriale del SS.Crocifisso di Vallelunga Pratameno (CL).

su segnalazione di Salvatore da Salemi.
Prighiera
Addinucchiatu ‘nterra
a li pedi di ’sta cruci,
pregu a tia Cristu
pi darimi un segnu di paci.
Ti pregu cu amuri,
dammi fidi comu all’atri,
pi cridiri a tia Signuri
e l’Onniputenti Patri.
‘Nchiuvatu,
cu la curuna di spini ‘n’testa
n’sanguliatu, fragellatu,
ti ficiru la festa.
Oh! Cristu nuddu
di tia appi pietà;
t’ammazzaru
nun canuscennu la virità.
La Matruzza
a lì tò pedi chianciva,
cu li lacrimi
li chiaghi ti vagnava.
Dispirata a mani giunti
gridava: nun muriri!
Sarva ’stu munnu,
nun t’inni jiri!
La luci di lu suli ‘ntra jornu,
tuttu ‘nsemmula s’astutà,
lu celu si vistì di niuru,
tuttu lu munnu trimà.
Lu poviru Crucifissu
sfinutu, senza sciatu,
isà l’occhi ‘ncelu
e lu Patri ha ‘mpluratu.
Lampi, trona,
acqua e ventu;
l’occhi chiudisti;
pi tutti fù un turmentu.
Mortu ti scinneru di la Cruci
c’un linzolu e dù scali a lu latu
‘mbrazza ti piglià la povera Matri
stringennuti a lu cori scunsulatu.
Sistimatu ‘nta lu sipolcru
l’Addulurata Matri la facci ti vasà,
facennusi la cruci dissi:
sia fatta la tua volontà.
Dopo tri jorna a Gerusalemmi
ci fù un gran scumpigliu
gridavanu tutti:
abbriviscì lu figliu!
“Gesù mortu ammazzatu
è risuscitatu”
Ora sedi a la destra
di lu Patri tantu amatu.
Ti ringraziu Cristu ca mi pinzasti
la fidi ca nun avia tu mi dasti.

Poesia del Poeta Giuseppe Cardella

TEOLOGIA DELLE RELIGIONI La questione del metodo.Mariano Crociata (ed.)

TEOLOGIA DELLE RELIGIONI

la questione del metodo

Mariano Crociata (ed.)

La questione del metodo è un segno inequivocabile degli sviluppi che la teologia delle religioni sta conoscendo. Essa entra in gioco con lo stesso porsi del problema teologico del pluralismo religioso: infatti, riflettere teologicamente significa già cercare e cominciare a trovare il percorso più adeguato per procedere e progredire nella intelligenza credente; fare teologia è già sempre praticare un metodo, anche se la sua elaborazione come riflessione critica giunge in seconda battuta, abbracciando insieme ripresa del percorso svolto e anticipazione di tracciati possibili.

Il metodo impegna innanzitutto un modello di pensiero, una impostazione di fondo, una visione d’insieme — per la teologia nella luce della fede — capace di condurre in maniera coerente e ordinata alla cognizione critica della verità.

La coscienza raggiunta oggi del fenomeno del pluralismo religioso lancia alla teologia una sfida che non può essere aggirata, che non le consente di condursi come se il problema non esistesse.

La presente pubblicazione vuole sollecitare e convogliare una riflessione su tale insieme di problemi da differenti versanti scientifici e disciplinari. Non solo dunque la teologia non può più fare a meno di occuparsi di religioni ma, occupandosene, essa ha visto già generarsi una pluralità di approcci teologici al problema religioni e relativi metodi. Tutto ciò postula un dialogo metodologico all’interno della stessa teologia cristiana. TI dialogo, si potrebbe allora dire, è la forma metodologica generale o l’orizzonte formale di una teologia delle religioni, poiché avviene ai diversi livelli della riflessione e della ricerca teologica nella circolarità dei saperi e degli incontri, nel contesto del dialogo più vasto che si intreccia con l’incontro e la convivenza: dialogo all’interno della stessa teologia, con la filosofia e le scienze, con le religioni stesse, con gli uomini e le donne delle altre religioni.

 

ELENCO DEGLI AUTORI

 

CALOGERO CALTAGIRONE – Libera Università

Maria SS. Assunta (LUMSA), Roma – Facoltà

Teologica di Sicilia, Caltanissetta

NUNZIO CAPIZZI – Studio Teologico “San Paolo”, Catania

GIANNI COLZANI – Pontificia Università Urbaniana, Roma

MARIANO CROCIATA – Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo

MARCELLO DI TORA – Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo

MICHAEL FUSS – Pontificia Università Gregoriana, Roma

GERHARD GADE – Pontificio Ateneo “Sant’Anselmo” e Pontificia Università Urbaniana, Roma

