Orgoglio “vallelunghese”!

Ciascuno di noi porterà con sè,dalla nascita alla morte,l’aria del luogo dove è nato.Quest’aria cercherà sempre di ritornare a respirare e se vive lontano dal proprio paese natio,lo farà attraverso i ricordi dell’infanzia,gli odori che ha respirato,il sapore dei cibi che ha mangiato.Tutto ciò si chiama IDENTITA’  e affonda le proprie RADICI nell’humus dove si è nati. Mai,dunque,perdere la propria IDENTITA’.Per fare ciò,bisogna stare attaccati,con qualsiasi modo lecito, alle proprie RADICI.Molta bibliografia scientifica ha provato che molti emigrati che hanno perso le loro RADICI,hanno subito danni gravi,nel tempo,alla loro salute psico-fisica.

Detto ciò,do seguito,con molto piacere,alla richiesta dell’amico e compagno di scuola(seppur per un anno)dell’Ingegnere Ferdinando D’Anna che lavora presso i Vigili del Fuoco di Torino,di rendere note nel mio blog,le tante cose utili e belle che i tanti vallelunghesi ,sparsi nel mondo, fanno ogni giorno e in silenzio.L’ingegnere D’Anna ha partecipato,a Coppito in Abruzzo, alle operazioni di soccorso pro terremotati,ricevendo,insieme ai suoi colleghi di lavoro,vari attestati di riconoscenza per il lavoro svolto. Tanti altri vallelunghesi onorano le loro origini,lavorando con dignità  e senso di responsabilità.Vallelunga,dunque,non solo mafia. Un ringraziamento sentito a Ferdinando per il lavoro svolto in favore dei terremotati d’Abruzzo,avendo sempre nel cuore,così come tutti noi,la nostra amata cittadina che ci ha dato i natali.

coppito per michele

Invito altri vallelunghesi che,per caso,”passassero” da questo blog,a segnalarmi,se lo vorranno,ciò che fanno in favore delle comunità dove vivono,in Italia o all’estero.

Cordiali saluti a tutti i vallelunghesi emigrati.

IL MAGICO GIARDINO.

Jm

Il romanzo «Il magico giardino» di Rosolino Jim Tatano è avvolto da un’atmosfera quasi surreale, come a ricercare un incanto dietro l’altro, in un susseguirsi di suggestioni, di profonde riflessioni sul significato della vita, sull’inevitabile ricerca del proprio essere, dell’autentica essenza che ogni essere umano ha dentro di sé.

La trama è decisamente raffinata e, pagina dopo pagina, alimenta un continuo fascino quasi a condurre il lettore nelle pieghe più nascoste d’una acuta osservazione del reale che sempre è contaminato dall’elemento magico e misterioso della dimensione che possiamo definire “invisibile”.

L’inizio è già avvolto da un’atmosfera irreale ed evanescente. Il protagonista, Arthur Goretti, in una notte tremenda, sotto un diluvio, un violento vento, tuoni e fulmini, si ritrova sul prato d’un giardino, quasi privo di coscienza e pervaso da un misterioso torpore.

Il maggiordomo di Elena Gadi, una donna dolce e compassionevole, lo trova in quello stato, lo aiuta a svegliarsi e lo porta in casa. Lei lo ospita, lo accudisce e poi il risveglio di Arthur che si rende conto di essere in un luogo sconosciuto anche se, dalla finestra della sua stanza, può vedere il fantastico giardino, teatro di quella fatidica notte terribile, che ora è pervaso da colorati e profumati fiori.

Tutto pare avere una nuova dimensione, una nuova luce. Ora, davanti a se stesso, si rende conto di essere un uomo caduto nell’abisso della solitudine, tra alcol e vizi, allontanatosi “dalla bellezza della vita” ed ormai ridotto ad uno spettro di se stesso. Nella sua mente il rimpianto “per ciò che era” e adesso un’infinita amarezza lo assale dopo tre notti d’agonia e vaneggiamenti.

Arthur è un artista, un pittore, che crea passando attraverso la sofferenza e sentendo sulla pelle ogni emozione, ogni lacerazione e dissidio della vita.

L’esistenza come una sfida continua che deve essere ingaggiata con coraggio, cercando di recuperare la capacità di sognare per rimanere veramente “vivi”.

E lo stesso autore de «Il magico giardino» che, ad un certo punto, scrive: “Tutto ciò che ci circonda, influenza le nostre emozioni, amplifica le sensazioni, le indirizza verso direzioni remote dell’essere”.

Ecco allora che ritrovarsi in un luogo fantastico dove si è desiderato stare può diventare una gioia e, allo stesso modo, se siamo limitati in un luogo desolante, una minima preoccupazione o un banale guaio possono diventare un atroce abisso.

L’arte curerà Arthur che ritornerà a dipingere ed Elena, la sua salvatrice, diventerà la sua modella, la sua Musa.

Rosolino Jim Tatano, ne «Il magico giardino», offre una serie continua di visioni affascinanti, sempre ponendo l’accento sul ruolo dominante dell’immaginazione, della fertile visione artistica, che diventano un rifugio, un’oasi mentale, unendosi e miscelandosi fino a rappresentare la salvezza per l’Uomo che si trova a vagare in un mondo instabile ed insicuro.

Nel gioco evanescente d’una narrazione che racconta la storia d’un uomo che è il simbolo del “viaggiatore” nell’anima, d’un uomo che ha camminato per molto tempo e in luoghi sconosciuti, l’autore recupera la concezione del sogno, dell’arte e della magia.

Tra un mondo metafisico dechirichiano e la “foresta incantata” pollockiana, quasi in preda ad una visione, ad una immane vertigine, le superfici si colorano delle manifestazioni della vita e di profonde riflessioni esistenziali: la coscienza e l’inconscio, la costante visione mistica, la concezione del tempo come l’arte del sogno.

La necessità vitale di una nuova luce che illumini il cammino, riproponendo nuovi colori della vita, mai dimenticando che è fondamentale “mettersi a lottare” per conquistare la magia della creazione.

 Massimiliano Del Duca

Jm2

Dio e Cesare a confronto….

Mogavero

L’intervento di Mons.Domenico Mogavero ,vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio per gli affari giuridici della CEI,sulla vita “privata” del premier,ripropone,ancora una volta,la questione dei rapporti tra “Dio e Cesare”,ossia tra il potere spirituale e quello temporale. L’intervento di Mons.Mogavero, in un contesto di sana laicità dello Stato e di indipendenza e collaborazione tra i due poteri,sembra riecheggiare le parole scritte da Papa Gelasio,nel 496,all’imperatore Atanasio:

 « Due sono, Augusto Imperatore, quelle che reggono principalmente questo mondo: la sacra autorità dei vescovi e la potestà regale. Delle quali tanto più grave è la responsabilità dei sacerdoti in quanto devono rendere conto a Dio di tutti gli uomini, re compresi. »

« Se nell’ordine delle cose pubbliche i vescovi riconoscono la potestà che ti è stata data da Dio, e obbediscono alle tue leggi senza voler andare contro le tue decisioni nelle cose del mondo; con quale affetto devi tu obbedire a coloro che sono incaricati di dispensare i sacri misteri? ».

Di acqua sotto i ponti ne è passata,ma il rapporto tra i due poteri resta sempre vivo.Perchè?

Il perché lo descrive bene il sociologo Franco Garelli,che in una articolo apparso sulla Stampa nel dicembre del 2008 commentava la visita di Papa Benedetto XVI all’ambasciata italiana presso la Santa Sede dal titolo: Dio e Cesare, separati ma non troppo

“Colpa del grande gelo dell’economia mondiale e del maltempo che imperversa sulla penisola, la visita di sabato di Benedetto XVI all’ambasciata italiana presso la Santa Sede è stata derubricata da tutti i mass media a un incontro di routine, a un flash di agenzia ripreso solo nelle pagine interne dai più importanti quotidiani.Eppure, in tempi normali, l’evento sarebbe emerso in tutta la sua importanza, non tanto perché negli ultimi 60 anni solo tre Papi prima dell’attuale hanno con questa visita sottolineato le relazioni speciali che legano la Chiesa al popolo italiano; ma soprattutto per l’impegnativo, seppur breve, discorso pronunciato da papa Ratzinger nella circostanza sul ruolo della religione nella sfera pubblica.L’intento immediato del Pontefice era di confermare il clima positivo oggi esistente tra le due sponde del Tevere, al punto da auspicare che tale modello possa essere di esempio per altre nazioni e per le relazioni internazionali. Ma oltre a questo riconoscimento, egli ha richiamato la distinzione di fondo che dovrebbe governare i rapporti tra Stato e Chiesa e favorire le migliori condizioni per una presenza feconda della religione nella società. In fin dei conti, ha ricordato il Papa, si tratta di riproporre l’icona evangelica del «dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio».Come a dire che è nella fine della commistione tra potere temporale e potere spirituale, nello scioglimento dei legami fra «trono» e «altare», che entrambe le sfere (Stato e Chiesa, politica e religione) possono meglio operare per il bene comune. Ciò vale non soltanto per il nostro Paese o per l’Occidente; ma per tutte le aree del mondo in cui la confusione tra potere politico e sfera religiosa ancora oggi produce esiti nefasti.

L’idea di una libera Chiesa in un libero Stato viene dunque riproposta con forza da papa Ratzinger, come una netta presa di distanza da un passato controverso che deve essere archiviato. Al di là dei compromessi e dei legami ambigui tra politica e religione che hanno caratterizzato la storia dell’Occidente, la Chiesa ammette che la struttura fondamentale del cristianesimo prevede la distinzione tra Stato e Chiesa, l’autonomia delle sfere temporali e spirituali, e che è in questa condizione che la religione ritrova le energie migliori per assolvere alla sua funzione specifica nel mondo. A detta del Papa, la Chiesa non solo riconosce e rispetta la distinzione tra Dio e Cesare, «ma la considera come un grande progresso per l’umanità».

La formula «Dio e Cesare separati» evocata da Ratzinger non si presta comunque a letture semplicistiche. Il brano evangelico richiamato dal Papa è da sempre un passo ostico per l’esegesi cristiana.

Nell’interpretazione oggi più accreditata ciò non significa che le due sfere (temporale e spirituale) siano del tutto indipendenti o senza gerarchie. Dietro l’indicazione di Gesù di «dare a Cesare ciò che è di Cesare» vi è non solo il rifiuto del cristianesimo di pretendere una giurisdizione sulla società secolare, da cui deriva l’accettazione delle leggi della città terrena; ma anche l’idea che la Chiesa non è l’insieme della società, quanto una comunità distinta e volontaria, preoccupata soprattutto di testimoniare e diffondere il messaggio cristiano nel mondo. Di qui il richiamo a «dare a Dio ciò che è di Dio», riconoscendo che questo è il compito prioritario per i credenti, chiamati ad accettare le «giuste» leggi della terra in cui vivono ma con uno sguardo rivolto al cielo. I cristiani, dunque, sono sospesi fra terra e cielo, ma il rispetto delle leggi di Cesare avviene solo a condizione di riconoscere il primato di Dio nel mondo.

Da questi accenni è evidente quanto il pensiero di Benedetto XVI sia affascinato dal modello degli Stati Uniti, da una terra di grande libertà religiosa, dove le religioni – come già aveva notato Tocqueville – hanno larga cittadinanza nella sfera pubblica e alimentano l’ethos della nazione. Diversamente da quanto accade in Europa, in quel contesto non si pretende di vivere «come se Dio non ci fosse»; ma l’accettazione della presenza delle Chiese e dei gruppi religiosi – pur separati dal potere politico – è un elemento fondante la vitalità della nazione.

Tornando a noi, è fin troppo ovvio che i principi esposti dal Papa possano ottenere largo consenso pure nel mondo laico, ma anche dare adito a critiche e riserve per il modo in cui trovano applicazione nella società. Molti riconoscono la grande funzione sociale e spirituale svolta dalla Chiesa cattolica in Italia e il suo impegno per il bene comune; ma in parallelo si chiedono se davvero in Italia vi sia quella situazione di piena distinzione tra Dio e Cesare evocata dal pensiero del Papa. Perché una Chiesa libera in un libero Stato dovrebbe aver bisogno di un’attenzione privilegiata da parte del potere politico? Non c’è il rischio che – al di là dei principi affermati – si produca un legame strisciante tra Stato e Chiesa che può condizionare quest’ultima nella sua missione?

Al di la del rischio,reale,paventato dal Garelli,nella parte finale dell’articolo,credo che l’intervento di Mons.Mogavero si ponga proprio sulla scia della distinzione dei poteri,e sul fatto che la Chiesa ha il compito di chiedere a “Cesare” di porre in essere un percorso di comportamenti etici che siano validi per i cittadini,siano essi credenti o no. (Il Webmaster)

 Il vescovo di Mazara, monsignor Mogavero, 
è divenuto il nemico del Premier. Queste le ragioni

 Non è un “persecutor” né l’attorney-general della Chiesa cattolica ma ha autorevolezza e ruolo per manifestare opinioni e giudizi in nome e per conto della Chiesa, da presidente del Consiglio per gli Affari giuridici della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, cioè l’assemblea dei vescovi.

Monsignor Domenico Mogavero, vescovo siciliano di Mazara del Vallo, si è assunto un onere difficile, richiamare il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, alla necessità di fare chiarezza sulle accuse che gli vengono mosse, smentirle portando prove convincenti.

 Mons. Mogavero rappresenta, dunque, la Chiesa che non tace ed esprime il suo disagio di fronte a ciò che definisce un decadimento dei costumi. Ciò che fa e dice il Premier, afferma il prelato, acquista rilevanza pubblica, la sfera privata del capo del Governo deve costituire un modello di comportamento per gli italiani.

 Le assicurazioni che il Premier ha affidato al settimanale “Chi”, osserva Mogavero, non sono sufficienti. “Se non ha niente da nascondere – ha dichiarato a Repubblica – il Premier risponda una volta per tutte alle accuse che gli sono state mosse, smentisca con le prove chi mette in dubbio la sua moralità, vada a dirlo in Parlamento, denunci alla magistratura i suoi presunti calunniatori. E aspetti fiducioso che la legge faccia il suo corso”.

 “Non basta dirlo ai giornali patinati – continua Mons.Mogavero – come Chi e Vanity, più abituati a parlare di spettacoli e veline. Ormai sono mesi che importanti organi di informazione come Repubblica, Famiglia Cristiana, Avvenire – ma anche mass media stranieri – raccontano dei comportamenti del Premier, mettendo a dura prova non solo la coscienza dei cattolici, ma di tanta parte dell’opinione pubblica.

“È ormai tempo che Berlusconi faccia piena luce nelle sedi opportune a partire dal Parlamento, senza limitarsi ad attaccare chi lo accusa senza entrare nel merito del caso. Ormai non può più far finta di niente…”.