CLAUDE GEFFRÈ – Institut Catholique, Paris

MASSIMO NARO – Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo

GIUSEPPE NICOLACI – Università degli Studi, Palermo

GIUSEPPE RIZZARDI – Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Milano

GIOVANNI RIZZI – Pontificia Università Urbaniana, Roma

SERGIO UBBIALI – Facoltà Teologica dell’italia Settentrionale, Milano

CARMEL0 VIGNA – Ca’ Foscari, Venezia

Salemi capitale d’Italia per un giorno…

….Spetta a Salemi questo speciale ricordo a titolo d’onore nella storia dell’insurrezione siciliana del 1860, perché fu il primo paese ad inalberare il tricolore dal balcone del Municipio ed ad accogliere, con entusiasmo unanime della popolazione, le schiere liberatrici di Garibaldi…. Tutti lavoravano febbrilmente coadiuvati dai principali possidenti salemitani e più particolarmente dal sacerdote Gaspare Salvo che si rese ancor più benemerito disotterrando ed offrendo in dono al Generale due cannoni di bronzo recati da Trapani in Salemi nel 1849 e da lui nascosti sino allora… Nello stesso giorno, 13 maggio, Garibaldi riceve pure la visita delle autorità, dei principali cittadini e del Clero… Il giorno appresso, 14 maggio, con atto solenne, il Generale assumeva infine in Salemi la dittatura dell’Isola, in nome di Vittorio Emanuele…

(A cura dell’Ufficio Storico del Ministero della Guerra. Roma, Tipografia dello Stato, 1928, p.63)

Questo è Montecitorio, o passeggero,
Scuola regal d’ogni ladroneria.
Se da qui passi con denari in tasca
Abbottona la Giacca e tira via.
( “ Gli Illusi” Romanzo storico a cura dell’Associazione Pro Locodi Salemi p.286)

MONS. MARIANO CROCIATA NUOVO SEGRETARIO GENERALE DELLA CEI

 

Il Santo Padre, con riferimento a quanto previsto dall’art. 30 § 1 dello Statuto della Conferenza Episcopale Italiana, ha nominato Segretario Generale della medesima Conferenza,

per il prossimo quinquennio, S.E. Mons. Mariano Crociata, finora Vescovo di Noto

 

La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana accoglie con gioia e riconoscenza la nomina da parte del Santo Padre di S.E. Mons. Mariano Crociata a Segretario Generale. Il profilo intellettuale e spirituale del Presule, avvalorato dall’esperienza pastorale maturata nel governo della diocesi di Noto e prima ancora come Vicario generale della diocesi di Mazara del Vallo, costituisce la migliore garanzia per l’importante incarico a lui affidato per il servizio alle Chiese che sono in Italia. S.E. Mons. Crociata potrà contare sulla stima cordiale della Presidenza e di tutti i componenti del Consiglio Episcopale Permanente e potrà avvalersi del sostegno operativo degli Uffici e dei Servizi della Segreteria Generale, affidata alla sua diretta responsabilità.

La riconoscenza nei suoi confronti si fa particolarmente intensa nella consapevolezza della testimonianza di obbedienza manifestata con la disponibilità a lasciare la cura della propria diocesi, che ha avuto in lui un pastore tanto amato e apprezzato. In questa occasione, il Presidente, S.Em. Card. Angelo Bagnasco, anche a nome dei Vice Presidenti e dell’intero Episcopato italiano, rinnova la gratitudine a S.E. Mons. Giuseppe Betori, Segretario uscente, che si appresta a dare inizio all’impegnativo ministero episcopale nella Chiesa di Firenze. Egli resterà in carica fino al 20 ottobre, giorno in cui S.E. Mons. Crociata assumerà il nuovo ufficio.

 Roma, 25 settembre 2008

                                                                                                                La Presidenza della CEI

ComunicatoPresidenza.doc

biografia.doc

Popoli tutti acclamate

 

 

Popoli tutti acclamate.

 

Mio Dio, Signore, nulla è pari a te. 

Ora e per sempre voglio lodare 

il tuo grande amore per noi. 

Mia roccia tu sei, 

pace e conforto mi dai. 

Con tutto il cuore e le mie forze 

sempre io ti adorerò. 

 

Popoli tutti acclamate al Signore, 

gloria e potenza cantiamo al Re, 

mari e monti si prostrino a Te, 

al tuo nome, o Signore. 

 

Canto di gioia per quello che fai, 

per sempre Signore con Te resterò, 

non c’è promessa non c’è fedeltà 

che in Te.

CIRCUITI INTERIORI DI ALESSIA TORRES.

Presentato a Palermo,presso la libreria Kalòs,il volume di poesie della poetessa Alessia Torres.

Alla manifestazione hanno presenziato,unitamente ad un numeroso pubblico,il pittore Gaetano Porcasi,l’artista Vincenzo Pirrotta e il consigliere provinciale Vincenzo Di Trapani.

Diceva Benedetto Croce:

“Non se ne può dire niente tranne che riconoscerla”.

La poesia

Ma cos’è mai la poesia?

Più d’una risposta incerta

è stata già data in proposito.

Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo

come alla salvezza di un corrimano.

Wislawa Szymborska

 

 Il Volume riporta come copertina un dipinto del pittore Prof.Getano Porcasi “La Bocca della Verità”.

 

Che cos’è la verità?
Un abisso che si veste di metafore,
il lungo abbandono del cuore
in attesa di un segno finale,
quel soffio che salva
come un grido di sollievo.
Nel volgere ignoto
di un respiro di luce
l’ultima conoscenza
pare scandire:
la morte,
la vita.

 

Ardea Montebelli.

 

La poesia è una unità inestricabile di qualcosa che potremmo chiamare in senso lato emotività – e che comprende la nostra reazione e relazione con il mondo -, e qualcosa che invece si può definire arte, tecnica (nella lingua greca i due termini finiscono con il coincidere). la sua permanenza nel tempo dipende dall’efficacia di questa articolazione. 

potremmo dire dunque, innanzitutto, che non è poesia un prodotto sbilanciato sul versante emotivo o su quello della tecnica. nel primo caso si tratta di un semplice sfogo, nel secondo di una costruzione razionalistica.

la storia della letteratura non serba memoria di questi generi, che possono rimanere al massimo tra i ricordi di famiglia o nelle raccolte di cose curiose o bizzarre

Nella poesia tutto è essenziale, non c’è nulla di superfluo. la prosa si svolge in passaggi articolati secondo una logica che può tornare sui suoi passi, approfondirsi riprendendo il tema, precisando e vivacizzando con aggettivi e avverbi, divagando e ornando, superando la misura, gonfiandosi e perdendosi in rivoli minori. la poesia si brucia nell’attimo, ha un’incandescenza fulminante che non ammette indugi inutili ne ritardi nell’effetto. non è poesia un testo inessenziale, prolisso, logorroico. la ridondanza è nemica del poeta, può stroncarne precocemente la carriera.

Ma l’incandescenza della forma e della forza emotiva non fanno della poesia un prodotto astorico, librato in dimensioni inattingibili. anzi, il verso è profondamente inserito nella storia: della tradizione e dell’innovazione, da una parte, e della vita con la sua urgente e spesso aggressiva e lacerante attualità, dall’altra. ciò comporta che la poesia non è mai un atto solipsistico o autistico, l’espressione di una sensibilità raffinata ma autotrofa: l’autore, al contrario, deve fare sempre i conti con le strutture formali che l’hanno preceduto o lo affiancano e con gli eventi che segnano la vita di ogni essere umano consapevole.

La poesia non risponde a un’utilità pratica: non bisogna chiederle niente. semplicemente s’insinua nella nostra mente e vi si deposita, cominciando ad agire con la sua logica diversa, feconda nella misura in cui non corrisponde alle aspettative consuete, ma apre orizzonti nuovi e imprevedibili di senso. Ogni volta che vorremmo appiattire significati e significanti sul discorso che potremmo chiamare diurno, dimenticando che la poesia è fondamentalmente figlia della notte, ci collochiamo fuori di ogni possibilità di comprensione.

 

 

 

ALESSIA TORRES, nata a Palermo (Ottobre 1969), laureata in Lingue e Lett. Straniere Moderne, docente di Inglese e Francese e libera professionista, ha sempre coltivato la passione per la Poesia. Ha preso parte a vari Cenacoli di poesia a Roma. dove ha vissuto negli ultimi anni, ottenendo svariati riconoscimenti e tuttora collabora con alcune riviste letterarie nazionali. Ha partecipato a vari concorsi letterari ottenendo significativi consensi. Alcune sue poesie sono state pubblicate su antologie contemporanee.

Poetessa assai raffinata e di animo alquanto sensibile, le sue liriche rievocano emozioni, atmosfere, sogni, scenari interiori, paesaggi ed intensi sentimenti che quasi si personificano. Infatti nei versi, che riesce a comporre con grande valentia, è impossibile non avvertire quell’etereo alone di magico che percorre trasversalmente tutta la Grande Poesia e che fa vibrare le più segrete corde dell’animo coinvolgendo totalmente il lettore.

Alla passione per la poesia unisce una altrettanto grande passione per la Fotografia con la quale ha partecipato a Concorsi e Mostre Foto grafiche a Roma ed altrove.

Il suo poliedrico talento artistico si esprime anche nella Danza: è infatti una validissima danzatrice di Tango Argentino.

 

L’autrice racconta il suo mondo attraverso fotogrammi della sua vita, del suo essere e del suo Io più profondo. Frammenti vibranti di vita, pezzi frementi di un infinito puzzle che, come in un caleidoscopio, mutano prospettiva e destinazione. Ogni poesia è l’istantanea appassionata di un’emozione, ed è notevole proprio la capacità della poetessa nella descrizione intensa dei suoi stati d’animo, a volte con leggere pennellate d’acquerello, altre con pesanti colpi di scalpello, che ce li consegnano intatti permettendoci di rivivere insieme a lei quei momenti nel modo in cui lei li ha vissuti, con viva partecipazione perché il lettore entra “in risonanza” con l’autrice, vibrando con la sua stessa frequenza.

L’augurio è quello che la sua inesauribile vena creativa ci continui a regalare altre “fotografie” dell’anima, altri “specchi” in cui riflettere l’immagine di noi stessi e di chi abita nel nostro cuore.

Karin Trapanese

 

Alessia è una donna piena di vita e sentimento che rivela attraverso i suoi versi. Nelle sue poesie sa esprimere, con notevole garbo e con tono leggero, attimi di vita ed emozioni, lasciando suggestive impressioni nella mente e nel cuore di chi ne legge i versi e che, pertanto, ne rimane inevitabilmente coinvolto.

Stefania Goffi

 

Filtrate luci e suggestive atmosfere di pathos.