 Le gerarchie ecclesiastiche gli daranno credito se lo farà? Chiede Repubblica a Mons. Mogavero. Le conclusioni del prelato sono perentorie: “Dipende da quello che dirà e da come lo dirà. Per questo gli consiglio di abbassare i toni, di evitare di indicare modelli diseducativi come la corsa alla ricchezza, al successo, al potere, l’uso della donna. Noi pastori davanti a tutto questo siamo veramente preoccupati. Come lo è qualsiasi persona di buonsenso”.

 Nella storia d’Italia non era mai accaduto che la Cei chiamasse, di fatto, sul banco degli imputati a discolparsi difronte all’opinione pubblica ed al parlamento del suo operato, pubblico o privato, il capo del Governo.

 Monsignor Mogavero non esprime naturalmente il suo pensiero personale, date le sue responsabilità, ma quello della Chiesa cattolica italiana, che dopo una fase di estrema cautela e di conseguente silenzio, sollecitata dai fedeli, ha manifestato per intero il suo disagio.

La convinzione del Premier di “piacere agli italiani così com’è” non è stata digerita dai vescovi, destando perplessità anche fra coloro che esprimono fiducia ed apprezzamento per il capo del Governo o sono preoccupati che una eventuale incrinatura dei rapporti possa nuocere alla Chiesa, impegnata in una intensa attività sui temi etici e sui rapporti con lo Stato nelle questioni dell’istruzione. 

 Il Presidente del Consiglio ha liquidato, nel recente passato, le esternazioni di Avvenire e dello stesso Mogavero, come prese di posizione di alcuni parroci “caduti nella trappola delle calunnie” e delle denigrazioni. Una reazione che non è stata gradita dal vescovo di Mazara del Vallo, divenuto suo malgrado il “nemico” di Berlusconi. Nell’Isola e nella Chiesa italiana, di sicuro.

http://www.siciliainformazioni.com/giornale/politica/61795/vescovo-mazara-mons-mogavero-divenuto-nemico-premier-queste-ragioni.htm

Qualcuno era Comunista……

T

Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il Paradiso Terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto un’educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche… lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché «La Storia è dalla nostra parte!»
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Craxi non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l’operaio.
GIORGIO GABER e SANDRO LuPORINI,
Qualcuno era comunista
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Luca Telese,Qualcuno era Comunista.Dalla caduta del Muro alla fine del PCI:come i comunisti italiani sono diventati ex e post. Sperling eKupler,2009.

QUELLI CHE UNA VOLTA ERANO FASCISTI…….:

Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra. attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza infatti, sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere, in un tempo non lontano, essere lo schiavo degli ebrei?”
Giorgio Bocca, 4 agosto 1942, “La Provincia Granda”

«Non si sarà mai dei dominatori se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Niente indulgenze, niente amorazzi. Il bianco comandi»
Indro Montanelli

“Ancora oggi è la stessa voce del Capo che ci guida e ci addita le mete da attingere. […] Oggi mentre sembra che Sua Maestà la Massa (come la definì il Duce in un lontano giorno) mascherata da veli più o meno adeguati tenti di riprendere il suo trono, è necessario riporre l’accento sull’elemento disuguaglianza, che il Fascismo ha posto come cardine della sua dottrina
Un Impero del genere è tenuto insieme da un fattore principale e necessario: la “volontà di potenza” dello Stato nucleo, che poggia su due pilastri essenziali: il “popolo” quale elemento di costruzione sociale; la razza quale elemento etnico, sintesi di motivi etici e biologici che determina la superiorità storica dello Stato nucleo e giustifica la sua dichiarata “volontà di potenza”

Eugenio Scalfari, luglio 1942, “Roma fascista”

DPR 122/09.Regolamento recante….

coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli alunni e ulteriori comodità applicative in materia,ai sensi degli articoli 2 e 3 del Decreto-Legge 1 Settembre 2008,n.137,convertito,con modificazioni,dalla legge 30 ottobre 2008,n.169.

Testo:http://www.edscuola.it/archivio/norme/programmi/regvalutazione.pdf

Il quarto regolamento Gelmini, di coordinamento delle norme in materia di valutazione degli alunni, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (dpr 22 giugno 2009, n. 122).

A differenza degli altri regolamenti pubblicati, questo sulla valutazione ha già trovato applicazione in buona parte nel corso di questo anno scolastico appena terminato, in termini di valutazione espressa con voto in decimi anche nelle scuole del primo ciclo, di voto del comportamento nelle scuole secondarie di I e II grado, con possibili effetti, se negativo, di non ammissione all’esame o alla classe successiva.

L’applicazione completa del regolamento dal prossimo anno scolastico determinerà, comunque, alcuni effetti nuovi che non avevano avuto attuazione prima.

Il primo comma dell’art. 6, relativamente alla valutazione degli studenti delle superiori, prevede che per l’ammissione all’esame di Stato, esattamente come già previsto e applicato quest’anno per l’esame di licenza, sia necessario conseguire la sufficienza in ciascuna disciplina, oltre, s’intende, anche nel comportamento.

Quest’anno, in attesa dell’entrata in vigore di questa drastica disposizione che non mancherà di provocare reazioni tra gli studenti, si è data applicazione, per la prima volta, alla disposizione meno severa, voluta dall’allora ministro Fioroni, che per l’ammissione all’esame di Stato fosse necessaria la media del sei.

Lo stesso articolo 6, al comma 3, conferma, inoltre, la disposizione, recentemente censurata dal Tar del Lazio, che riconosce pieno titolo ai docenti di religione cattolica di concorrere ala determinazione dei crediti scolastici.

La natura regolamentare di questa disposizione, oltre a comportare il riconoscimento del diritto alla pari dei docenti di RC, dovrebbe consentire che essa sia sottratta alla possibile censura del Tar, in quanto non trattasi di materia amministrativa.

L’immediata entrata in vigore del Regolamento potrebbe, addirittura, rendere inutile il ricorso al Consiglio di Stato del ministro Gelmini contro la sentenza n. 7076 del Tar Lazio.

Un’altra novità è contenuta nel comma 6 dell’art. 3 relativo agli esami di licenza al termine del primo ciclo. Per la determinazione del voto finale di esame – che già da quest’anno è stato espresso con voto in decimi anziché con giudizio (ottimo, distinto, ecc.) – viene calcolata la media aritmetica dei voti conseguiti in tutte le prove d’esame, scritte e orali, e nel giudizio di ammissione.

Verità e Libertà nell’Educazione Religiosa.

In questi giorni, che hanno visto l’ennesimo attacco all’IRC,all’ identità cattolica del popolo italiano e ad un mai dismesso antilcericalismo becero di stampo risorgimentale,ho preso tra le mani un “volumetto”,datato 1995,dal titolo:VERITA’ E LIBERTA’ NELL’EDUCAZIONE RELIGIOSA. A scriverlo, a suo tempo,un intellettuale nato,cresciuto e vivente nell’entroterra siciliana,il Prof.Luigi Di Franco,personalità di grande spessore culturale seppur poco conosciuta. L’autore,di cui mi onoro essere amico da molto tempo,già allora “profetizzava” la situazione attuale:ossia il tentativo,mai sopito, di mettere a tacere,una volta e per tutte,l’educazione religiosa,nella scuola pubblica,poichè essa è foriera di Verità e Libertà che aiutano l’uomo e l’alunno a raggiungere una pienezza di umanità. Meglio spingere le giovani generazioni a consumare spinelli,cannabis,cocaina,eroina ed alcolici di ogni genere….a vivere una vita affettivo-sessuale dissoluta,ma di Verità e Libertà meglio non parlarne. Meglio porre in essere una “educazione” nozionistica ed efficentista,ma non personalista!

Vi sottopongo la premessa al volume,leggendo la quale,spero,vi possiate rendere conto di quanto urgente sia ritornare a parlare della necessità della educazione religiosa nella scuola che trasmette verità e libertà.

L

di

Luigi Di Franco

L1

INTRODUZIONE

 

“SOCIETÀ COMPI ESSA”, “POSTMODERNO” “FORMA VIVENTE”

 

Oggi è diventato rischioso anche il solo parlare di ‘educazione’ e non è raro sentire parlare invece di “fine dell’educazione” e, quindi, di “fine della pedagogia” (1).

Da un lato c’è il rischio di ridurre ogni riflessione pedagogica ad un gioco verbale, dall’altro di lasciare sprovvisto di ogni indicazione di senso, nella duplice accezione di “direzione” e di “significato”, per la sua vita di oggi e di domani.

La nostra società “disordinata” mostra la crisi di ogni funzione educativa e in essa sembra venuto meno “ l‘incanto” kantiano del cielo stellato sopra di me e della legge morale in me. Da qualche decennio anche in Italia viviamo in una società “postmoderna” definita cioè dal fatto di venire “dopo” l’età moderna, di cui si denunciano i limiti e le illusioni, piuttosto che dalla fiducia in determinati valori o prospettive future.

Caratteristica delle società postmoderne è la tendenza allo sviluppo e alla crescita di un progetto, fondato più su una “visione del mondo” e della vita che su precise e fondate istanze morali.

Eppure resta vero, proprio in questo contesto, che nessuno dei moderni critici della religione e della morale religiosa ha dimostrato in maniera convincente e definitiva che la fede in Dio è soltanto una proiezione dell’uomo (Feuerbach), o è soltanto oppio del popolo (Marx), o sia soltanto un sentimento dei deboli (Nietzsche), oppure è solo una regressione allo stato infantile (Freud).

In crisi radicale è entrata, infatti, la società borghese moderna con la sua fiducia nella ragione e con la sua fede nel progresso.

“Postmoderno” è allora una chiave interpretativa che può comprendere in senso lato tutto ciò che distingue il nostro presente dalle esperienze della modernità ormai superata. Così le nuove modalità ristrutturanti del “postmoderno” se per un verso aprono nuovi orizzonti di crescita, di responsabilità, di speranza, per un altro verso, socialmente più inglobante, ci lasciano in balia dei condizionamenti sociali dominanti, specie attraverso i mass media, indirizzando verso un’omologazione consumistica e pragmatistica.

Non è che vengano negati i grandi principi, ma essi vengono relegati su uno sfondo poco rilevante per la realtà quotidiana, dove invece conta realmente solo ciò che si può manipolare. In questo contesto la religione ha un senso solo in quello scenario di cui parla Garelli (2) che è il mondo e l’uomo.

Si ha una specie di spaccatura dell’identità di ciascuno fra un “paladino” della fede, che con I. Calvino potremmo dire “inesistente”, il quale proclama grandi principi, civili-ecologici-religiosi, e un “barone rampante” dei bisogni, dei desideri e dei consumi, per nulla disposto a modificare il modello di vita praticato, pure del tutto incoerente rispetto ai principi professati.

Nelle “Post-Modernità” non vi è più spazio per una verità che vada oltre l’ambito del pragmatico e della metodologia scientifica.

Emerge solo un “pensiero debole” che si limita a spiegare o interpretare i linguaggi non più intesi come “struttura della ragione”, ed “espressione della verità” ma solo come accadimenti storicamente qualificati.

Se il pensiero moderno ci aveva espropriato delle coordinate spaziali del mondo, lasciandoci “senza casa”, il pensiero debole del postmoderno tende ad espropriare anche delle coordinate temporali, cioè di quella “casa” che è esperienza dell’uomo, intesa come storia, sia nel senso idealistico-hegeliano che in quello materialistico-marxiano.

Nel tempo postmoderno si spegne pure la fede nelle ideologie divenute anche scientificamente incredibili, da quando il sapere appare retto dalle esigenze dell’informatica che deludono ogni domanda di fondamento della conoscenza.

Viene meno l’ideologia del progresso ma solo in quanto sostituita dall’obiettivo della massima funzionalità. La complessità della società attuale cerca per sè una legittimazione solo “performatica”, basata cioè soltanto sull’efficienza, sul rapporto ottimale fra input e output. Così ogni referente “metanarrativo”, o “visione del mondo”, è reputato vano ed inutile e l’incredulità verso ogni legittimazione metanarrativa diventa la caratteristica della complessità di una società che liquida nella paradossale eliminazione di ogni funzione legittimante la condizione stessa dell’uomod’oggi, che nonostante un’enorme acquisizione di sapere conosce sempre meno se stesso.

Mentre le conoscenze tecniche si allargano diminuisce l’autonomia dell’uomo come individuo e la sua indipendenza di giudizio come persona.

L’uscita dalla modernità si annuncia come un abbandono di tutti i valori. “Dopo” Nietzsche, “dopo” la volontà di potenza, non è più possibile proporre valori:ogni valore si ridurrebbe infatti in quest’ottica a pura “volontà di potenza”. Ne deriva un crescente “sovraccarico funzionale” dell’individuo, per il quale la “complessità” circostante diventa sempre più simile, come ci dice Horkheimer, ad una “macchina che ha gettato a terra il conducente e corre cieca nello spazio”(3).

Eppure l’attuale stagione dell’uomo più che mai gravita intorno alla questione della sua autonomia e fondazione, al problema cioè di trovare un “centro d’unità” pur nel complesso articolarsi delle problematiche teoriche, pratiche ed operative.Da qui l’esigenza di inscrivere la ricerca pedagogica nel quadro aperto e non chiuso di una filosofia dell’educazione e di una teologia pedagogica che evidenziano nell’atto della “visione” la struttura teoretica fondamentale della conoscenza umana. L’uomo, infatti, è una “forma vivente”, li è possibile individuare il volto autentico ed integrale delle determinazioni essenziali della umana creatura. “Vivente forma d’essere, in quanto rappresenta la struttura della sua concreta esistenza. Vivente forma di valore, in quanto esprime come quest’ente dev’essere, per essere pienamente sè stesso e perciò conforme al proprio valore” (4).

Per questo il concetto di “Formazione” (Bildung) è irriducibile per chi voglia percorrere il processo educativo avendo sempre presente, proprio con via fenomenologica, l’atto vivente della conoscenza umana che è dinamica relazionalità ontologica dell’uomo all’essere.

Nell’uomo, percezione, azione e divenire, si attuano in una dinamica popolare: dall’esterno all’interno, dall’interno all’esterno. Questa vivente iniziativa dello spirito umano è il fattore portante della strutturazione (della forma vivente umana. Ed essendo questa dinamica “polare” – esterno/interno – un progredire e un superamento, si fa “polarità fra regno di natura e dimensione spirituale. Lo spirito in quanto tale trascende l’orizzonte della natura. In quanto persona, esso possiede sè stesso nella coscienza, nella libertà e nella azione” (5).

Lo spirito che è in sè e per sè esce “nella” e “con” la natura da sè per a sè ritornare, divenendo, così, intimo alla natura in una dinamica nuova: quella della libertà. Ecco perché “la forma vivente dell’uomo … trova il proprio ultimo fattore portante nell’iniziativa dello spirito: conoscenza, libertà e azione” (6). Il “valore” dell’uomo è espresso da quell’originalità irripetibile che è data nell’essenza indicata dal “nome”, sigillo dello spirito personale.

L’essenza dell’uomo “può essere nominata … poiché dal momento della sua fondazione e creazione,ontologicamente cioè, riceve un nome ed è chiamata.

Lo spirito è creato come singolo; in quanto tale, riceve il suo nome; da Dio” (7).

Ecco perché è da sottolineare l’importanza decisiva della “formazione” per il futuro di una civiltà dell’uomo che sia libero e realizzato nella vita dell’amore.

Ogni interpretazione non riduttiva dell’umano, né naturalistica né storicistica, non può non portare alla percezione dell’immagine integrale dell’essenza umana e della sua dimensione etico-religiosa. La riflessione su questo tema, svolta con e tramite un percorso meta-didattico, è l’oggetto del presente saggio.

Ciò oggi pare più che mai urgente per contribuire ad adeguare l’esperienza del fenomeno pedagogico alla “pienezza” di quella forma vivente che è nell’uomo di ogni tempo, la libertà.

Quando si considerano processi didattici e problematiche educative spesso ci si dimentica di colui che dovrebbe essere il vero protagonista nell’educazione: l’alunno e la sua formazione. Cioè la “forma” vivente che è la persona, ogni persona, che cerca di incontrare il mondo ed il suo senso.

Riflettere sul perché non si dia ai vari protagonisti del processo educativo e scolastico la possibilità di un credibile intervento che non vada oltre il mero contributo socio-politico è un segno di come senza una “veritativa fondazione” i vari curricula educativi siano destinati solo al “flatus vocis”.

L’educazione religiosa non è “indottrinamento ideologico”; infatti sia dallo studio delle fonti curricolari (antropologiche, epistemologiche, psicopedagogiche, sociali e teologiche), sia dallo studio degli obiettivi e delle finalità dell’educazione e sia dalle funzioni (dell’insegnamento di Religione si configura l’identità educativo-culturale dell’area curricolare di Religione. Questa perciò si qualifica in quanto fenomeno e patrimonio storico-culturale e soprattutto in quanto sistema metanarrativo esplicitante e formante universale “forma vivente” dell’uomo. Occorrono, allora, “percorsi di fondazione” per contribuire a far chiarezza sulla gestione dell’area educativa religiosa. In particolare occorre il coinvolgimento, oltre che di alunni e genitori, soprattutto degli educatori perché possano intervenire nella completa formazione dei propri educandi. Pertanto le pagine che seguono a costoro, in nodo particolare, sono dirette. E’ alla processualità educativa della persona ed ad una filosofia e teologia dell’educazione che la persona realizza nella riflessione, che si è inteso ancorare l’argomento del presente saggio.

La situazione dell’uomo mostra da un lato che ‘l’umanità è più di una struttura intellettuale: essa è una realtà personale, che invoca una connessione suprema, un ‘appartenenza suprema” (8).

Dall’altro il bisogno di verità che è nell’uomo non è una domanda ma una risposta, perché il chiamato è l’uomo, “Dio è in cerca dell’uomo, e la vita è una cosa che esige una risposta … L’essere dell’uomo è oggetto (Iella conoscenza e della sollecitudine divina” (9).

Ecco perché, prima ancora di ogni valutazione metodologica, dimensione religiosa e dimensione culturale non sono “alternative” ma anzi strettamente complementari” nel realizzarsi dell’educazione religiosa della persona.

La possibilità della fede in Dio anche nella cultura postmoderna ha il volto dell’autentico ruolo liberante per l’uomo. La fede si mostra così forte che orienta il futuro, che dilata la fiducia nella vita e nella solidarietà promuovendo lo sviluppo spirituale dell’uomo proprio perché esperienza di liberazione della persona nelle varie circostanze della sua vita.

La “visione del mondo” non sorge nell’uomo come autonoma e soggettiva posizione ma è già dinanzi al sè un orizzonte, un paesaggio e un contesto entro cui realizzarsi.

Educare religiosamente significa, allora, aiutare l’educando a scoprire quell’orizzonte e quella circostanza in cui la sua forma continuamente si realizza in pieno e per sempre.

E’ lo spazio del significato il luogo della cultura religiosa e questo spazio si vede e si vive solo grazie ad un’educazione. Infatti “l’esistenza umana nel suo complesso non è strutturata in modo che in essa siano rapportate tra loro entità già complete nell’essere [.,..]. Gli uomini sono invece coinvolti nel divenire; sono quindi entità che permanentemente determinano se stesse” (10).

Solo corrispondendo alla chiamata e uscendo “fuori da sè” l’uomo forma se stesso nella verità e con la verità. Ed a questo l’educazione religiosa deve portare. Così tutta la storia biblica non esprime solo la misericordia di Dio ma anche il suo impegno a favore della creatura documentando l’interesse di Dio per l’uomo. E questi, “immagine di Dio”, è in grado di entrare in rapporto con il suo Creatore e con il mondo delle cose e degli uomini perché creatura capace di trascendere nella relazionalità il proprio io. Vocazione dell’uomo è vivere in relazione vitale con quella  “Forma” che oltrepassando la sua singola soggettività si dispiega nella molteplice realtà senza però mai coincidere con essa. Quando “la varietà ed il mutare delle opinioni sulla verità, l’adesione a differenti dottrine ed anche di apparenza contraddittoria invita all’incredulità” (11), ciò accade perché non siamo più in grado di entrare in rapporto con i significati veritativi della realtà.

Al contrario, “il presupposto minimo di ogni storia è che il soggetto di cui parlo possa essere compreso. Ebbene: non lo si può comprendere sino a che non si dispone di qualche dimensione di verità” (12).

Pertanto la consapevolezza della verità è il primo dato da cui partire. E in particolare come già ha indicato Ortega y Gasset “per gli antichi, realtà, essere, significava “cosa”; per i moderni, essere significava “interiorità, soggettività”; per noi essere significa “vivere” – per tanto è intima relazione con sè e cori le cose” (13). Per questo l’uomo può vivere la propria forma vivente solo incontrando quel mondo che comunica la forma vivente che è il “fondamento”. Indicare questa scoperta e vivere con certezza  questa decisione, che fa entrare nella sicura verità è il compito permanente dell’educazione religiosa.

 (1) H. GIESECKE, La fine dell’educazione, Anicia, Roma, 1990.

(2) Vedi F. GARELLI, La religione dello scenario, Il Mulino, Bologna, 1986.

(3)M. HORKEIMER. Eclisse della ragione, Einaudi, Torino, 1969, p.113.

(4) R. GUARDINI, Fondazione della teoria pedagogica, in, IDEM, Persona e

libertà. Saggi di fondazione della teoria pedagogica, La Scuola, Brescia, 1987. p. 69.

(5) IBIDEM, p. 71.

(6) IBIDEM, p. 71.

(7) IBIDEM, p. 72.

8) A. J. HESCHEL, Chi è L’uomo?, Rusconi, Milano, 1976, p. 103

(9) IBIDEM, pp. 104-105.

(10) R. GUARDINI, Fede – Religione – Esperienza. Saggi Teologici, Morcelliana, Brescia, 1984, p. 200

(11) J.ORTEGA Y GASSET,Que es filosofia? Ed.Revista de Occidente en Alianza Editorial Madrid,1993,p.15.

(12) IBIDEM, p. 21.

(13 )IBIDEM, p. 176.

Luigi Di Franco,Verità e Libertà nell’Educazione Religiosa,ed.Il Lunario,1995.

Una sentenza discutibile….

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La sentenza del TAR del Lazio ha suscitato notevole interesse, dibattiti e varie prese di posizione. Non tutte ci paiono aiutare a fare chiarezza: spesso gli interventi sono stati il pretesto per riaffermare questioni ideologiche che non fanno i conti con la realtà dei fatti: ci impressiona che si voglia continuamente fare riferimento alla Costituzione e alle leggi solo a senso unico, senza leggere le norme nella loro integralità. Per questo apprezziamo e pubblichiamo questo intervento di Stefano Spinelli, Presidente dell’Unione Giuristi Cattolici, Sezione locale Forlì-Cesena e Cassazionista, Dottore di Ricerca in Diritto Costituzionale, perché aiuta a fare chiarezza. Nessuno vuole discutere le idee personali di alcuna persona, ma ci sembra doveroso, soprattutto per chi vuole applicare le leggi, che il senso delle stesse leggi non venga stravolto o manipolato.

P.S.: questa vicenda mi pare il banco di prova per la realizzazione di quella «democrazia sostanziale» che sola può garantire, in questo tempo di confusione e confronto, una convivenza civile libera e solidale. Siamo francamente stufi di tante professioni di «laicità» che si risolvono in statalismo di stampo ottocentesco. Suvvia, aggiorniamoci un po’, e impariamo a guardare alla realtà senza paraocchi ideologici! 

Vi invitiamo a leggere e a diffondere questo straordinario intervento

L’insegnante dimezzato

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 Tratto da: http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=17&id_n=15754

Di Pane in Pasta il museo racconta…..

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“Di Pane in Pasta, il Museo racconta …”

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E’ stato indubbiamente un successo per quantità e qualità di pubblico, entsiasmo, e dimostrazione di capacità organizzativa la manifestazione cultural-gastronomica, “Di pane in pasta, il museo racconta … “, viaggio negli antichi sapori mediterranei con maestri panificatori e chef, musica, degustazioni e laboratori del pane e della pasta.

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L’appuntamento con la qualità, la tipicità e i sapori delle tradizioni del pane e della pasta era fissato per l’8 e il 9 Agosto 2009 a Castellammare del Golfo (negli spazi del Castello Arabo- Normanno, Piazza Castello, Piazza Matrice) per la prima rassegna “Di Pane In Pasta”, organizzata dalla Fondazione Annalisa Buccellato e l’omonimo Museo Etno-Antropologico, in collaborazione con il Comune di Castellammare del Golfo, Regione Siciliana (Assessorato Agricoltura e Foreste), Provincia Regionale di Trapani.

E’ stato un affascinante e articolato viaggio con il pane e la pasta, protagonisti donne e uomini del luogo, maestri panificatori, esperti chef, enogastronomi, giornalisti, studiosi, scrittori.

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Relatori del convegno di apertura dal titolo “Pane, Pasta e dieta mediterranea” tenutosi a partire dalle ore 17,30 presso la sala conferenze del Castello Arabo- Normanno di Castellammare del Golfo sono stati: Oretta Zanini De Vita, giornalista e storica dell’enogastronomia, Mario Liberto, funzionario dell’Assessorato Agricoltura e Foreste, esperto eno-gastronomo, Mary Taylor Simeti, giornalista – scrittrice, Cinzia D’agate, medico e presidente Associazione Italiana Celiachia Sicilia, Giuseppe Russo, biologo nutrizionista, dirigente del Consorzio di Ricerca G.P. Ballatore, Luciano Cessari ricercatore del CNR-ITABC di Roma, esperto di mulini ad acqua e sistemi idraulici nel Mediterraneo, Gaetano Basile, giornalista, scrittore. Moderatore del convegno è stato Alfredo Tesio, giornalista e scrittore.

A seguire, il numeroso pubblico ha potuto assistere nella piazza Madrice alla rievocazione del rito della “cacciata”, la trebbiatura del frumento con i cavalli, ed in serata, allo spettacolo del Gruppo Folkloristico della Cordella in Via Re Federico.

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Particolarmente ricca di ditte partecipanti l’expo allestita in piazza Castello e che che ha accompagnato la due giorni castellammarese cui hanno partecipato: il pastificio artigianale Campo, l’ Associazione Libera di Castellammare, l’Associazione Italiana Celiachia, per la sicilia del gusto – pane cena di Caccamo (panificio Briciole di Pane) pani di casa di Roccapalumba (panificio Ganci Peppino & c. snc) pasta Valledoro srl, (pastificio Valledolmo) pane di casa di Lentini, focacce cuddurun (panificio Rosa Nipitella). Presente anche il Salumificio Armetta, il Pane Nero di Castelvetrano e il pane di Lentini. Tra i panifici di Castellammare del Golfo : Zanca , Domingo e Cacioppo.

Di particolare interesse sono stati i laboratori live il primo la sera dell’otto agosto animato da Gaetano Basile giornalista, viaggiatore colto e divulgatore di tutto ciò che è cultura siciliana, che ha parlato sopratutto di pane con toni lievi, talora graffianti, mai seriosi, e che ha messo in scena uno spettacolo di gestualità e fragranze, illustrando la preparazione del pane davanti al pubblico e raccontando le diverse tecniche, l’evoluzione e le tradizioni. Il secondo la sera del nove agosto allietato dallo chef – artista del cibo trapanese Peppe Giuffrè, il quale con la sua officina gastronomica itinerante ha dato vita a momenti di vero e proprio spettacolo e che ha visto anche la partecipazione un pò a sorpresa di Roberto Roversi “turista per caso” a Castellammare, in quanto “testimonial” de “la Route du Jasmin”, regata internazionale, nei medesimi giorni facente tappa nel porto di Castellammare.

Per i due giorni della rassegna è stato possibile visitare ininterrottamente il Museo etno – antropologico, la mostra fotografica “Il Prima e il Dopo” su Castellammare del Golfo, e l’esposizione di pani sacri nella Chiesetta della “Madonna di l’Agnuni”.

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Entusiasmante infine lo spettacolo musicale a conclusione della manifestazione che ha visto l’esibizione degli “Ottoni Animati”, band trapanese che ha eseguito brani delle più belle canzoni del panorama musicale siciliano e nazionale in chiave etnico-bandistico-popolare.

Testo e alcune foto tratte da:http://www.castellammareonline.it/main3/dipaneinpasta.html

Frattanto,sul molo del porto di Castellammare,fa bella mostra di se la mitica 750 di Peppe Giacalone insieme ad una meravigliosa coppia di sposi.

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Religione a scuola…..

                                          CULTURA E POLEMICHE
                      RELIGIONE A SCUOLA, LA POSTA IN GIOCO

                                                                        di  

                                                       Gerolamo Fazzini

Al di là delle polemiche, il nodo vero è la riqualificazione della materia e
la sua dignità culturale. Con attenzione all’emergenza educativa e alla
società multietnica

Quanto espresso in questo contributo è a titolo personale. Chi scrive ha
insegnato Religione nella scuola media statle “Manzoni” di Merate (Lc) dal
1982 al 1984.

E’ con una certa dose di amarezza e sconcerto che ho seguito le polemiche
delle ultime ore seguita alla sentenza del Tar del Lazio relativa all’insegnamento  della religione cattolica. Amarezza e sconcerto perché l’impressione è che, per l’ennesima volta, si sia dato vita a una disputa ideologica, tesa a riaffermare le rispettive posizioni, ma incapace di uno sguardo lungimirante.
Non entrerò nel merito dei contenuti della sentenza del Tar e delle
conseguenze deleterie che essa provoca. Mi interessa infatti spostare il
dibattito su un altro piano, specie pensando alla situazione attuale, all’emergenza educativa in atto e alla società multietnica con cui ci dobbiamo confrontare.