Alessia, servendosi di misteriosi obiettivi, va all’estrosa ricerca dei sogni, simbolo della bellezza e del trionfo della vita.

Gino Speciale (1923-2004) pittore e poeta

 

Donaci, Signore, un cuore nuovo!

Apri i nostri occhi, Signore,
perché possiamo vedere te
nei nostri fratelli e sorelle.

Apri le nostre orecchie, Signore,
perché possiamo udire le invocazioni
di chi ha fame, freddo, paura,
e di chi è oppresso.

Apri il nostro cuore, Signore,
perché impariamo ad amarci gli uni gli altri
come tu ci ami.

Donaci di nuovo il tuo Spirito Signore,
perché diventiamo un cuor solo ed un’anima sola,
nel tuo nome.
Amen.

SOS ITALIA LIBERA DI SALEMI:DIRITTO DI REPLICA.

Pubblichiamo il testo del Dott.Nino Ippolito presidente dell’Associazione contro il racket e l’usura di Salemi,SOS ITALIA LIBERA,come risposta all’articolo del giornalista Rino Giacalone pubblicato sul sito internet www.articolo21.info.

SALEMI,LA CITTA’ DEI SALVO,DI GIAMMARINARO E DEL SINDACO SGARBI.

 Ignazio Salvo     

 

                                                                                                               

 Salemi ebraica

Articolo 21 – Editoriali
Cronache dalla Sicilia

Salemi, la città dei Salvo, di Giammarinaro e del sindaco Sgarbi

Segnalto al blog da Salvatore.

Di Rino Giacalone
Una realtà che è destinata ad essere proiettata e descritta secondo precise regie. Questo il destino di Salemi, città bellissima del Belice, carica di storia, cultura ed arte, crocevia di tante cose, anche degli intrecci, tra mafia, politica, economia ed impresa, che sono poi quelli usati per governarla. Ecco per decenni ai cittadini di Salemi era stato fatto credere che i potenti onesti della Sicilia fossero i cugini loro concittadini Ignazio e Nino Salvo.
In effetti quelli potenti erano davvero, padroni delle esattorie e di mezza isola, e forse di più, in grado di far cadere i Governi, di Palermo quanto quelli di Roma sopratutto quando si metteva in discussione la percetuale degli introiti per la riscossione delle tasse. Salemi eppure restava imperturbabile quando si sentiva dire delle cose che andavano combinando in giro per l’Italia i due cugini padroni delle esattorie siciliane. C’era una regia precisa che funzionava, niente scuoteva l’immagine di tranquilla cittadina di provincia.
C’erano i capi popolo che si preoccupavano dei destini della gente. E questa applaudiva sotto ai balconi dove il potente si affacciava e si concedeva al paese. I funerali dei Salvo nella chiesa matrice di Salemi, prima Nino morto di un grave male e poi Ignazio ucciso dal piombo mafioso, esattamente 16 anni di questi tempi, furono la palese dimostrazione del potere esercitato da quella famiglia, che ha lasciato eredi che oggi non stanno certo a guardare. Oggi per la verità la regia che guida il paese è altra, è quella che si presenta col volto dello show man per eccezione della tv del reality italiano, Vittorio Sgarbi, che personaggio lo diventò grazie a Maurizio Costanzo e al suo talk show del Parioli. Il critico d’arte sempre in grado di aprire polemiche con chiunque, che dal suo esordio ha fatto tanta carriera passando per le aule parlamentari e dei ministeri, che ha fatto l’assessore a Milano con Letizia Moratti con la quale poi ha litigato, adesso è sindaco di Salemi, eletto alle ultime amministrative senza che mai sia circolato un solo fac simile tra gli elettori o sia spuntato un manifesto di pubblicità elettorale.
Lui si è fatto vedere durante la campagna elettorale qualche giorno, al resto ci ha pensato Pino Giammarinaro l’ex deputato regionale della Dc capo degli andreottiani trapanesi, eletto nel 91 con 50 mila voti e costretto poi a darsi latitante per una indagine antimafia, assolto infine perchè nel frattempo entrò in vigore il giusto processo e i pentiti che lo avevano accusato durante l’istruttoria dinanzi al Tribunale decisero di fare scena muta. Giammarinaro è stato coinvolto in tante indagini sulla sanità siciliana, per essere stato per decenni capo di una delle più ricche Usl siciliane, quella di Mazara del Vallo, e sottoposto per 4 anni alla sorveglianza speciale. Uscito quasi indenne dalla sfilza di processi che lo hanno riguardato, il suo nome finisce sempre con il comparire nei rapporti antimafia del trapanese, l’ultima volta fu nei verbali dell’ex deputato Udc di Alcamo Norino Fratello che disse di essere stato convocato da Giammarinaro per rendere merito (soldi alla mano) all’altro deputato Udc David Costa che grazie alla sua opzione gli aveva aperto nel 2001 le porte del Parlamento Regionale.
Alle ultime regionali Giammarinaro ha deciso di uscire dall’ombra e si è posto al fianco del presidente dell’Ordine dei Medici di Trapani, Pio Lo Giudice, risultato unico eletto dell’Udc trapanese all’Ars. Durante la campagna elettorale Giammarinaro non ha mai mollato Lo Giudice stando semrpe al suo fianco, finendo spesso gli incontri elettorali raccontando una novella siciliana, quella dello “zio Calò” che un giorno davanti a tante persone ebbe a presentare un deputato suo amico, dandogli già dell’«ex» perchè durante il mandato non era stato al suo fianco. Lui lo aveva fatto eleggere e lui decideva di togliergli la poltrona. Così che Lo Giudice sapesse quale era la regola di fedeltà da rispettare. Dopo le regionali nel trapanese ci sono state le amministrative, ed ecco che Giammarinaro ha preso le chiavi della città e le ha consegnate a Vittorio Sgarbi, elezioni facili facili da vincere.
Da allora ad ogni iniziativa di Sgarbi che sta trasformando Salemi in un set da reality, dietro le quinte nemmeno nascosto c’è Giammarinaro, pronto ad applaudire e a ricordare che tutto è merito suo. E’ tornato a far politica e la cosa non desta scandalo da nessuna parte. L’ultima comparsa è di pochi giorni addietro: ad assistere alla presentazione dell’ultimo libro del giudice Giuseppe Ayala, Giammarinaro era in seconda fila, davanti a lui l’ex braccio destro di Paolo Borsellino, ex maresciallo oggi tenente dei Carabinieri Carmelo Canale.
I rapporti tra Canale e Giammarinaro fanno parte dei faldoni di alcuni processi, uno è quello proprio contro l’ex maresciallo, assolto anche in secondo grado per delle sue presunte combutte con i mafiosi. Fatti non commessi. Si è parlato tanto quella sera a Salemi di Borsellino, ma nessuno ha ricordato quella frase del procuratore ammazzato da Cosa Nostra proprio sugli assolti: “L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato quindi quel politico è un uomo onesto.
E no, questo discorso non va perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dalle indagini sono emersi altri fatti del genere altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perchè ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato quindi è un uomo onesto. Il sospetto dovrebbe indurre soprattutto i partiti politici quantomeno a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati.”