1) Qual è il senso e la funzione dell’IRC a scuola? L’insegnamento della
religione cattolica non ha carattere dogmatico/dottrinale ma culturale;
richiede un approccio intellettuale e non domanda un’adesione di fede (come invece il catechismo). Da questo punto di vista ha pienamente ragione Massimo Cacciari quando dichiara che “l’ora di religione è fondamentale, dovrebbe diventare obbligatoria in tutte le scuole superiori. Una materia di insegnamento come italiano, storia e filosofia”. Oggi come oggi tutti sanno che non è così; “religione” è considerata una materia di serie B e chi la insegna spesso è visto – ci si passi il termine – come uno “sfigato”. La dignità culturale della materia è a dir poco compromessa (similmente
“Introduzione alla teologia” in Università Cattolica: formalmente
obbligatoria, nella pratica è un esame ridicolo).

2) Una riqualificazione culturale dell’IRC è fondamentale anche (anzi:
soprattutto) in considerazione dello scenario multiculturale e multi
religioso che abbiamo davanti. Proprio per dare ai ragazzi le chiavi di
accesso alla cultura sia occidentale che universale, non è pensabile che si
possano ignorare i contenuti della Bibbia, le convinzioni di base della fede
cristiana ecc. Un IRC ripensato in questa chiave sarebbe uno strumento
prezioso di arricchimento culturale anche (soprattutto) per gli studenti che
non hanno alle spalle un bagaglio cattolico elementare. Tradotto: per
musulmani, buddisti ecc. che vivono tra noi un IRC di questo tipo (lungi da
derive catechetiche, lo ripetiamo a scanso di equivoci!) diverrebbe elemento ulteriore per un’integrazione vera e profonda.

3) Per un rilancio vero dell’IRC occorre, a mio avviso, una ulteriore
riqualificazione degli insegnanti. Già si è fatto molto negli ultimi anni.
Ma rimane ancora l’ambiguità di docenti che, pur in possesso di titoli, sono
nominati dall’autorità ecclesiastica. Meglio, molto meglio sarebbe garantire
lo studio della Teologia nelle università anche statali, con piena dignità
accademica (come avviene in Germania) e dà lì “pescare” – con concorsi ad
hoc – i futuri professori. Questi ultimi non sarebbero più visti dai
colleghi e dai ragazzi come sono considerati oggi, ma recupererebbero almeno un po’ di autorevolezza.

4) In questi anni – vogliamo dircelo? – parte della considerazione (non dirò
del “prestigio”) degli insegnanti di religione è andato perduto a causa dell’atteggiamento colpevolmente rinunciatario di alcuni, supportato, se non causato, da un clima generale che considera la materia religiosa residuale di per sé.
Accanto a parecchi docenti (alcuni li conosco personalmente!) che ci mettono l’anima, ve ne sono che hanno depauperato il senso e valore dell’IRC con proposte a dir poco banali: dal film insulso con dibattito, alla discussione sulla droga e via di questo passo…

5) Chi scrive è convinto che l’ora di religione cattolica andrebbe insegnata
obbligatoriamente a tutti (senza possibilità di esenzione, per capirci).
Sogna, però, che si arrivi anche a un’ora aggiuntiva di “storia delle
religioni”, in cui siano presentati almeno i contenuti principali delle
grandi tradizioni religiose non cristiane e – pure – uno spazio dedicato
alle confessioni cristiane che da noi sono minoritarie (ma non solo sono in
molte altre parti d’Europa…). Se è vero che è indispensabile conoscere la
Scrittura per capire Dante (e nono solo), è altresì vero che non si può, nel
2009, in un Paese che ha una presenza di immigrati non cristiani sempre più
massiccia, non immaginare percorsi culturali e scolastici che offrano a
tutti una conoscenza basilare ma rigorosa del contenuto delle varie
religioni. Beninteso: così come occorreranno docenti titolati per insegnare
religione cattolica, allo stesso modo l’islam non potrà essere insegnato
dall’ultimo imam approdato in Italia o da religiosi che ignorino la cultura
italiana e pensino a un’ora del genere come occasione di indottrinamento.

Sentenza 17 luglio 09,n.7079,del Tar-Lazio,Sez.III-quater.

Sentenza 17 luglio 2009, n.7076
Insegnamento della religione cattolica ed attribuzione dei crediti formativi

autore: Tribunale Amministrativo
data: 17 luglio 2009
argomento:
nazione: Italia
parole chiave: Insegnamento della religione cattolica, Scuola, Crediti scolastici, Scrutini, Insegnanti di religione, Consigli di classe, Attività alternative, Disparità di trattamento, Divieto di discriminazione, Libertà religiosa
abstract: In OLIR: Ordinanza Ministeriale n. 26/07 Prot. n. 2578, recante “Istruzione e modalità per lo svolgimento degli esami di Stato nelle scuole statali e non statali – a.s. 2006/2007”; Ordinanza Ministeriale n. 30/08 prot. 2724, recante “Istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore nelle scuole statali e non statali. Anno scolastico 2007/2008”

TAR Lazio. Sez.III-quater. Sentenza 17 luglio 2009, n. 7076: “Insegnamento della religione cattolica ed attribuzione dei crediti formativi”.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del LAZIO, Sez.III-quater
composto da:
dr. Mario di Giuseppe (Presidente)
dr. Antonio Amicuzzi (Consigliere)
dr. Umberto Realfonzo (Consigliere-rel.)
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi qui riuniti rispettivamente:

RG. n. 4297/2007 presentato da

CONSULTA ROMANA PER LA LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI
ALLEANZA EVANGELICA ITALIANA
ASS. XXXI OTTOBRE PER UNA SCUOLA LAICA E PLURALISTA ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL LIBERO PENSIERO GIORDANO BRUNO
ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA DELLA REPUBBLICA
ASSOCIAZIONE SCUOLA UNIVERSITA’ RICERCA ASSUR
B. F.
CRIDES CENTRO ROMANO INIZIATIVA DIFESA DIRITTI NELLA SCUOLA
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
DEMOCRAZIA LAICA
UNIONE ITALIANA DELLE CHIESE CRISTIANE AVVENTISTE 7^ GIORNO
UNIONE CRISTIANA EVANGELICA BATTISTA D’ITALIA
UAAR UNIONE DEGLI ATEI E DEGLI AGNOSTICI RAZIONALISTI
TAVOLA VALDESE
S. R.
FEDERAZIONE DELLE CHIESE PENTECOSTALI
CONSULTA TORINESE PER LA LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI
CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN ITALIA
CIDI CENTRO DI INIZIATIVA DEMOCRATICA DEGLI INSEGNANTI
COMITATO BOLOGNESE SCUOLA E COSTITUZIONE
COMITATO INSEGNANTI EVANGELICI ITALIANI (CIEI)
COMITATO TORINESE PER LA LAICITA’ DELLA SCUOLA
in persona dei rispettivi rappresentanti legali, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Fausto Buccellato e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma in viale Angelico, n. 45;

CONTRO

– la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, nella persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato;
– il MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE nella persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato
e nei confronti
– della Conferenza Episcopale Italiana, non costituitasi in giudizio;
– di R. L., non costituitosi in giudizio;

con l’intervento ad adjuvandum

– dell’UCEI -in persona dei rispettivi rappresentanti legali costituitisi in giudizio con gli Avvocati Buccellato Fausto e Luciani Massimo;
– del M.C.E. in persona dei rispettivi rappresentanti legali costituitisi in giudizio con gli Avvocati Buccellato Fausto e Luciani Massimo;
— dell’ORGANIZZAZIONE SINDACALE – COBAS SCUOLA in persona dell’Avv. Salerni Arturo;

e con l’intervento ad opponendum

del Sindacato Nazionale Autonomo degli Insegnanti di Religione (SNADIR); del professor R. O. e della professoressa S. M. rappresentati difesi dagli avvocati Nastasi Giuseppe, La Rocca Tavana Laura;

per l’annullamento

dell’ORDINANZA MINISTERIALE n. 26/07 PROT. n.. 2578 recante “ISTRUZIONI E MODALITA’ PER LO SVOLGIMENTO DEGLI ESAMI DI STATO NELLE SCUOLE STATALI E NON STATALI – A.S. 2006/07”

e — RG n. 5712/2008 proposto da:

CONSULTA ROMANA PER LA LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI
ASS NAZ LIBERO PENSIERO “GIORDANO BRUNO”
ASS COMITATO BOLOGNESE SCUOLA E COSTITUZIONE
ASS NAZIONALE EVANGELICA ITALIANA
ASS NAZIONALE PER LA SCUOLA DELLA REPUBBLICA
ASS. “XXXI OTTOBRE PER UNA SCUOLA LAICA E PLURALISTA (promossa dagli Evangelici Italiani);
ASSOCIAZIONE SCUOLA UNIVERSITA’ RICERCA “AS.SUR”
CRIDES-CENTRO ROMANO INIZIATIVA DIFESA DIRITTI NELLA SCUOLA
FEDERAZIONE CHIESE PENTECOSTALI
DEMOCRAZIA LAICA
UNIONE DELLE COMUNITA’ EBRAICHE ITALIANE
UNIONE CRISTINA EVANGELICA BATTISTA D’ITALIA
UAAR- UNIONE DEGLI ATEI E DEGLI AGNOSTICI RAZIONALISTI
TAVOLA VALDESE
T. A.
MCE – MOVIMENTO COOPERAZIONE EDUCATIVA
FUSAROLI ALESSANDRO
FNISM – FEDERAZIONE NAZIONALE INSEGNANTI
UNIONE ITALIANA CHIESE CRISTIANE AVVENTISTE 7^ GIORNO
FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
CONSULTA TORINESE LAICITA’ DELLE ISTITUZIONI
CGD – COORDINAMENTO GENITORI DEMOCRATICI
CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN ITALIA
CIDI – CENTRO DI INIZIATIVA DEMOCRATICA INSEGNANTI
COMITATO INSEGNANTI EVANGELICI ITALIANI (CIEI)
COMITATO TORINESE PER LA LAICITA’ DELLA SCUOLA
In persona dei rispettivi rappresentati legali, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Fausto Buccellato e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma in viale Angelico, n. 45;

contro

– il Ministero della Pubblica Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio tramite l’Avvocatura dello Stato;
– la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato;
e nei confronti di
– la Conferenza Episcopale Italiana, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Gigli e Franco Gaetano Scoca con domicilio eletto in Roma,v. G. Paisiello, 55;
— V. L., non costituitasi in giudizio

per l’annullamento

dell’Ordinanza Ministeriale n. 30/08 prot. 2724 recante “Istruzioni e Modalita’ per lo svolgimento degli Esami di Stato”

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione delle Amministrazioni intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla Pubblica Udienza dell’11 febbraio 2009, il Consigliere Umberto Realfonzo; e uditi gli avvocati di cui al verbale d’udienza.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:

FATTO

I. Con il primo ricorso di cui in epigrafe, la Consulta Romana per la Laicita’ delle Istituzioni; altre associazioni laiche e atee; altre istituzioni cristiane; ed alcuni studenti iscritti all’ultimo anno di istruzione superiore che avevano scelto di non avvalersi né della religione cattolica, né di insegnamenti sostitutivi chiedono l’annullamento delle ordinanze relativa alla disciplina dell’attribuzione dei crediti scolastici per gli esami di maturita’ per l’anno scolastico 2006-2007 nella parte in cui si prevede:
— che i docenti che svolgono insegnamento della religione cattolica partecipino a pieno titolo alle deliberazioni del consiglio di classe concernente l’attribuzione del credito scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento; che analoga posizione completa, sia riconosciuta in sede di attribuzione del credito scolastico ai docenti delle attivita’ didattiche formative alternative all’insegnamento della religione cattolica, limitatamente agli alunni che abbiano seguito le attivita’ medesime (all’art. 8, punto 13);
— che l’attribuzione al punteggio, nell’ambito della banda di oscillazione, tenga conto, oltre che degli elementi con l’articolo 14 comma 2 del d.p.r. 323 del 23 luglio 1998, del giudizio formulato dai docenti di cui al precedente comma 13 riguardante l’interesse col quale autunno ha seguito l’insegnamento della religione cattolica ed il profitto che ne ha tratto; ovvero le altre attivita’, ivi compreso lo studio individuale, che si sia tradotto in un arricchimento culturale disciplinare specifico, purché certificato valutato alla scuola secondo modalita’ deliberate dalla istituzione medesima;
— che gli alunni che abbiano scelto di assentarsi dalla scuola per partecipare alle iniziative formative in ambito scolastico potessero far valere tali attivita’ esclusivamente come crediti formativi soltanto in presenza dei requisiti previsti dal D. M. 49 del 24 febbraio 2000 (art. 8, punto 14).
Le parti ricorrenti, premessa una puntualizzazione dei rispettivi profili di legittimazione direttamente connessi ai loro interessi ovvero collegabili alle rispettive finalita’ statutarie ed associative, denunciano tre rubriche di gravame. In particolare i ricorrenti lamentano:
a. Con il primo motivo si assume la violazione dell’articolo 11 delle disposizioni preliminari del codice civile, all’articolo 9 della legge n. 121 del 1985; all’articolo unico del d.p.r. 202 del 1990 all’articolo 309 del decreto legislativo 297/1994. Il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con la lettera c) dell’articolo 9 della legge 121 del 1985, per cui l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non puo’ “dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”.
b. Con il secondo motivo di gravame si lamenta sotto tre profili l’eccesso di potere per disparita’ di trattamento; violazione del principio di ragionevolezza e del principio di certezza giuridica del principio dell’affidamento e del divieto di retroattivita’ degli atti amministrativi in quanto:
— adotta diversa criteri di valutazione per l’attribuzione del credito scolastico che svantaggiano nel profitto chi non la sceglie (primo profilo);
— l’articolo 8, comma 14, della ordinanza impugnata prevede criteri del tutto indeterminati per l’eventuale valutazione, quali crediti formativi, delle attivita’ svolte dagli studenti che non si siano avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica, né di attivita’ sostitutive; e che sono lasciati all’ampia discrezionalita’ di ciascun istituto scolastico con i rischi di ulteriori discriminazioni (secondo profilo in realta’ rubricato al punto 2.1.);
— irragionevolmente le disposizioni censurate che avrebbero preteso, alla fine dell’anno scolastico, di fissare i criteri per la valutazione delle attivita’ che erano gia’ state compiute durante l’anno scolastico passato. Si discriminerebbe cosi’ retroattivamente gli studenti che avevano scelto liberamente di non valersi della religione cattolica, non immaginando che la penalizzazione conseguente sotto il profilo del merito scolastico. La retroattivita’ cosiddetta impropria (ex Cassazione Sezioni Unite 1 aprile 1993 n. 3888) — incidendo su di un rapporto in essere in ragione di un fatto passato – avrebbe alterato la disciplina conosciuta dagli interessati e sulla quale essi facevano legittimo affidamento – in violazione del principio dell’affidamento del cittadino sulla situazione giuridica e sulla certezza del diritto piu’ volte ricordato dalla Corte Costituzionale a partire dalla sentenza numero 349/1985 (terzo profilo in realta’ rubricato al punto 2.2.).
c. In via subordinata i ricorrenti deducono l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 9 della legge n. 121 del 1985; dell’articolo unico del d.p.r. 202 del 1990;dell’articolo 309 del decreto legislativo 297/1994 laddove interpretate nel senso del provvedimento impugnato per violazione degli articoli 3,2,7,8 e 21 della Costituzione per l’inaccettabile compressione del principio di parita’ fra confessioni religiose e del diritto di libera manifestazione del pensiero.
I ricorrenti concludono per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordinanza ministeriale impugnata.
Si e’ costituito in giudizio il Ministro dell’Istruzione, Universita’ e della Ricerca, che con memoria, in linea preliminare, ha eccepito l’inammissibilita’ del ricorso per la carenza di interesse a ricorrere da parte dei ricorrenti. Nel merito la Difesa Erariale ha sottolineato l’infondatezza del gravame richiamando il precedente della Corte Costituzionale n. 203/2000 e quello del Tar del Lazio (n. 7101/2000); e rilevando altresi’ che: — l’ordinanza sarebbe una mera proiezione del precetto di cui all’articolo 11 del d.p.r. n. 323/1998; — che la religione cattolica, al pari delle altre attivita’ alternative, concorre alla determinazione del credito scolastico necessario che non e’ limitato alla considerazione del mero rendimento dell’alunno ma che invece considera la personalita’ umana nel suo complesso ed in tutte le sue manifestazioni.
Sono intervenuti ad adjuvandum con separati atti: il Movimento di cooperazione educativa, la Federazione Nazionale Insegnanti Scuola, e l’Unione degli Studenti, il Coordinamento Genitori Democratici; e l’Unione delle Comunita’ Ebraiche Italiane, rappresentativo della Confessione Ebraica nei rapporti con lo Stato italiano, lamentando che l’attribuzione del credito scolastico condizionerebbe la scelta di avvalersi o meno della religione cattolica, che per tale via non sarebbe cosi’ piu’ realmente libera.
L’ordinanza del 23 maggio 2007 n.2408/2007 con cui e’ stata accolta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento e’ stata riformata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 2920 del 12 giugno 2007 in considerazione della ritenuta inconsistenza giuridica del ricorso; della carenza di danno e del difetto di interesse delle parti.
II. Con il secondo ricorso la medesima Consulta Romana per la Laicita’ delle Istituzioni; ed i rappresentanti delle altre istituzioni ad associazioni laiche, atee e cristiane ed alcuni studenti iscritti all’ultimo anno di istruzione superiore che avevano scelto di non avvalersi della religione cattolica, né di insegnamenti sostitutivi (tutti meglio indicati in epigrafe) chiedono l’annullamento dell’ordinanza relativa alla disciplina degli esami di maturita’ per l’anno scolastico 2007-2008 nella parte in cui si riproducono le stesse identiche disposizioni dell’ordinanza dell’anno precedente impugnata con il ricorso che precede.
Il ricorso e’ affidato alla denuncia di tre motivi di gravame assolutamente identici a quelli del ricorso che precede ed alla cui sommaria esposizione si rinvia.
In questo secondo giudizio si sono costituiti in giudizio sia il Ministero dell’Istruzione, i cui scritti difensivi riprendono, in rito e nel merito, le medesime argomentazioni sostanziali gia’ svolte sul precedente gravame.
Si’ e’ costituita in giudizio ad opponendum la Conferenza Episcopale Italiana per cui in via preliminare il ricorso sarebbe inammissibile in quanto: – non sarebbe ravvisabile alcun pregiudizio né per le associazioni ricorrenti e neppure per i singoli ricorrenti in quanto l’esame di maturita’ non avrebbe un carattere comparativo (cfr. TAR Veneto n.1117/2000); non sarebbe stato notificato ad alcun studente che avrebbe scelto la Religione Cattolica mentre sarebbe stata evocata la Conferenza Episcopale che non avrebbe alcun titolo alla chiamata in giudizio. Né si potrebbe ritenersi sussistente alcun effetto discriminatorio nei confronti di coloro, che non avendo usufruito di insegnamenti alternativi, hanno partecipato in misura minore al dialogo educativo. Illegittimamente si riconoscerebbe invece l’arricchimento culturale e disciplinare chi partecipa alacremente all’insegnamento della religione. La mancata considerazione ai fini del credito formativo violerebbe i diritti degli insegnanti di religione che fanno parte del corpo docente con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti come ricordato dalla Corte Costituzionale (cfr. sent. n.390/1999) e che non viene sminuito dalla natura di giudizio motivato.
Nel merito per la Conferenza Episcopale l’ordinanza impugnata non prevederebbe alcun favoritismo per la religione cattolica, limitandosi a prevedere — in applicazione del vigente quadro normativo di cui alla legge 100 21/1985, d.p.r. 751/1985 e del d.p.r. 202/1990; ed e’ il d.p.r. 323/1998 — che anche la religione cattolica, al pari delle altre attivita’ alternative svolte in luogo della stessa, possa concorrere alla determinazione del credito scolastico necessario ai fini della determinazione del voto per l’esame finale.
Chiamata all’udienza pubblica dell’11 febbraio 2008 il ricorso, uditi i difensori delle rispettive parti, e’ stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Deve preliminarmente disporsi la riunione dei ricorsi di cui in epigrafe ai sensi dell’art.52 del Regolamento di cui al R.D. 17 agosto 1907 n.642, stante gli evidenti profili di connessione soggettiva ed oggettiva.
2. Devono preliminarmente essere esaminate congiuntamente le eccezioni preliminari delle parti resistenti che attengono per la gran parte a profili sostanzialmente coincidenti.
2.1. Come eccepito, nelle rispetto dalla Difesa Erariale, dal Sindacato Nazionale autonomo degli Insegnanti di Religione, entrambi i gravami sarebbero inammissibile per l’originaria e persistente carenza di interesse dei ricorrenti sia nei sensi evidenziati dal Tar del Lazio con la decisione n. 7101/2000 e sia relativamente ai due alunni, che non avrebbero poi impugnato le operazioni di scrutinio con cui i consigli delle loro rispettive classi, con la partecipazione degli insegnanti di religione delle discipline alternative, hanno segnato i crediti scolastici degli ultimi due anni.
In particolare la Conferenza episcopale costituitasi sul secondo ricorso riporta le argomentazioni dell’ord. n. 2408/2007 del Consiglio di Stato; ed assume che l’atto impugnato non avrebbe attribuito alcuna misura di favore all’insegnamento della religione cattolica rispetto alle altre attivita’ formative ed alle altre opzioni religiose.
Eccepisce, in via preliminare che: il ricorso sarebbe inammissibile in quanto: – non sarebbe ravvisabile alcun pregiudizio né per le associazioni ricorrenti e neppure per i singoli ricorrenti in quanto, come rilevato, l’esame di maturita’ non avrebbe un carattere comparativo; non sarebbe stato notificato ad alcun studente che avrebbe scelto la Religione Cattolica. La evocata Conferenza Episcopale non avrebbe infine avuto alcun titolo alla chiamata in giudizio
L’eccezione non puo’ essere complessivamente condivisa.
Non puo’ essere condivisa l’opinione per cui “la maturazione del credito scolastico e del parallelo istituto del credito formativo e’ talmente ampia da non richiedere identita’ di posizioni” (cosi’ la n. 7101/2000 cit. dalle parti resistenti) perche’ l’interesse concreto perseguito dai ricorrenti, attiene alla tutela di valori di contenuto ideale e morale che, come tali, attengono alla personalita’ dell’essere umano.
Qui e’ invocata la tutela dei diritti sociali, religiosi e culturali di tutte le varie minoranze, comunque, non cattoliche. I rappresentanti dei Cristiani Evangeliciti, dei Pentecostali, dei Cristiani Avventisti del 7^ Giorno, dei Cristiani Battisti, dei Valdesi, dei Pentecostali degli Evangelici, dei Luterani, delle Comunita’ Ebraiche nonché delle associazioni laiche e razionaliste perseguono cioe’ il riconoscimento di una loro pari dignita’ culturale e sociale, che assumono violata.
Pertanto non pare che possano sommariamente liquidarsi i ricorrenti con l’insinuazione di essere, sostanzialmente, degli ignavi in cerca di una pretestuosa tutela per la loro svogliatezza rispetto ai diligenti alunni che hanno optato per la religione cattolica, ma e’ manifesto che i ricorrenti sono soggetti evidentemente portatori di una differente sensibilita’, sia essa religiosa o laica.
L’interesse al ricorso, nel caso in esame, non e’ quindi tanto un interesse di tipo “proprietario”, cioe’ collegato ad un’immediata utilita’ di carattere strumentale o economico dei ricorrenti e delle altre associazioni religiose e laiche, ma si radica in relazione alla richiesta di tutela dei valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale che – sia pure numericamente minoritari nella nostra societa’ — sono tutelati direttamente dalla Costituzione, e che quindi come tali non possono restare estranei all’alveo della tutela del giudice amministrativo.
Le associazioni sono legittimate a difendere in sede giurisdizionale gli interessi dei soggetti di cui hanno la rappresentanza istituzionale o di fatto, quando si tratti della violazione di norme poste a tutela della categoria stessa, ovvero di perseguire il conseguimento di vantaggi, di carattere puramente strumentale, giuridicamente riferibili alla sfera della categoria. (arg. ex Consiglio Stato, sez. V, 07 settembre 2007, n. 4692; Consiglio Stato, sez. VI, 01 luglio 2008, n. 3326).
In sostanza nel caso in esame si rinviene:
-) sia la “legitimatio ad causam” in senso stretto, cioe’ l’astratta riferibilita’ del rapporto giuridico processuale al soggetto ricavata dal processo civile che agisce e quindi, la corrispondenza fra l’attore ed il destinatario della sentenza;
-) sia la “legittimazione a ricorrere”, cioe’ l’interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto e quindi al ripristino dello status quo ante, connesso con la diretta lesione alla situazione giuridica sostanziale, qui conseguente al notevole rilievo complessivo dei crediti scolastici sull’importo del voto finale.
Per questo il Collegio non si sente di condividere che “non potrebbe avere tutela del soggetto, che pur avendo conseguito buoni risultati dello studio, ha mostrato scarsa partecipazione al dialogo educativo ovvero non ha avuto assiduita’ nella frequenza scolastica oppure non ha voluto impegnarsi in esperienze coerenti con il corso di studi frequentato …fino al punto da disconoscere agli altri vantaggi che l’ordinamento intende loro attribuire” per cui “nessuno …. puo’ sentirsi pregiudicato per il solo fatto che un altro alunno abbia praticato lo sport e ricevuto credito, altro abbia svolto attivita’ artistiche, altro abbia lavorato percependo una distribuzione se stessi e vedi che ad esercitare attivita’ sportiva ovvero non si abbia attitudine artistica ovvero spirito di intraprendenza”(sempre la n. 7101 cit. dalle parti resistenti).
L’assunto e’ infatti fondato su un presupposto logico e giuridico che non puo’ essere condiviso, cioe’ che l’insegnamento di una religione qualunque essa sia (sia cattolica che di altri culti) possa essere assimilata a qualsiasi altra attivita’ intellettuale o educativa in senso tecnico del termine.
Qualsiasi religione – per sua natura — non e’ ne’ un’attivita’ culturale, ne’ artistica, ne’ ludica, ne’ un’attivita’ sportiva ne’ un’attivita’ lavorativa ma attiene all’essere piu’ profondo della spiritualita’ dell’uomo ed a tale stregua va considerata a tutti gli effetti.
Come sara’ evidente in seguito, salvo che in una teocrazia (di cui non mancano purtroppo esempi negativi anche nell’epoca contemporanea) la fede in un Dio non puo’ essere—nemmeno indirettamente — qualificata come un’ordinaria “materia scolastica”, al pari delle altre.
Di qui l’interesse dei non credenti, ovvero dei differentemente credenti, ad impugnare gli atti che ritengono violino le loro piu’ profonde convinzioni morali o religiose.
Infine si deve rilevare come i ricorsi risultano comunque ritualmente notificati ad almeno un alunno che aveva optato per l’insegnamento della religione.
2.2. Pur con tutto il rispetto per la differente opinione del Giudice d’appello non si rinviene alcun effetto preclusivo assoluto derivante dal fatto che alcune ricorrenti (quali ad es. la Tavola Valdese ed il Comitato Torinese per la laicita’ della Scuola) avessero partecipato al giudizio conclusosi con la predetta decisione passata in giudicato, dato che comunque altre associazioni non erano state parti di quel giudizio.
L’articolo 205, primo comma, del decreto legislativo 16 aprile 1994 n.297 prevede il potere di disciplinare anno per anno (evidentemente secondo le indicazioni del Ministro di turno) tali profili. Deve osservarsi in conseguenza che, per una precisa scelta del legislatore, tra le diverse ordinanze non vi e’ alcun diretto rapporto di continenza o di continuita’, ma ciascuna di esse e’ una autonoma fonte regolatrice rispetto alle precedenti analoghe disposizioni ministeriali.
Come e’ evidente dal loro stesso oggetto, l’efficacia dispositiva delle ordinanze precedenti era limitata al relativo anno scolastico ed, analogamente fanno quelle impugnate. Percio’ nessuna preclusione processuale puo’ essere rinvenuta nel fatto che una certa definizione di un punto in un precedente provvedimento (il cui gravame sia stato disatteso) venga poi ripreso analogamente in un successivo analogo ma ontologicamente separato atto.