Non se ne è parlato di queste cose perchè al solito ci sono fatti comodi dei quali discutere e vicende scomode e per questo da rimuovere e cancellare. Come la mafia per esempio. E questa è l’ultima delle trovate di Vittorio Sgarbi. La mafia a sentirlo non esiste più, la mafia non spara e dunque è finita, tutti i suoi capi sono stati arrestati e perciò senza capi Cosa Nostra non esiste. E allora cosa fare, prendere un’ala del ristrutturato Castello Normanno di Salemi e metterla a disposizione per creare un museo della mafia. Sgarbi spiega che ancora non si ha una precisa idea di cosa fare, dimentica però che nel frattempo ci sono mafiosi che invece di finire in un museo debbono intanto passare dai carceri. Uno di questi è Matteo Messina Denaro che lui pare abbia rimosso dall’idea che questi sia un capo indiscusso. La mafia dei nostri giorni è quella che fa impresa e gestisce appalti, che entra nelle segreterie politiche e governa le città, muove l’economia. Ma per Vittorio Sgarbi, ma non solo per lui, questa non è mafia. La mafia è quella dei morti ammazzati e siccome non viene ucciso più nessuno l’equazione è bella e pronta.
Gli si potrebbe spiegare che la mafia è la stessa di sempre, quella che ieri sparava oggi fa impresa. Ma è l’assunto che ad ogni piè sospinto nel trapanese si vuole negare, arrivando a sostenere che la mafia esiste perchè ci sono i professionisti dell’antimafia. Sgarbi rischia due volte in questa storia: da una parte sostenendo la fine della mafia, dall’altra parte sponsorizzando la nascita di una associazione antiracket e antiusura. L’associazione pare serve a Sgarbi per ottenere l’assegnazione di alcuni beni confiscati alla mafia esistenti nel suo territorio e rimasti pericolosamente inutilizzati, come gli appezzamenti terrieri appartenuti a Salvatore Miceli un mafioso che oggi vive in Sud America, esperto di grandi traffici di droga e di connessioni mafiose internazionali.
Miceli è vivo e vegeto, è un mafioso in libertà, in attesa di finire in carcere per condenne definitive. Se ne sarà accorto Sgarbi che dice che la mafia non esiste? Si pensa di si visto che per prendere quei terreni ha sponsorizzato la nascita a Salemi di questa associazione antiracket e antiusura affidandone la responsabilità al suo portavoce il giornalista Nino Ippolito. In una provincia, quella di Trapani, dove per decenni l’associazionismo contro il racket e l’usura non è mai decollato ecco che invece in pochi mesi c’è quasi una rivoluzione. Nonostante si dica, come fa Sgarbi, che la mafia non esiste più. Delle due solo una può essere quella giusta, ma al sindaco Sgarbi la cosa non preoccupa più di tanto. Va avanti e a Salemi non trascorre fine settimana senza che non faccia accendere le luci dei riflettori, quelli proprio di palcoscenici e teatri. E la gente applaude ed è contesta, sta sotto i balconi come faceva ai tempi in cui i sindaci erano quelli che volevano i Salvo.

I CATERINESI….di Giuseppe Lo Vetere.

Sarebbe un bel posto per viverci se offrisse di che vivere.