Non appare dunque ostativa all’esame del gravame la mancata impugnativa delle precedenti ordinanze ministeriali, dato che non vi e’ un alcun vincolo di presupposizione necessaria tra le diverse ordinanze.
2.3. Per il medesimo ordine di ragioni di cui sopra devono essere disattese le eccezioni del Sindacato Nazionale autonomo degli Insegnanti di Religione che lamentano che l’accoglimento del ricorso risulterebbe gravemente lesivo della funzione e della dignita’ professionale degli insegnanti di religione cattolica relativamente alla asserita mancata impugnativa delle precedenti ordinanze ministeriali.
In coerenza con quello che si diceva prima e’ infatti evidente come – se il vulnus qui lamentato attiene ai diritti personalissimi — il ricorso non e’ diventato inammissibile né e’ sopravvenuta la carenza di interesse dei due alunni ricorrenti per la mancata successiva impugnativa da parte loro delle operazioni di scrutinio con i crediti attribuiti con la partecipazione degli insegnanti di religione delle discipline alternative.
Anche tale eccezione va disattesa.
3. Nel merito, nell’ordine logico delle questioni deve essere esaminato il terzo motivo.
3.1. Con tale mezzo si lamenta, in via subordinata, l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 9 della legge n. 121 del 1985; dell’articolo unico del d.p.r. 202 del 1990; e dell’articolo 309 del decreto legislativo 297/1994 laddove interpretate nel senso del provvedimento impugnato per violazione degli articoli 3,2,7,8 e 21 della Costituzione per l’evidente irragionevolezza e per le possibili discriminazione e disparita’ di trattamento che ne deriverebbero; per l’inaccettabile compressione del principio di parita’ fra confessioni religiose, nonché della liberta’ religiosa e del diritto di manifestazione del pensiero.
Per le ricorrenti, si impedirebbe la garanzia che la scelta per l’una o per l’altra soluzione fosse dettata solo da considerazioni personali dell’interessato in assenza di qualsiasi condizionamenti o discriminazioni, in violazione dei principi della Corte Cost. che aveva configurato anche la situazione di “non obbligo” per coloro che non esercitano nessuna delle tre scelte proposte “non essendo alternativi e equivalenti l’insegnamento della religione cattolica ed altro impegno scolastico, per non condizionare dall’esterno della coscienza individuale l’esercizio della liberta’ costituzionale, come quella religiosa, coinvolgente l’interiorita’ della persona”.
Posto dunque che, secondo l’insegnamento del Giudice delle Leggi, il giudice remittente deve privilegiare l’interpretazione della disposizione conforme a Costituzione non puo’ proporre questioni meramente interpretative, volte a suffragare, o a far escludere, la legittimita’ di tesi ermeneutiche (cfr infra multa Corte Costituzionale, 18 marzo 2005, n. 112) e’ cosi’ evidente come un convincimento circa la rilevanza e la manifesta fondatezza dell’eccezione potrebbe eventualmente pervenirsi solo nel caso in cui si ritenesse di dover aderire al convincimento del giudice d’appello circa la legittimita’ – e quindi la conformita’ alle norme di legge richiamate — delle ordinanze impugnate con i presenti ricorsi.
Nel caso in esame, la prospettata eccezione di incostituzionalita’ non appare strettamente pregiudiziale al fine della richiesta di valutazione circa l’illegittimita’ degli atti impugnati. Contrariamente a quanto vorrebbero, sia pure in via subordinata, le parti ricorrenti – e come sara’ meglio chiarito in seguito – e’ l’interpretazione delle norme data dall’Amministrazione che ha portato all’adozione di una disciplina annuale delle modalita’ organizzative degli scrutini di esame, che appare aver generato una violazione dei diritti di liberta’ religiosa e della libera espressione del pensiero; nonche’ di libera determinazione degli studenti relativamente all’insegnamento della religione cattolica.
Di qui la non manifesta rilevanza, allo stato, della questione.
4. Per ragioni di economia espositiva possono essere esaminati unitariamente– attesa la loro assoluta specularita’ ed assorbenza — i seguenti profili di gravame relativi alla prima ed alla seconda censura di entrambi i ricorsi.
4.1. Con il primo motivo si deduce che il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con la lettera c) dell’articolo 9 della legge 121 del 1985, recante applicazione del concordato nel 1984 fra lo Stato italiano e la Santa Sede, per cui la scelta degli studenti o dei loro genitori di avvalersi, o meno, dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non puo’ “dar luogo ad alcuna forma di discriminazione”.
Il protocollo addizionale agli accordi del 1984 che fu formalizzato con il d.p.r. 202 del 1990, prevedeva che gli insegnanti di religione cattolica non avrebbero potuto disporre, né di voti, ne’ svolgere esami, ma semplicemente stilare, “in luogo” di voti ed esami, una “nota speciale”, nella quale dar conto dell’interesse con il quale ciascuno studente aveva seguito l’insegnamento ed il profitto ottenuto.
Per le parti ricorrenti, l’articolo 205, comma uno, del decreto legislativo 16 aprile 1994 n.297 con cui e’ stato approvato il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, che attribuisce al ministero della pubblica istruzione il potere di disciplinare annualmente, con propria ordinanza, le modalita’ organizzative degli scrutini di esami, avrebbe dovuto essere interpretato alla luce dei principi complessivamente risultanti dal medesimo decreto legislativo ed in particolare dal disposto dell’articolo n. 309 in base al quale, tra l’altro, i docenti dell’insegnamento della religione cattolica:
— fanno parte della componente docente degli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri docenti, ma partecipano alle valutazioni periodiche finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica (terzo comma);
— stilano “una speciale nota, da consegnare unitariamente alla scheda o alla pagella scolastica, riguardante l’interesse con il quale l’alunno segue l’insegnamento di profitto che ne ritrae”. L’insegnante di religione ha certamente pari dignita’ rispetto agli altri docenti, ma partecipa a medesimo titolo degli altri, alla determinazione complessiva della valutazione degli studenti, solo ed esclusivamente nel caso in cui il suo parere sia necessario (e quindi determinante) per la decisione circa la promozione o la bocciatura dello studente.
Per le ricorrenti se la disciplina legislativa e la costante prassi amministrativa stabiliscono che l’insegnamento della religione cattolica non deve comparire sulla scheda di valutazione bensi’ sulla speciale nota in luogo dei voti di cui non dispone degli esami che non puo’ svolgere, ed allora e’ evidente che le disposizioni qui impugnate nel prevedere che gli insegnanti di religione cattolica “partecipino a pieno titolo” alla decisione sul credito scolastico, si pongono in evidente palmare contrasto con le fonti appena richiamate. Le ricorrenti richiamando le argomentazione poste a base di un’interrogazione scritta di alcuni senatori, lamentano ancora che l’ordinanza impugnata: — non trova giustificazione in alcuna innovazione legislativa o regolamentare, e si porrebbe in contrasto con l’orientamento costante alla Corte Costituzionale (le sentenze nn. 203/1989 e il 13/1991);
— ha l’effetto di indurre gli studenti a rinunciare alle scelte dettate dalla propria coscienza garantita dalla Carta Costituzionale dell’articolo 9 del Concordato in vista di un punteggio piu’ vantaggioso nel credito scolastico.
4.2. Con il secondo motivo di gravame si lamenta, sotto due profili di chiusura, l’eccesso di potere per disparita’ di trattamento; violazione del principio di ragionevolezza e del principio di certezza giuridica del principio dell’affidamento e del divieto di retroattivita’ degli atti amministrativi.
2.1. In una prima prospettazione si lamenta che l’ordinanza, in palese contraddizione con le precedenti analoghe ordinanze ministeriali, nel prescrivere un diverso criterio di valutazione per l’attribuzione del credito scolastico, rispettivamente, gli studenti che si siano avvalsi dell’insegnamento alla religione cattolica o di un’attivita’ alternativa, discriminerebbe quei studenti che, nell’esercizio del diritto fondamentale riconosciuto dalla sentenza 13/1991, abbiano scelto di assentarsi all’edificio scolastico o comunque di astenersi da ogni insegnamento alternativo durante l’ora di religione cattolica.
E cio’ perche’, ai sensi dell’articolo tre, comma sei, legge 425/1997 “a conclusione dell’Esame di Stato viene assegnato a ciascun candidato un voto finale complessivo in centesimi, che e’ il risultato della somma dei punti attribuiti dalla commissione d’esame alle prove scritte dal colloquio e dei punti per il credito scolastico acquisito da ciascun candidato. La commissione d’esame dispone di 45 punti per valutazione delle prove scritte e di 30 punti per la valutazione del colloquio. Ciascun candidato puo’ far valere un credito scolastico massimo di 25 punti”.
In conseguenza chi non sceglie l’insegnamento della religione cattolica sarebbe esposto al rischio di presentarsi in condizione di svantaggio sul mercato del lavoro o in occasione della partecipazione a selezione per l’ammissione ai corsi universitari o borse di studio connotati come noto da un’altissima competitivita’.
Tale situazione non sarebbe comunque rimediata dalla possibilita’ degli studenti “non avvalentisi” di ottenere, in luogo del “credito scolastico”, la valutazione dell’attivita’ eventualmente svolta fuori dalla scuola quale i “crediti formativi” di cui al D.M. 49 del 24 febbraio 2000.
5. Entrambi gli assunti sono fondati nei sensi e nei limiti che seguono.
In linea generale, il concetto di separazione tra la sfera religiosa e quella civile (cfr. Vangelo S. Matteo 22, 15-21) e’ stato uno dei preziosi contributi della Cristianita’ alla civilta’ occidentale.
Oggi il principio della laicita’ dello Stato, se non e’ definito in alcuna norma, e’ stato chiaramente enunciato dalla Corte costituzionale nell’ampia accezione di “garanzia dello Stato per la salvaguardia della liberta’ di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”, e rispetto al quale lo Stato si pone in condizione di “neutralita’” (cfr. sent. 12 aprile 1989, n. 203). I principi della Carta costituzionale postulano dunque uno Stato che, rispetto alla religione, non si pone in termini di ostilita’, “ma si pone al servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini” (cosi’ n. 203 cit.).
Nello specifico del problema proprio nella ricordata pronuncia, e’ stato poi affermato che l’insegnamento della religione cattolica concerne un diritto di liberta’ costituzionale “non degradabile, nella sua serieta’ e impegnativita’ di coscienza, ad opzione tra equivalenti discipline scolastiche”.
Sulla considerazione che la religione non e’ una “materia scolastica” come le altre deve essere ancorato il convincimento circa l’illegittimita’ della sua riconduzione all’ambito delle attivita’ rilevanti ai fini dei crediti formativi.
E cio’, non perché la religione cattolica non debba essere considerata un’attivita’ priva di valori storici e culturali ma anzi, al contrario, non puo’ essere considerata una normale disciplina scolastica proprio perché e’ un insegnamento di pregnante rilievo morale ed etico che, come tale, abbraccia quindi l’intimo profondo della persona che vi aderisce.
Al riguardo e’ stato autorevolmente sottolineato che, nelle societa’ contemporanee, senza i valori religiosi anche molti non credenti perdono punti di riferimento.
La sfera religiosa concerne aspetti che coinvolgono la dignita’ (riconosciuta e dichiarata inviolabile dall’art. 2 Cost.) dell’essere umano; e spetta indifferentemente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano essi atei o agnostici (cfr. Corte costituzionale, 08 ottobre 1996, n. 334).
Ma proprio per questa ragione, sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso strettamente attinente alla fede individuale non puo’ assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico per il rischio di valutazioni di valore proporzionalmente ancorate alla misura della fede in essa.
Sotto tale profilo e’ dunque evidente l’irragionevolezza dell’Ordinanza che nel consentire l’attribuzione di vantaggi curriculari, inevitabilmente collega in concreto tale utilita’ alla misura della (magari solo ostentata, verbale e strumentale) adesione ai valori dell’insegnamento cattolico impartito.
Tal circostanza, del resto, concerne anche gli stessi alunni che hanno aderito all’insegnamento della religione con un consapevole convincimento, ma il cui profitto potrebbe essere condizionato da dubbi teologici sui misteri della propria Fede.
Infatti, lo Stato, dopo avere sancito il postulato costituzionale dell’assoluta, inviolabile liberta’ di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto “noto”, non puo’ conferire ad una determinata confessione una posizione “dominante” — e quindi un’indiscriminata tutela ed un’evidentissima netta poziorita’ – violando il pluralismo ideologico e religioso che caratterizza indefettibilmente ogni ordinamento democratico moderno (Corte europea dir. uomo , 25 maggio 1993, n. 260). In una societa’ democratica, al cui interno convivono differenti credenze religiose, certamente puo’ essere considerata una violazione del principio del pluralismo il collegamento dell’insegnamento della religione con consistenti vantaggi sul piano del profitto scolastico e quindi con un’implicita promessa di vantaggi didattici, professionali ed in definitiva materiali.
Nel caso non puo’ essere infatti dimenticato che ai sensi dell’art. 3, comma sei, della L. 425/1997 il credito scolastico, che puo’ arrivare fino ad massimo di punti 25, pesa per oltre il 55,55 % dei 45 punti assegnati per le prove scritte ed e’ pari all’83,33 % dei 30 punti assegnati per la valutazione del colloquio.
Una cosi’ radicale svalutazione del valore complessivo delle prove scritte ed orali sul valore del voto finale ben puo’ giustificare le preoccupazione di chi non abbraccia tale culto, circa la rilevanza e l’incidenza dei crediti in questione sull’esito dell’esame.
Al riguardo non puo’ ignorarsi il fatto che, per comune esperienza di vita, nelle nostre scuole (metropolitane e non) le c.d. materie alternative — concernendo comunque una minoranza della popolazione scolastica — spesso o non vengono attivate affatto per mancanza di risorse ovvero nella realta’ delle cose si riducono al semplice “parcheggio” degli alunni in qualche aula (quando non nei corridoi). E cio’ anche quando gli alunni delle piu’ eterogenee etnie del mondo e delle altre piu’ disparate confessioni rappresentano quasi il 40% degli studenti (con punte addirittura del 90 % in alcune estreme periferie dei grandi agglomerati urbani).
Né, come esattamente ricordato con il primo profilo del secondo motivo, tale discriminazione viene meno per la possibilita’ degli studenti “non avvalentisi” di ottenere la valutazione delle attivita’ eventualmente svolte fuori dalla scuola quale “crediti formativi” di cui al D.M. 49 del 24 febbraio 2000. Infatti, mentre ai sensi dell’articolo 11 del d.p.r. 323/1998, il “credito scolastico” costituisce la valutazione del grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell’anno scolastico in corso con riguardo al profitto e dell’assiduita’ della frequenza scolastica; i “crediti formativi” debitamente documentati esprimono generiche esperienze, cui possano derivare competenze coerenti con il tipo di corso cui si riferisce all’esame di Stato (cfr. Consiglio di Stato 22 giugno 2005 n. 3290).
Il che in concreto comporta che le famiglie laiche o degli alunni stranieri appartenenti ad altre confessioni siano di fatto costretti o, ad accettare cinicamente e subdolamente l’insegnamento di una religione cui non credono; ovvero a subire un’ulteriore discriminazione di carattere religioso, che si accompagna e si aggiunge spesso a quelle di carattere razziale, economico, linguistico e culturale.
Il sistema complessivo, in essere in concreto, ha dunque l’effetto di indurre gli studenti a rinunciare alle scelte dettate dalla propria coscienza garantita dalla Carta Costituzionale dell’articolo 9 del Concordato in vista di un punteggio piu’ vantaggioso nel credito scolastico.
In coerenza con i valori fondanti della Cedu, in una societa’ al cui interno convivono differenti credenze religiose e’ necessario conciliare gli interessi dei diversi gruppi e garantire il rispetto delle convinzioni di ciascuno (arg. ex Corte europea dir. uomo, 31 luglio 2001), e non puo’ manifestare una preferenza per una particolare confessione o credenza religiosa, ma deve garantire il suo ruolo di arbitro imparziale (cfr. Corte europea dir. uomo, 10 novembre 2005).
In tale ottica non pare che le ordinanze qui impugnate rispettino il principio di imparzialita’ e di par condicio tre la confessioni che e’ alla base della neutralizzazione dei contrasti tra le diverse confessioni nelle democrazie occidentali contemporanee.
Le ordinanze impugnate si pongono dunque in radicale contrasto con la lettera c) dell’articolo 9 della legge 121 del 1985, in quanto l’attribuzione di un credito formativo ad una scelta di carattere religioso degli studenti o dei loro genitori, quale quella di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, da’ luogo ad una precisa forma di discriminazione, dato che lo Stato Italiano non assicura identicamente la possibilita’ per tutti i cittadini di conseguire un credito formativo nelle proprie confessioni (islamica, ebrea, cristiane, di altro rito) ovvero per chi dichiara di non professare alcuna religione in Etica Morale Pubblica (come del resto avviene in Germania).
6. In tali esclusivi assorbenti profili entrambi i ricorsi sono dunque fondati e devono essere accolti.
Per l’effetto deve essere dichiarato l’annullamento delle ordinanza di cui in epigrafe.
Le spese, in ragione della natura controversa delle questioni trattate, possono tuttavia essere compensate tra tutte le parti.

PQM

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio- Sez.III^-quater :
1. riunisce gli epigrafati ricorsi ai sensi dell’art.52 del Regolamento di cui al R.D. 17 agosto 1907 n.642;.
2. Accoglie i ricorsi e per l’effetto annulla i provvedimenti meglio specificati in epigrafe.
3. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorita’ Amministrativa.

Cosi’ deciso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio- Sez.III^-quater, in Roma, nella Camera di Consiglio dell’11 febbraio 2009/6 maggio 2009.

IL PRESIDENTE
dr. Mario Di Giuseppe

IL CONSIGLIERE-EST.
dr. Umberto Realfonzo

http://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=5052

I Quaquaraqua’….

UOMINI,MEZZI UOMINI,OMINICCHI,RUFFIANI.....

(Uomini-mezzi uomini-uominicchi-ruffiani-piglian culo-QUAQUARAQUA’

Quadro del pittore Gaetano Porcasi)

Gli uomini e le donne liberi esprimono il loro pensiero,civilmente e razionalmente,confrontandosi con chiunque abbia la voglia e le capacità di farlo. I QUAQUARAQUA’,di sciasciana memoria,in forza della loro NULLITA’  esistenziale,sociale,politica ecc.ecc.,pensano di farsi ragione con la ragione della forza,piuttosto che con la forza della ragione.

PRIMA DI APRIRE LA BOCCA,VERIFICARE CHE IL CERVELLO SIA ESISTENTE E INSERITO!!!!

Mentre a Roma si discute,Vallelunga viene “espugnata”.

V

Mentre a Roma si discute,Sagunto viene espugnata. La celebre frase di Sallustio,calza a pennello per l’attuale situazione vallelunghese:mentre a Roma si decide di sciogliere il c.c.,per presunte infiltrazioni mafiose,Vallelunga “muore”. Infatti,mentre qualcuno si occupa di qualche manifestazione dell’agosto vallelunghese,sponsorizzandola on line, la stessa non si potrà realizzare a causa dello scioglimento del c.c.

vallelunga 7

Un grazie di vero cuore al Dott.Pizzone per avere,comunque,attenzionato Vallelunga nel suo interessante sito.

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Cordiali  Saluti   –  Alfio Pizzone    – diretttore  del Fly magazine Catania Airport
 e del Portale
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 Egregio Dott.Pizzone,

La ringrazio per l’attenzione rivolta alla mia città natale!
Cordiali saluti.
Michele Vilardo.

La Resistenza cancellata.

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La storia della Resistenza italiana (1943-’45) liberata dalle distorsioni dell’ideologia e consegnata al reale svolgimento dei fatti: è il tratto distintivo di queste pagine, che ricostruiscono avvenimenti decisivi del nostro Novecento, tali da essere ancora oggi a fondamento dell’ordinamento politico-istituzionale della nazione. Sul filo di una narrazione «revisionista» che attinge anche agli archivi moscoviti e alle memorie di alti dirigenti del comunismo internazionale, Finetti delinea un quadro dell’antifascismo e del fenomeno resistenziale ben diverso da quello fornito dalla storiografia militante del vecchio Pci e degli istituti culturali ad esso collegati, sottolineando la natura autenticamente popolare del movimento di liberazione nazionale e denunciando con raro puntiglio le falsità, i silenzi e le omissioni della vulgata comunista della Resistenza, tuttora dominante nei mass media e nella stessa manualistica scolastica, di cui l’autore presenta una impressionante esemplificazione.

Nella Prefazione al volume Sandro Fontana, docente di Storia contemporanea all’Università di Brescia e già vicepresidente del Parlamento europeo, evidenzia la tensione morale e ideale che sorregge il lavoro di Finetti e rileva «la necessità di proseguire con nuove ricerche e documentazione nella direzione indicata da questo suo libro: e ciò nella convinzione che, per eliminare in maniera definitiva i carnefici ancora latenti nella nostra società, è soprattutto necessario demolire i pensieri, le mentalità, le menzogne, cioè l’intera cultura che continua a riprodurre i carnefici».

 

Ugo Finetti, giornalista della Rai, ha realizzato inchieste e reportages in vari Paesi europei. Tra i suoi libri si segnalano Il dissenso nel Pci (Sugarco, Milano 1978) e La partitocrazia invisibile (Mazzotta, Milano 1985). Ha curato l’ampia Appendice storica per il libro di Massimo Caprara Paesaggi con figure (Ed. Ares, Milano 2000).

La devozione a San Calogero a S.Giuseppe Jato.

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La devozione al taumaturgo S. CALOGERO si intreccia con la storia della Parrocchia che è stata eretta  il 19 settembre 1779. Fin dalle origini infatti, ogni anno, la prima domenica di agosto numerosi fedeli pellegrini vengono a sciogliere il voto,portando al Santo varie forme di pane, dai paesi vicini: Camporeale, Borgetto, Piana degli Albanesi e S. Cristina Gela.

Egli nacque in Calcedonia (Turchia) nella seconda parte del V C secolo da ricchi e pii genitori. Giovinetto ancora senti il fascino della vita di solitudine ne! deserto della Tebaide per dedicarsi a Dio nella vita contemplativa Quando, per obbedienza, ricevette l’ordine sacerdotale donò se stesso alla vita missionaria per l’evangelizzazione della Sicilia. L’isola di Lipari e Lilibeo (Marsala) divennero così il campo delle sue fatiche apostoliche. Tutta la fascia della Sicilia occidentale, Agrigento, Naro, Licata etc, conobbero il suo zelo e la sua santità nel calore della carità inesauribile verso i poveri e gli ammalati. Morì quasi centenario nei giugno del 667 sui Monte Cronio (Sciacca) dove sono conservate le sue reliquie e dove sorge il celebre Santuario con le grotte curative che portano il suo nome.

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Anche in altre zone della Sicilia,dove si è diffuso il culto al Santo,c’è la tradizione del voto del pane.A Vallelunga Pratameno,lo stesso identico rito( la festa di San Calogero apre il ciclo annuale delle feste vallelunghesi che hanno il loro culmine la quarta domenica di Settembre,con i solenni festeggiamenti in onore della patrona  Maria SS.di Loreto) si svolge l’ultima domenica di Agosto. Perchè nel mese di Agosto? E qual è il senso del donare il pane al Santo?

Con tutta probabilità la festa del Santo celebrata in Agosto e con l’offerta votiva del pane,era legata alla chiusura della stagione della mietitura che durava da Giugno sino al Agosto.Dunque offrire al Santo il frutto del novello grano,cioè il pane.

Ma l’offerta del “ pane, come altri cibi, è stato usato ben prima dell’avvento del cristianesimo in riti religiosi come oggetto da offrire alla divinità. Dall’Epopea di Gilgamesh, un racconto epico di fondamentale importanza della religione babilonese, apprendiamo che già nel secondo millennio a.C. il pane era offerto agli dèi come oggetto consacrato. Anche in altre culture del Mediterraneo antico, in cui si coltivava il grano e l’alimentazione era incentrata sul consumo dei cereali, il pane ha avuto un posto d’onore nei rituali. Soltanto nel cristianesimo, d’altro canto, la consacrazione del pane e il suo sacrificio in quanto «corpo di Cristo» hanno assunto un valore così centrale e assoluto. Su questo punto, il cristianesimo si differenzia dalle religioni classiche come quella greca e quella romana. Per i greci, il cibo privilegiato offerto nei grandi sacrifici pubblici – che costituivano il cuore della religione delle città greche – era la carne degli animali uccisi per essere offerti alle varie divinità. Questa carne era cotta e offerta alla divinità nelle parti ritenute più preziose, mentre il resto veniva diviso tra i sacerdoti officianti e distribuito al popolo che partecipava al rito. Anche i greci avevano una divinità protettrice dei cereali (e dunque del pane), Demetra, in onore della quale, a partire dal vii secolo a.C., si celebrarono in una cittadina vicino ad Atene, Eleusi, riti misterici celebri. Proprio, però, la natura misterica di questi riti, che impediva agli iniziati di svelarne il contenuto, ci impedisce di sapere se per esempio a Demetra fosse offerto in sacrificio il pane.

Se si vuole trovare un precedente al rito cristiano, occorre guardare alla religione dell’Israele antico. In alcune antiche feste ebraiche, attestate nell’Antico Testamento, sono presenti usi sacrali del pane. Per Shavu’ot, la festa del raccolto o Festa delle Settimane, ad esempio, gli israeliti recavano al loro Dio come oblazione due pani di grano. Questa festa aveva luogo cinquanta giorni (sette settimane) dopo la Pasqua e divenne perciò nota col nome greco di Pentecoste: commemorava il giorno in cui Mosè ricevette le Tavole della Legge sul monte Sinai. Vi era poi Hagha-Matsot, la festa del Pane Azzimo, una delle tre grandi feste agricole celebrate dagli israeliti dopo il loro stanziamento nella terra di Canaan. Essa era originariamente un rito di ringraziamento all’inizio del raccolto del grano, ma più tardi venne unita alla festa pastorale nomade della Pasqua, la commemorazione storica dell’uscita di Israele dall’Egitto. Per sette giorni gli ebrei mangiavano solo pane non lievitato, come segno di un nuovo inizio. Un precedente importante del rito cristiano è, infine, il «pane della presenza», che gli israeliti erano soliti deporre davanti al Santo dei Santi nel Tempio di Gerusalemme (Levitico 24,5-9): sopra una tavola, su due pile, venivano poste dodici focacce di pura farina di grano, rappresentanti le dodici tribù di Israele e la loro alleanza eterna con Jahvé. Ogni sabato esse venivano rimpiazzate e mangiate dai sacerdoti. Proprio questi precedenti, d’altro canto, aiutano a comprendere meglio la profonda e radicale novità rappresentata dal rito cristiano, che presuppone l’identificazione di Gesù come «pane di vita» (Giovanni 6) col pane offerto dal sacerdote. Se si vuole trovare un parallelo occorre guardare a una religione lontana nel tempo e nello spazio, una religione tipicamente sacrificale come quella degli aztechi. Essi usavano fare un impasto simile al pane dai semi del papavero e lo modellavano a forma del dio Huitzilopochtli. Questo pane a forma di figura umana veniva poi spezzato e mangiato dai sacrificanti, con lo scopo di «mangiare il dio» per assimilarne sostanza e poteri”. (Prof.Giovanni Filoramo)

Lettera al Sindaco di Vallelunga,Dott.Pippo Montesano.

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Caro Sindaco,

dopo aver sentito,in tv e per caso,la triste notizia dello scioglimento del c.c. di Vallelunga, un impeto di rabbia mi ha colto. L’amministrazione di Vallelunga mandata a casa per mafia? Incredibile! Come cittadino,che ha avuto i natali a Vallelunga,e di ciò sono fiero e orgoglioso,ho colto subito la gravità della notizia e le drammatiche conseguenze e per l’immagine del nostro paese e per la vita concreta dei cittadini onesti,la quasi totalità,che vivono a Vallelunga. Pertanto,ho voluto esternare il mio senso di rabbia e di amarezza,scrivendo qualcosa sul mio blog. Mi sono convinto che ti hanno voluto tirare un colpo mancino,a te come persona e al tuo ruolo di Sindaco di Vallelunga.Non vorrei che chi ha perso il potere abbia posto in essere tutto uno stratagemma e per coprire le sue eventuali nefandezze e,soprattutto,per fare danno ai vallelunghesi. Vedremo se i fatti mi daranno ragione. I LUPI ROSSI(con qualche pennellata d’azzurro) PERDONO IL PELO MA NON IL VIZIO!!! Ti scrivo per esprimerti la mia solidarietà come persona perbene ,quale sei, e come primo cittadino che hai onorato, alla grande, la fascia tricolore che hai portato grazie al mandato che hai avuto dal popolo libero e sovrano che ti ha,

DEMOCRATICAMENTE E LIBERAMENTE,

votato. Vai fiero di quello che hai fatto,insieme alla tua giunta, per Vallelunga,per i tantissimi cittadini onesti,per un paese che,a me pare,abbia una grande voglia di riscatto sociale,culturale ed economica.

LA MAFIA NON CI APPARTIENE:NON E’ “COSA NOSTRA”!!!!

Essa non fa parte del DNA vero dei vallelunghesi, che hanno sempre lavorato la terra. Siamo figli di contadini e ne siamo orgogliosi! La cosa davvero paradossale,caro Sindaco,è che comuni siciliani dove la mafia è nata,è cresciuta ed ha infettato l’intera isola,non sono mai stai sciolti per infiltrazioni mafiose. Spero,caro Sindaco, che dalla lettura delle motivazioni dello scioglimento,si possano evincere i veri responsabili di questo schiaffo morale e materiale ai cittadini di Vallelunga.Questi nomi e cognomi,dovete avere il coraggio di appendere in tutti gli angoli del paese cosi che i cittadini di Vallelunga conoscano la verità dei fatti e attribuiscano le responsabilità di questo grave fatto a chi lo merita. Ti rinnovo i miei sentimenti di stima, di affetto e di gratitudine,unitamente a tutti quelli che hanno lavorato insieme a te,in questi mesi,per il VERO BENE di Vallelunga,nella speranza che qualche INUTILE IDIOTA,possa avere un minimo di decenza nel tenere,quanto meno, la bocca chiusa.

Cordiali saluti.

Michele Vilardo

Quando l’arte è amica dei disabili….

PALERMO

QUANDO L’ARTE E’ AMICA DEI DISABILI

RAFFAELE LEONE, IL CORAGGIO DI UN ARTISTA

Le ultime mostre a Capaci e a Isola delle Femmine

di Ferdinando Russo

Ha detto sì alla vita, al lavoro, all’arte, Raffaele Leone, l’artista tetraplegico, dall’età di quindici anni. Un incidente stradale lo ha immobilizzato per tutta la vita su una sedia, due ruote, una mano che doveva spingerlo, per sempre. Non riusciva a darsi pace, a quindici anni, all’età delle corse e della fantasia creatrice, l’età degli studi, dei sogni e delle avventure. 

Ed era come se tutto gli fosse negato, il movimento, il diverso paesaggio delle diverse giornate,la libertà di relazionarsi con gli altri, i compagni,gli amici, le ragazze, i parenti lontani. 