Questo libro racconta le vicende di una comunità del centro-Sicilia che non è riuscita a mettere a frutto il suo lavoro per sviluppare le risorse del suo territorio.

Vittima e complice di baroni e principi, di mafiosi e notabili, di politici e amministratori, che in ogni tempo hanno inteso il potere come rendita parassitaria. Ora si è tentati di adagiarsi o si è costretti a emigrare.

Questa Storia di S.Caterina Villarmosa vuole ricordarne l’eredità di dignità e di lavoro, su cui fondare la speranza di rinascita.

 

 INTRODUZIONE

 Quell’Historia fatta di “Imprese di Principi e Potentati e qualificati Personaggi” che Manzoni ha messo bellamente alla berlina, rimane ancor oggi la tentazione delle storie locali, le quali si riducono troppo spesso a pretenziose gallerie di piccole glorie e di scollegati fatti “memorandi”. Questa che si propone, vuole essere la storia di una popolazione, cioè la vicenda percorsa da una modesta comunità della Sicilia centrale all’interno della storia della sua Isola, e in rapporto con l’angolo di terra che le è toccato, su cui è vissuta e vive, e da cui ha tratto, e potrebbe continuare a trarre, i mezzi di sopravvivenza e i motivi di identificazione. In questo lavoro non si intende quindi imbalsamare ricordi e nostalgie, ma si prova, con tutta la modestia che una competenza non specialistica impone, a riesaminare quel percorso, nella speranza di indurre i miei concittadini a riflettere sul rapporto tra popolazione e territorio che costituisce la condizione di sviluppo o di decadenza di ogni nucleo, e, soprattutto, della attuale crisi che ne minaccia l’estinzione. E la storia (con la geografia) è una componente importante per definire la propria identità e motivare la speranza di ripresa.

Per spiegare i fatti locali è necessario richiamare situazioni più ampie, e far quindi riferimento alla più generale storia di Sicilia. Gli avvenimenti della “grande storia” si ripercuotono sulle piccole comunità provocando risposte dialettiche, frutto di reinterpretazione e di ricondizionamento. E le risposte dei piccoli centri non sono poi tanto insignificanti, se si pensa che il rapporto tra città e campagna, oggi rovesciato dal massiccio urbanesimo, fino a ieri era a tutto vantaggio della campagna, quantitativamente ma anche qualitativamente, perché, nella Sicilia agricola di sempre, la campagna rappresentava l’elemento produttivo di fronte al parassitismo urbano. La diversità di motivazioni e di caratteri che gli

avvenimenti assumono nelle campagne non sempre è da interpretare come eco storpiata e impicciolita degli eventi cittadini, ma piuttosto questi possono risultare talvolta come sovrastrutture devianti dei motivi che nelle campagne hanno radici profonde e reali, anche se non sempre consapevoli. Naturalmente il riferimento alla storia più generale deve essere in questa sede rapido, e potrebbe risultare addirittura sommario, senza quelle sfumature che il giudizio storico deve avere perché le hanno i fatti e le idee.

Nella forma, si è cercato di offrire due livelli di lettura: il testo, che vuole avere e mantenere forma narrativa, intende proporsi piano e snello, per rendere facile e possibilmente piacevole la lettura; nelle note e nelle appendici si dà spazio alla documentazione, ma anche (forse troppo) al particolare minuto o al frammento di riflessione.

Il lettore attento noterà che in più punti si risente di una prima stesura di questo lavoro, avvenuta alla fine degli anni sessanta. Rivedendo a più riprese il testo, non sempre mi riesce di riportare a toni più piani certo slancio di enfasi che l’allora più verde età induceva. Anche se adesso le condizioni di allora sono cambiate, spero di poter fare ancora cosa utile per il mio paese, cogliendo, nell’esposizione del suo passato, alcuni spunti di riflessione sul suo presente. E chiedo scusa se, anzicchè esaltarrni in elogi, insisto sulle critiche: spesso l’amarezza della critica è segno di affetto più di quanto possa essere la comoda piaggeria dell’esaltazione preconcetta.

Forse il risultato complessivo è quello di un monumento al mondo contadino che non c’è più, ma bisogna considerare che i monumenti si fanno proprio agli scomparsi cui dobbiamo qualcosa, e che comunque queste sono le nostre radici. C’è poi da considerare che, se possibilità di sopravvivenza esiste per il paese, essa può partire soltanto dalla valorizzazione delle risorse intrasferibili del territorio, prima fra tutte la terra.

Potrà anche osservarsi che, almeno in certe parti, il metodo storiografico risulti sacrificato a vantaggio dell’interesse etnografico, ma non me ne faccio un problema, perché il mio intento prioritario resta quello della visione d’insieme delle condizioni della popolazione più che il rigore metodologico dell’esposizione.

La propria storia, per le comunità come per le persone, costituisce la propria identità. Ripercorrerla, con occhio affettuoso ma attento e critico, è augurio ed invito ad avvenire migliore.

 

NOTA GEOGRAFICA

 Santa Caterina Villarmosa è un comune della Sicilia interna, in provincia di Caltanissetta, posto a 10 km. di distanza aerea a nord del capoluogo, e a 19 km di distanza stradale sulla SS 121 e 121-bis. Sul meridiano di Roma è a 10 34’ 43” di longitudine est, ed a 37° 35’ 16” di latitudine nord.

A nord, procedendo da ovest ad est, fanno corona al paese i centri minori di Marianopoli, Villalba, Vallelunga, Resuttano, a nord-est Alimena in provincia di Palermo, e Villarosa a est in provincia di Enna. S.Caterina è stata sempre un centro di raccordo tra tali paesi e il capoluogo provinciale; dopo la costruzione dell’autostrada Palermo-Catania ciascuno di essi ha trovato vie alternative di collegamento.

L’abitato ha collocazione molto eccentrica rispetto al suo territorio amministrativo, trovandosi nella punta ovest dell’arco di sua pertinenza. Confina con il territorio di Caltanissetta, che lo avvolge a sud e ad ovest e si incunea fin presso l’abitato; a nord si ha il territorio della lontana Petralia, poi si tocca quello di Resuttano nella sua esclave di Ciolino, quindi quello di Alimena. Alla sinistra dell’Imera-Salso un frammento di territorio caterinese va quasi a toccare l’abitato di Villarosa.

E zona collinare, e i rilievi possono essere considerati, rispetto al massiccio delle Madonie, la propaggine sud-occidentale che si frastaglia e, da Polizzi a Serradifalco, si frappone tra la valle del fiume Imera-Salso e la valle del Platani 1. Tra le due valli la catena si

abbassa in numerosi passi 2. Il paese si colloca sulla sella che divide il bacino del fiume Salito a ovest, da quello del torrente Vaccarizzo a est, rispettivamente affluenti del Platani e del Salso. La linea di displuvio attraversa l’abitato.

La collocazione al centro dell’Isola 3, e i passi che consentono il transito, fanno dell’area un punto di incrocio tra la via dalle Madonie all’Agrigentino e quella da Palermo a Catania. Nella zona si ritrovano il nodo della Noce sulla strada nazionale, il nodo ferroviario di Xirbi, gli svincoli autostradali di Imera (per Caltanissetta ed Agrigento) e di Ponte Cinque Archi (per Nicosia).

Il paesaggio collinare che caratterizza la zona è più vicino all’asprezza delle montagne che alle ondulazioni delle colline. E paesaggio di grande bellezza per gli occhi, ma faticoso per piedi e braccia.

Il territorio amministrativo occupa la destra del fiume Imera dal punto di confluenza con il Salso. Nello stesso punto confluisce il Torrente Vaccarizzo, dopo aver ricevuto le acque fortemente salate e solforose del Torrente della Cava, e dopo aver superato le strettoie della gola del Castello. Dalla parte occidentale scendono le valli del fiume Salito, affluente del Belice-Platani.

La componente salma dei terreni è indicata dai nomi stessi dei fiumi. Il Salso e il Vaccarizzo sono i primi responsabili della salinità dell’Imera Meridionale, e il Salito di quella del Platani. I terreni sono argillosi, gessosi e solfiferi. Frequenti sono i calanchi argillosi (“u critu”), le rocce di gesso (bianco e luccicante, o finemente arabescato da microerosione come a Scalèri), le sorgenti salate o solforose (“l’acqua mìntina”), i depositi e le cave di salgemma e di sali potassici. In più punti i corsi d’acqua si perdono nel sottosuolo e formano doline (“sfunnati”) e grotte 4. Sondaggi recenti e meno recenti pare abbiano individuato depositi di petrolio, che però sarebbero  sfruttabili per la profondità e la dispersione delle sacche, data frammentazione geologica del territorio.

In due punti —Monte Coticchio a nord-est e Coticchiaro alle falde ovest del Monte Fagaria — giacciono congregati di sabbia e grossi depositi di ciotoli levigati, residui di un delta di fiume tropicale che le vicende geologiche hanno sollevato a 900 metri di altezza. Tra le Balze di Barbàra e fino a Recattivo si trovano fossili di una barriera corallina  tropicale. Si sono trovati nella zona i resti di elefanti nani.

Il territorio, secondo la carta dei rischi sismici, fa parte del triangolo argilloso (Resuttano-Gela-Agrigento) che dovrebbe essere esente da terremoti diretti: può risentire di scosse vicine ma non  averne di proprie. Invece è soggetto alle frane.

La piovosità media è inferiore ai 600 mm. annui, e i giorni di piovosità sono mediamente 70 all’anno; i mesi più piovosi sono dicembre e gennaio, mentre nei singoli episodi atmosferici sono più abbondanti  le piogge di ottobre e i violenti temporali di luglio. La notevole altezza delle colline viene compensata dalla bassa latitudine  per cui l’atmosfera risulta ventilata e il clima mite.

Sarebbe un bel posto per viverci se offrisse di che vivere.

 

1 Da Polizzi si va a monte Catuso, a Terravecchia di Cuti e Chibbò, al Filo di Rocche, a Fagaria e Garristoppa, al Monte S .Giuliano e Babaurra, fino a S .Cataldo e Serradifalco.