Nell’ospedale c’era il medico di turno, sembrava che conoscesse tutto e non potesse fare  niente c’era l’infermiere che passava sempre frettoloso, c’era  il vicino ,in un lettuccio bianco ,che tentava consolarlo.  Ma un “angelo terreno” avrebbe incontrato Leone, un giorno, là proprio in ospedale ,mentre meditava , tra disperazione e sconforto.

Aveva il nome di Eleonora Dragotta, la signora che l’avvicinava per incoraggiarlo,per dirgli che si sarebbe ripreso,che la vita lo avrebbe ancora interessato ,bastava volerlo. Da allora Eleonora divenne, a poco a poco, la sua “mamma adottiva”. Poi i colori dell’arcobaleno per scomporli e ricomporli come compete all’uomo, in ogni tempo, perchè altri li scoprano, dopo le tempeste della vita e ne diano merito al Creatore.  Un’eccellente fotografa, la sig.ra Maria Pia Lo Verso ha scritto, recentemente , “Se tornassero gli angeli in città”(1). 

Raffaele li ha conosciuti gli angeli, hanno le sembianze degli uomini e delle donne buone e generose della Sicilia, come li hanno rappresentati, nelle foto della Lo Verso,gli artisti più rinomati. 

Lo sanno gli immigrati senza documenti, ospitati tra amore e paura. Lo costatano i poveri di Biagio Conte, lo verificano gli anziani accolti nelle opere di Giacomo Cusmano, lo sanno i bambini della Georgia, che ogni anno tornano nella città di Palermo tra  famiglie affettuose e non necessariamente ricche, per un soggiorno curato dal Movimento Cristiano dei Lavoratori. 

Com’Eleonora, che aiutava Raffaele a scoprire la sua vocazione d’artista, ad avere fiducia nella vita, a crearsi un lavoro, il piu’ bello, quello del pittore. 

E Raffaele s’innamora subito dei colori, delle terre gialle e rosse, delle polveri che Eleonora dovrà impastare nell’olio, per essere pronte a transitare sulle tele e diventare oggetti ,soggetti di ammirazione ,  e ciò nei tempi strappati ai prevalenti doveri della famiglia .

Eleonora lo aiuta a scoprire il suo innato talento d’artista pittorico delle piccole e poi delle grandi tele. Su queste si configurano gli alberi, come il rifugio degli uccelli, come il posto di lavoro e di studio di un altro artista del novecento, Benedetto Messina. Leone è cresciuto così ogni giorno nella sua vocazione di pittore.

Ha recuperato la rinascente naturale voglia di vedere e di comunicare, come ogni uomo da quello delle caverne, che ha abitato le grotte del territorio di Carini e Capaci, il comune che ospita ora una sua mostra, a quello che si rifugiava nelle grotte dell’Addaura, ove da ragazzo era stato accompagnato . L’Associazione “Elios” gli ha organizzato una mostra nel Palazzo dei conti Pilo di Capaci e l’iniziativa è stata patrocinata dal Comune di Capaci, che ha voluto premiare il maestro d’arte  Leone , unendo la sua esposizione a quella di un’altra famosa artista ,Patricia Falcone. 

La sua libertà nei ricordi degli alberi della Palermo, dai viali verdi, dalle ville con le magnolie giganti, i platani che si rincorrono in via Libertà. 

Gli riapparivano le immagini delle cose viste, dei fiori che tornavano ad ogni primavera dei prospetti dei palazzi lungo le strade del centro storico di Palermo che guardava sgomento ragazzino, correndo in bicicletta e che ora i giovani ricercatori catalogano perchè nessuno di loro sia mai più distrutto dall’uomo del terzo millennio.Incontrandolo, tra le sue amate tavolozze, a Capaci, racconto a Leone che nell’amata città di Palermo, due giovani architetti ricercatori hanno catalogato le cento migliori opere dell’architettura della città capoluogo (2).

Hanno mostrato cento opere, degne d’ammirazione, del nostro Novecento architettonico e una scrittrice, proprio d’Isola delle Femmine, ha scoperto tra i vicoli dell’abbandono, Cento chiese in ombra, degna d’attenzione per le opere che nascondono, per la storia che racchiudono, frutto della fede popolare e ricche di tesori, riserva privilegiata dei ladri senza anima.(3) 

Potrebbero diventare altri soggetti reali e non fantastici per Leone, cosi attento e ricercato nel dare luce alle opere dell’ingegno costruttivo come la “Stazione centrale”, che fa bella mostra nell’esposizione di Palazzo Pilo e da dove sono partiti in cerca di lavoro tanti isolani, senza poter dimenticare il sole ed il mare,il cielo di un azzurro, che gioca con batuffoli di neve ,quello di Cefalù o di Capaci. 

Nelle tele non mancano le spiagge, con le vicine barche confortevoli, in cerca di polipi smarriti,  quando la luna si nasconde ,e giu’, tra gli scogli visibili  per l’acqua ancora cristallina gli ultimi pesci mediterranei. 

A Capaci sono nell’attesa dell’Acquario, promesso ai pescatori, ai pochi marinai ed ai ragazzi dal sindaco Benedetto Salvino e dai parlamentari, per ricordare che il territorio comunale e la città, un giorno erano fondo marino. 
 
Il sindaco ci ripensa, mentre si sofferma, con il Presidente del consiglio Provinciale Marcello Tricoli, con gli assessore Margarini e Ravveduto ad ammirare i quadri di Leone, i fiori della terra e quelli delle donne alla prima maternità e nell’arte trova ispirazione, con gli assessori comunali,che visitano con interesse la mostra e vi trovano stimoli per altre iniziative sociali e culturali. 

Raffaele Leone non è  nuovo ad esporre i suoi quadri in significative mostre .Dopo Capaci lo hanno richiesto ad Isola delle Femmine.

Ha raccolto successi e favorevoli critiche a Palazzo d’Orleans, con il patrocinio dell’allora Presidente della Regione Totò Cuffaro, a Villa Niscemi, alla Fiera del Mediterraneo, nella città dell’arte, a Monreale, nel restaurato Palazzo monumentale “Guglielmo II”e le sue tele, anche di gran dimensione, coprono intere pareti, con gli alberi che ama, con i paesaggi, che ritrae splendidamente, con i bambini, che gli ricordano un’altra infanzia,  

In futuro forse non mancherà una sua mostra sui prospetti artistici delle case della Sicilia, per conservarli almeno nelle tavolozze dei pittori e forse dalla rovina, ora che i comuni e la Regione incoraggiano i proprietari degli immobili a dare la giusta evidenza ai palazzi ed alle abitazioni anche modeste. 

Leone insegue l’architettura del Creatore, prima di quella d’ingegneri, architetti, maestri marmisti, scultori della pietra, intagliatori, depositata in quest’Isola da amare, come solo gli artisti sanno fare. Come Leone.   

 I prospetti allineati lungo le strade del centro, le cento e cento chiese delle preghiera e dell’incontro con Dio e dentro i quadri degli artisti ispirati dalla fede,le immagini della Madonna e dei santi. 

Leone impara ad emularli, si fa condurre a vistare le chiese della grande Palermo,. 

Ed è come pregare, trovare risorse immense da distribuire alla sua fantasia , poi, nelle giornate con i colori e i libri ,già i libri delle arti italiane e straniere.   

Ora Raffaele Leone è un artista nella pienezza del termine, lavora in Via Tasso, a Palermo, ove abita ed ha il suo laboratorio.I ragazzi, i curiosi gli appassionati, amanti delle arti, lo chiamano il “maestro.” E Raffaele, si compiace, lo gradisce quel titolo, quell’identità in fieri, come i grandi del pennello delle arti . 

Non ha ancora iniziato ad insegnare, come ha fatto Benedetto Messina, il pittore, scultore, ceramista e mosaicista di Monreale, che ci ha lasciato all’età di novantanni e che, ancora giovanissimo, ha trasformato la sua casa in scuola d’arte, come Aida Vivaldi, che insegna ai ragazzi delle scuole di Palermo, che non hanno più la voglia di studiare le lingue morte, le astrusità matematiche, le regole grammaticali di uno scrivere e parlare diverso da quello dei quartieri di provenienza ed invece s’innamorano subito della musica, dell’arte del disegno e della pittura, della scultura di legno e pietra. 

Ma “i papaveri rossi in un campo verde, ”(altra opera esposta da Raffaele Leone a Capaci) attraggono i giovani, sono come le speranze che hanno nutrito i popoli per la giustizia ,sono come le bandiere che hanno alzato al vento ed inseguito interi popoli in cerca di futuro,sono come le sirene dei molti giovani, che ne diventano prigionieri e Leone li mette già in allarme. 

Un giorno, anche lui sarà maestro come Messina e Vivaldi, per questi giovani con l’entusiasmo e la generosità d’Eleonora e chissà che a Capaci, tra le tavolozze che guardano i turisti, i pittori come Leone non si riuniscano per istituire una scuola di pittura per i ragazzi senza un mestiere, senza una speranza ,ma con tanti talenti naturali, che le arti aiutano a scoprire .

Questo ha voglia di comunicare Leone, mentre non nasconde la sua gratitudine immensa che rivolge ad Eleonora e, sua tramite, a Dio che non abbandona le creature della terra, anche quando il dolore si abbatte su di loro.

Ed Eleonora è anch’essa la protagonista umile delle mostre di Raffaele.

Ha il volto della Sicilia generosa e ci accompagna ora nelle sale di Palazzo Pilo, nelle sale che si offrono a tutti gli artisti, che hanno diritto a sperare nella bontà del prossimo e delle istituzioni. 
 

  Ferdinando Russo

  onnandorusso@libero.it 

1)M. P.Lo Verso, Il Giardino degli Angeli, a cura di Francesco Marcello Scorsone, Documentario della Mostra con Vinny Scorsone in www.Youtube.it  

2)M.Iannello e G.Scolaro, Palermo Guida all’architettura       del ‘900,introduzione di Vittorio Gregotti, Edizioni Salvare Palermo 

3)G.Sommariva, Palermo cento Chiese in ombra, Conoscere i tesori nascosti del centro storico Fotografie d’Andrea Ardizzone,Dario Flaccovio Editore,Palermo 2007

Ai tanti Valleunghesi sparsi per il mondo….

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Cari concittadini,

in questi giorni  la nostra amata Valleunga,che ci ha dato i natali,vive ore non belle.Infatti,lo scioglimento del consiglio comunale per “infiltrazioni mafiose”(da capire ancora le cause e i soggetti interessati),ha assegnato, al nostro amato paese, un primato che non ci fa onore.

Ho visto che in tanti,dall’Italia e dall’estero,vi siete collegati con il mio blog,forse per la prima volta. A tutti voi,valleunghesi sparsi nel mondo,vorrei rivolgere un caloroso saluto e un affettuoso pensiero. Il paese dove siamo nati, e ne siamo orgogliosi,ci chiama sempre,perchè ciascuno è attratto,come una sorta di calamita naturale,verso il luogo dove è nato,dove ha trascorso alcuni anni della sua vita e dove ha lasciato ricordi,affetti,amici,parenti.

I RICORDI NON PASSANO MAI! 

Per questo motivo,ho creato due anni fa,questo blog,TERRA MIA, per provare a ricordare e a mettere in rete le tante cose belle che ci sono a VALLELUNGA,assieme a qualche capitolo meno bello.La civiltà contadina,da cui tanti di noi provengono,ha caratterizzato la storia di Vallelunga.Non a caso,nello stemma del comune figurano,delle spigne di grano e dei grappoli d’uva.Siamo orgogliosi di essere figli di contadini,gente onesta che ha lavorato duramente la terra.

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(Vincenzo Ferlisi e la moglie Antonina Piazza)

Poi il triste fenomeno migratorio per l’assenza di lavoro e la costruzione dell’autostrada Palermo-Catania che ha “tagliato fuori” Vallelunga dai circuiti commerciali in cui prima era inserita, grazie alla statale 121,che portava tanti forestieri a fermarrsi a Vallelunga per comprare l’ottimo olio,il pane,il vino,la carne,i formaggi,il pomodoro,le mandorle…..

Come non ricordare il culto alla MADONNA DI LORETO

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(la Beddra Matri di Luritu),

patrona della cittadina e di tutti i vallelunghesi sparsi nel mondo.

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(A Figureddra:cappella votiva dedicata alla Madonna di Loreto,di recente restaurata)

Il culto e la grande devozione al “Signore di Bilici”(u Signuri di Bilici)

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Le cinque chiese presenti in paese,la Madrice,le Anime Sante e i tre oratori sede,ancora oggi,delle tre confraternite esistenti:quella del SS.Sacramento,quella della Madonna del Rosario e quella del SS.Crocifisso.

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Inoltre lo splendore della settimana santa “vallelunghese” con la creazione delle tavolate con gli agnelli di zucchero,i pani da cena,la lattuga,il finocchio,il cedro.

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Le tante tradizioni culinarie locali,la passata di pomodoro( a sarsa),il pomodero essicato (siccagnu),l’estratto di pomodoro(l’astrattu),il torrone di mandorle(a cubaita),i buccellati natalizi (u vurciddratu) ripieni di conserva di mandorle,Vallerega4 i fichi secchi,le olive schiacciate,la favolosa salsiccia locale!

I tanti cittadini di Vallelunga,che hanno raggiunto i 100 anni di vita….l’elisir di lunga vita: dove risiede?

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Il palazzo delle scuole,che ha formato intere generazioni di ragazzi;

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I tanti vallelunghesi come Mons.Nicolò Audino,vescovo di Mazara del Vallo per 30 anni,l’arciprete don Antonino Criscuoli,lo studioso don Giovanni Castrogiovanni, Prof.Francesco Insinna,il sindaco Tommaso Biondo,il Prof.Luciano Spoto,il Prof.Liborio Zuzzè,il sig.Giuseppe Cipolla,le maestre Santina Spera e Fifì Oliveri,i maestri Fortunato Geraci e Michele Falzone,Padre Calcedonio Ognibene,Padre Giuseppe Giorgio(vallelunghese d’adozione),il segretario comunale Filippo Gaeta,tutti passati a miglior vita!

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(Padre Caldedonio Ognibene e il Prof.Fortunato Geraci.)

L’artigianato locale:la selleria Amenta,i bravissimi orafi locali di scuola “valenzana”,come il compianto Totò Ognibene,e tanti altri bravi artigiani lavoratori della creta,del ferro e del legno.

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(La selleria diCarmelo Amenta-Creazioni in terracotta degli artigiani Coticchio-l’orafo Totò Ognibene)

Il museo etno-antropologico,creato dall’ingegnere Totò Lo Re.

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Infine la triste piaga della mafia locale di cui ho già scritto in questo blog.

Pertanto,cari amici e concittadini vallelunghesi,vi rinnovo i miei sentimenti di stima e d’affetto,nella certezza che tutti noi siamo fieri ed orgogliosi di aver avuto i natali a Vallelunga Pratameno!

PS.un saluto particolare all’amico e compagno di scuola Ing.Ferdinando D’Anna e a RICH Lo Manto  i cui nonni sono originari di Vallelunga e che vive in California,che mi hanno scritto a mezzo mail:grazie!