2 Tudia, Portella del Morto, Portella di Recattivo, Garisi (alla sella di “u Piètu”), 5. Caterina, Zotta dei Muti, Portella del Vento, Xirbi, S.Elia, S.Cataldo

3 Il baricentro geometrico sarebbe allo svincolo autostradale di Resuttano, però la maggior consistenza del rettangolo sud-ovest da Trapani a Siracusa rispetto al triangolo del messinese, farebbe spostare più a sud-ovest il punto centrale.

4 Le grotte hanno stalattiti e stalagmiti molto belle perché, oltre la componente calcarea, hanno la lucentezza della componete gessosa.

In Memoria di Sua Ecc.Rev.ma Mons.Cataldo Naro.

(Dipinto del Pittore partinicese Prof.Gaetano Porcasi,donato alla Biblioteca della Facoltà Teologica di Sicilia di Palermo,intitolata a Mons.Cataldo Naro,già docente e preside della predetta Facoltà)

Il 29 Settembre 2006 concludeva la sua vicenda terrena,in maniera PREMATURA ED INASPETTATA,l’allora Arcivescovo di Monreale Mons.Cataldo Naro.

Fra qualche giorno ricorre il II anniversario della sua morte.

I FIGLI DELLA LUCE LO RICORDANO:

Inoltre,giorno 29 p.v. alle ore 17 presso la CHIESA MADRE DI SAN CATALDO(CL), dove riposano le spoglie mortali di Mons.Naro,verrà celebrata una S.Messa di suffraggio.

Si invitano tutti coloro i quali fossero impediti ad intervenire ad unirsi spiritualmente al momento celebrativo.

Preghiera alla Vergine Maria di Dante Alighieri

Vergine madre, figlia del tuo Figlio,

Umile ed alta più che creatura,
Termine fisso d’eterno consiglio.

Tu se’ colei che l’umana natura

Nobilitasti sì, che il suo Fattore
Non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore

Per lo cui caldo nell’eterna pace
Così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridïana face

Di caritate; e giuso, intra i mortali,
Se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

Che, qual vuol grazia e a te non ricorre,
Sua disïanza vuol volar senz’ali.

La tua benignità non pur soccorre

A chi domanda, ma molte fiate
Liberamente al domandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

In te magnificenza, in te s’aduna
Quantunque in creatura è di bontate!

Due in una carne Chiesa e sessualità nella storia.Di M.Pelaja-L.Scaraffia.

«Il luogo comune è solido: per il cattolicesimo il piacere è colpa, il sesso è peccato. Da praticare con parsimonia e disagio esclusivamente nel matrimonio, e principalmente per procreare. Alcuni enunciati si ripetono nel corso del tempo nella predicazione cattolica fino a rendere possibile una sintesi così brutale. Ma sensibilità più libere, analisi circostanziate dei testi e delle politiche possono di volta in volta articolare, smentire, fino a sgretolare il potenziale conoscitivo di un assunto così generico.»
È quanto fanno Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia in un libro che accomuna due passioni intellettuali e due approcci interpretativi in un’unica prospettiva di ricerca. La loro indagine rivela come il tentativo di unire lo spirito alla carne, e quindi valorizzare spiritualmente la sessualità, segni potentemente periodi e figure della storia della Chiesa – basti pensare al Cantico dei Cantici – mentre una politica della sessualità che alterna repressione e clemenza scorre parallela e agisce da efficace sistema di governo delle anime dei fedeli. La soluzione è sofisticata e funziona per secoli, finché non viene erosa dal primato della scienza che sembra dominare la modernità. Si accende così una lotta per l’egemonia in cui laici e cattolici competono ancora oggi.Indice
Introduzione. Due in un libro – I. Il corpo, le pulsioni – II. Eros e santità – III. Il controllo e le norme – IV. Il disciplinamento impossibile – V. La fine del monopolio – VI. Competizione e conflitti – Conclusioni – Indice dei nomi 

 

 

 

 

 

 

Indice completo

Introduzione. Due in un libro

I. Il corpo, le pulsioni

1. Una rivoluzione culturale – 2. Il matrimonio cristiano – 3. Un desiderio che vince gli altri desideri – 4. Una scelta individuale – 5. Celibi per forza

II. Eros e santità

1. Simboli sessuali – 2. Prostituta casta («casta meretrix») – 3. La triplice verginità di Maria – 4. Il sesso dei santi – 5. Il matrimonio mistico – 6. Spose del diavolo – 7. I tempi dell’amore – 8. L’arte: sacra, ma non asessuata

III. Il controllo e le norme

1. Sopportare il piacere – 2. La commistione del sangue – 3. Diritto e sacramento – 4. La morale coniugale nel Seicento- 5. Il sesso in confessionale – 6. Versioni di una morale flessibile

IV. Il disciplinamento impossibile

1. La dissipazione del seme – 2. Gli angeli di Sodoma – 3. Copula mercenaria – 4. L’impotenza

V. La fine del monopolio

1. «Un piacere innocente, al quale la natura, madre e sovrana, ci invita tutti» – 2. Una sovranità contesa – 3. Peccato e malattia – 4. Rigenerare l’umanità? – 5. Una morale evoluzionista

VI. Competizione e conflitti

1. La Chiesa risponde – 2. Il mito dell’orgasmo – 3. L’«Humanae vitae»: una enciclica contestata – 4. Donne e Chiesa, fine di un’alleanza

Conclusioni

Indice dei nomi